ECCO COSA C’E’ DIETRO IL NO DELLA MELONI A LICIA RONZULLI MINISTRO – CECCARELLI SCODELLA UN SAPIDO RITRATTONE DELL’INFERMIERA DEL BANANA CANDIDATA A GUIDARE IL MINISTERO DELLA SANITA’ (MA LEI SMENTISCE): DALLA FOTO IN CUI ALLATTAVA A STRASBURGO ALLA TESTIMONIANZA A PROPOSITO DI IDOLETTI DELLA FERTILITÀ ACCOLTI A GIROTAVOLA DURANTE LE CENE A VILLA SAN MARTINO - “NEI GIORNI CONCITATI DEL QUIRINALE TRA RONZULLI E MELONI QUALCOSA DI STORTO DEVE ESSERSI VERIFICATO. E UN NO PRIMA ANCORA DI COMINCIARE È GIÀ UN NO CHE VALE PER IL FUTURO”
Estratto dell’intervista di Fabrizio De Feo a Licia Ronzulli pubblicata da Il Giornale
(…) Alcuni giornali ipotizzano un veto su una sua candidatura al ministero della Salute. Le risulta?
Siamo oltre la fantasia. Capisco il disagio di molti suoi colleghi, che saranno costretti a scrivere pagine di totoministri da qua a fine mese ma non esiste una mia candidatura al ministero della Salute né, di conseguenza, alcun veto. Se ne occuperà il presidente Berlusconi che di certo saprà valorizzare tutte le competenze in campo
IL BRACCIO DI FERRO SU RONZULLI
Filippo Ceccarelli per “la Repubblica”
Ogni futuro presidente del Consiglio ha il diritto di sognare il suo Governo Perfetto sapendo benissimo che dovrà fare concessioni e giungere a compromessi. Fu così che Prodi di malavoglia dovette prendersi Mastella alla Giustizia, così come Draghi, per carità di patria, accettò di tenersi Di Maio agli Esteri. Ma a riprova che certe istintive idiosincrasie sono più che giustificate, ecco che proprio Mastella affondò il secondo governo dell'Ulivo, così come Di Maio, con la sua improvvida scissione, ha dato il via alla crisi dell'esecutivo di salvezza nazionale.
Se non altro in nome di questi infausti precedenti Giorgia Meloni ha una ragione in più per dire no e poi no a Licia Ronzulli. O meglio, in mancanza di contatti diretti, tutto lascia credere che in queste ore stia cercando disperatamente di convincere il Cavaliere a risparmiarle tale richiesta, che invece da Arcore si fa ogni giorno più pressante e ultimativa.
Nella prosaica quotidianità del totoministri sembra un caso come tanti altri, e in qualche modo c'entra anche il fatto che Ronzulli rappresenta l'ala più filo-Salvini della Lega, il che dopo la caduta di Draghi la portò a reagire a brutto muso nei riguardi della rivale governista lombarda Gelmini: «Vai a piagnucolare da un'altra parte e prenditi uno Xanax»; là dove l'improperio psico-farmacologico rivela un indubbio caratterino.
Ma dietro il braccio di ferro sulla poltrona s' intravede qualcosa che fa pensare a un'inedita inconciliabilità fra la concezione del potere del tardo berlusconismo cortigiano e quella dell'imminente premier della destra-destra, che proviene da un'antica militanza di sezione e di strada; seppur favorita e promossa in giovanissima età da Gianfranco Fini, Meloni ha piena e consapevole coscienza di essersi fatta strada da sola; e adesso pretende che il suo governo rispecchi almeno un certo criterio di selezione.
Ciò detto, nell'universo pedagogico del Cavaliere Ronzulli è esattamente quella che deve essere, vale a dire una donna il cui destino lui stesso ha forgiato secondo le sue generose prerogative e infallibili necessità: abbastanza giovane, graziosa, bel sorriso, svelta, simpatica, visually satisfying e adorante. In questo senso, come per altre carriere, la scuola quadri della Real Casa coincide con il mondo delle fiabe per cui Licia, provetta fisioterapista, è giunta al cospetto del sovrano in occasione di uno dei diversi "tagliandi", ossia interventi di chirurgia estetica, e di molto aiuto gli è stata dopo il duro colpo della statuina del Duomo scagliatagli fra guancia e denti nel 2009.
Dopo di che, perseguendo un suo particolare progetto di rinnovamento estetizzante della classe politica al femminile, Silvione l'ha fatta eleggere a Strasburgo: vedi la celebre e astuta foto di lei che votava allattando in aula uscita dopo una singolare testimonianza a proposito di idoletti della fertilità accolti a girotavola durante le cene a villa San Martino. In seguito l'ha richiamata nel ruolo di ciambellana di corte addetta alla sua regale persona, nonché depositaria della magica agenda.
Si trattava in realtà del medesimo ruolo di general manager del berlusconismo svolto per qualche anno dall'onorevole Mariarosaria Rossi in abbinata con la favorita del momento, Francesca Pascale. Anche in quel caso i giornalisti, con quel filo di mala creanza che pure insaporisce e in fondo riscatta la sbobba del day by day, utilizzavano di norma il titolo di "badante", trasmesso a Ronzulli che tuttora lo esercita affettuosamente e in armonia con l'onorevole Marta Fascina, per la quale ad esempio si è spesa organizzando le quasi o finte nozze.
Per tornare alla politica, che pure con tali faccende di riffa o di raffa finisce ormai per identificarsi, nei giorni concitati del Quirinale tra Ronzulli e Meloni qualcosa di storto deve essersi verificato, anche se al dunque un impiccio secondario. È sulla scelta e sul potere dei ministri che si mettono alla prova l'alleanza e la convivenza - e un no prima ancora di cominciare è già un no che vale per il futuro.
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