COSA C’È DIETRO I NUOVI RAID VOLUTI DA BIDEN? DOPO AVER COLPITO GLI OBIETTIVI MILITARI IN IRAQ E SIRIA, GLI AMERICANI SONO TORNATI A BOMBARDARE SANA’A, LA CAPITALE DELLO YEMEN DOVE COMANDANO GLI HOUTI - LO SCOPO IMMEDIATO È CONVINCERE L’IRAN E I SUOI ALLEATI A SMETTERE GLI ATTACCHI CONTRO I SOLDATI AMERICANI IN MEDIO ORIENTE. MA LE OPERAZIONI HANNO UN OBIETTIVO PIÙ AMBIZIOSO: ISOLARE TEHERAN, CREARE LO STATO PALESTINESE E ARRIVARE A UN ACCORDO CON L’ARABIA SAUDITA PER UN…
1. NUOVI RAID USA IN YEMEN COLPITI GLI HOUTI A SANA’A L’IRA DI MOSCA E TEHERAN
Estratto dell'articolo di Daniele Raineri per “la Repubblica”
LA BASE AMERICANA TOWER 22 AL TANF, AL CONFINE TRA GIORDANIA E SIRIA, COLPITA DA UN ATTENTATO
Raid aerei americani colpiscono Sana’a, la capitale dello Yemen dove comandano gli Houti, nella seconda notte della campagna di bombardamenti ordinata dall’Amministrazione Biden in risposta all’uccisione di tre soldati americani sei giorni fa in Giordania.
Attacchi aerei contro lo Yemen erano già in corso a partire dalla metà di gennaio, ma questi fanno parte di un’operazione di pochi giorni che punta a scoraggiare i gruppi armati legati all’Iran e sparpagliati in tutto il Medio Oriente. A partire dal 7 ottobre sono diventati molto aggressivi con le basi americane e le hanno attaccate centosessacinque volte.
Venerdì notte gli aerei americani avevano preso di mira le milizie filo iraniane e avevano colpito ottantacinque bersagli in sette luoghi diversi, tutti a cavallo del confine fra Siria e Iraq. È la stessa zona poco controllata e poco accessibile che le milizie da anni hanno trasformato nel loro dominio.
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Del resto il Pentagono aveva spiegato fin dall’inizio che i raid di rappresaglia sarebbero proseguiti per alcuni giorni e i media americani lo avevano predetto già venerdì grazie a un’imbeccata ricevuta dall’Amministrazione Biden. Washington nelle stesse ore aveva avvertito di quello che stava per accadere anche il governo iracheno, perché sapeva che l’avvertimento sarebbe stato passato alle milizie e anche all’Iran.
Per adesso, a parte dichiarazioni molto dure e la reazione di Mosca che non vedeva l’ora di strumentalizzare la notizia, i raid americani non hanno scatenato una crisi incontrollabile e reazioni fuori dal comune. Il motivo è che tutte le parti in causa – soprattutto l’Iran – sapevano che cosa sarebbe successo e sanno anche che cosa aspettarsi nei prossimi giorni. […]
I due governi dei territori bombardati, l’Iraq e la Siria, hanno protestato con durezza. […]
2. BOMBARDARE LE BASI PER DISSUADERE GLI ALLEATI DELL’IRAN LA STRATEGIA DI BIDEN
Estratto dell’articolo di Paolo Mastrolilli per “la Repubblica”
Bianca e Pentagono sono stati molto espliciti: gli 85 obiettivi colpiti venerdì sera in Iraq e Siria sono solo l’inizio di una campagna che infatti è già proseguita ieri con nuovi raid nello Yemen contro gli Houti. Lo scopo immediato è convincere l’Iran e i suoi alleati a smettere gli attacchi contro i soldati americani in Medio Oriente, ma le operazioni decise da Biden hanno l’obiettivo più ambizioso di lungo termine di favorire la realizzazione della sua dottrina, che come ha scritto Thomas Friedman sul New York Times si basa su tre pilastri: isolamento di Teheran; creazione dello Stato palestinese; accordo con l’Arabia Saudita per un nuovo sistema di sicurezza regionale, che passi per la normalizzazione dei rapporti con lo Stato ebraico e la sua accettazione da parte di tutti i paesi arabi sunniti.
Visti in questo quadro, i raid di venerdì non sono semplicemente la risposta all’attacco che la settimana scorsa aveva ucciso tre soldati americani in Giordania, diventata comunque irrinunciabile per gli Usa. Rappresentano invece un elemento di una strategia complessiva, finalizzata a evitare l’allargamento del conflitto e sfruttarlo per ricostruire gli equilibri, creando le condizioni per una stabilità mai vista prima in Medio Oriente. Molto difficile, certo. Ma se il progetto riuscisse potrebbe rappresentare una svolta epocale, capace anche di superare le critiche interne a Biden e favorirne la rielezione.
Pochi minuti dopo che gli aerei impegnati nei bombardamenti di venerdì erano tornati al sicuro, inclusi i supersonici B-1 decollati dal Texas, la Casa Bianca ha organizzato un briefing con il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale John Kirby e il direttore delle operazioni presso gli Stati Maggiori Riuniti, generale Douglas Sims. Una conversazione on the record, ossia ufficiale e riportabile, e anche questo era un segnale nel protocollo americano, perché Washington voleva essere molto chiara e diretta nello spiegare al mondo la logica delle sue decisioni.
Il primo punto chiarito in maniera inequivocabile è che «è solo l’inizio. Ci saranno altre operazioni ». I due non hanno spiegato dove e quando, perché non si telegrafano i piani, ma i raid avverranno.
Infatti ieri il Pentagono ha colpito di nuovo lo Yemen, per convincere gli Houti appoggiati dall’Iran a smettere le aggressioni contro i cargo civili nelle acque del Mar Rosso.
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Il secondo punto è che sono stati presi di mira solo obiettivi militari, usati negli attacchi contro le truppe americane nella regione. E questo per due motivi: ridurre le capacità operative dei nemici per nuovi assalti, e lanciare un messaggio all’Iran. Senza correre il rischio di provocare un conflitto diretto con Teheran, colpendo il suo territorio, ma dimostrando che Washington potrebbe farlo quando vuole, come conferma l’impiego dei B-1. […]
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