jens weidmann christine lagarde

C'È SEMPRE UN FALCO PIÙ FALCO CHE TI BECCA - PURE IL CAPO DELLA BUNDESBANK "JENA" WEIDMANN, CHE DURANTE IL MANDATO DRAGHI ERA CONSIDERATO IL CUSTODE DELL'ORTODOSSIA TEDESCA, È STATO SCHIAFFEGGIATO DALLA CORTE COSTITUZIONALE, E ORA CI TIENE A FAR SAPERE CHE GLI ACQUISTI DELLA BCE ERANO NECESSARI. QUESTO NON TOGLIE CHE LUI, LA MERKEL E IL PARLAMENTO NON SANNO COME RISPONDERE ALL'ULTIMATUM DEI TRE MESI

Tonia Mastrobuoni per “la Repubblica

 

Jens Weidmann è schierato da mesi accanto a Christine Lagarde. E non solo per la charm offensive avviata dalla presidente della Bce nei confronti della Bundesbank sin dall' insediamento, un po' per uscire dall' ombra di Mario Draghi, un po' per l' esigenza di reintegrare l' azionista di maggioranza - la Germania - in un consesso in cui si era sempre più isolata.

christine lagarde jens weidmann

 

Ma, a partire da marzo, è stata la grande pandemia ad annullare le consuete obiezioni dei "falchi" verso le mosse straordinarie della Bce: anche la Bundesbank è perfettamente consapevole delle apocalittiche dimensioni della crisi. Quando Lagarde ha varato un nuovo piano di emergenza da 750 miliardi di euro, togliendo via via tutti i paletti per essere sicura di poter comprare anche titoli italiani a sufficienza, i distinguo sono stati irrisori.

 

L' ortodossia ordoliberale tedesca, però, ha deciso di vendicarsi altrove. La decisione dei giudici di Karlsruhe di considerare il "quantitative easing" «sproporzionato», dunque un' azione di politica economica e non più solo monetaria, e di giudicare una sentenza della Corte europea carta straccia, getta non solo Lagarde, ma anche la Bundesbank, il governo Merkel e il Parlamento, in un dilemma enorme.

 

MARIO DRAGHI JENS WEIDMANN

Schiere di giuristi a Francoforte e Berlino si stanno già rompendo la testa su da farsi: l' esecutivo e il Bundestag sono stati esortati esplicitamente a pronunciarsi.

Anche se il punto di partenza, rispetto a un verdetto potenzialmente dirompente, è buono. Lagarde, Weidmann e Merkel sembrano remare tutti nella stessa direzione. Ma tre mesi sono tanti, e nella Cdu, nel partito di Angela Merkel, qualcuno a microfoni spenti ragiona già sul fatto che il governo dovrebbe chiedere di introdurre dei paletti all' agire della Bce, quando il governo formulerà una proposta da far votare al Parlamento.

 

jens weidmann 5

Ieri dalla Bundesbank trapelavano rassicurazioni sul fatto che non ha alcuna intenzione di farsi cacciare dal programma di acquisti di titoli di Stato, il cosiddetto Qe, avviato nel 2015 e messo nel mirino dall' Alta corte. Gli uomini di Jens Weidmann sono pronti a collaborare con la Bce, chiamata a motivare il suo Qe entro tre mesi. E in una dichiarazione resa al settimanale Zeit, Weidmann ha già chiarito che le misure straordinarie della Banca centrale europea «sono state necessarie per sostenere l' economia dell' eurozona, anche se le opinioni sono state differenti sui dettagli di quelle misure».

 

jens weidmann 2

Lagarde e Weidmann hanno dunque intenzione di lavorare fianco a fianco per fornire i necessari chiarimenti e giustificare il piano. Il nodo, non semplice da sbrogliare, è che devono convincere i togati tedeschi che la Bce non fa politica economica. Un rischio dal quale Weidmann stesso, però, aveva messo in guardia, in passato. E alle orecchie del presidente della Bundesbank non devono suonare neanche troppo infondate alcune accuse dei togati, come quella che la Bce espropria i risparmiatori. Per Weidmann sarà un frangente di dilemmi amletici, ma il presidente della Bundesbank non ha mai perso di vista la gravità della crisi ed è probabile che non lo farà neanche ora.

ceccherini weidmann

 

Dalla Bce, invece, fanno capire che non dovrebbe essere troppo complicato fornire spiegazioni convincenti per il Qe. Ma i problemi sono altri. Primo, non è così facile trincerarsi dietro il fatto che c' è una sentenza della Corte di giustizia europea che fa giurisprudenza, se la Bundesbank e il Bundestag devono tenere conto dei rilievi dell' Alta corte tedesca. In secondo luogo, a Francoforte temono nuovi ricorsi tedeschi contro il maxi piano da 750 miliardi appena varato: soprattutto perché non ha quei paletti che hanno graziato il Qe dalla condanna più temuta: quella di travalicare il mandato della Bce e di ledere il divieto di monetizzare il debito.

 

Jens Weidmann e Angela Merkel

È stata sempre la Bce a far capire che è pronta a prendere anche ulteriori iniziative (aumentare il piano di acquisti) se la crisi le renderà necessarie. Senza farsi intimidire dai rilievi di Karlsruhe.

Ultimi Dagoreport

donald trump joe biden benjamin netanyahu

DAGOREPORT - SUL PIÙ TURBOLENTO CAMBIO D'EPOCA CHE SI POSSA IMMAGINARE, NEL MOMENTO IN CUI CRISI ECONOMICA, POTERI TRADIZIONALI E GUERRA VANNO A SCIOGLIERSI DENTRO L’AUTORITARISMO RAMPANTE DELLA TECNODESTRA DEI MUSK E DEI THIEL, LA SINISTRA È ANNICHILITA E IMPOTENTE - UN ESEMPIO: L’INETTITUDINE AL LIMITE DELLA COGLIONERIA DI JOE BIDEN. IL PIANO DI TREGUA PER PORRE FINE ALLA GUERRA TRA ISRAELE E PALESTINA È SUO MA CHI SI È IMPOSSESSATO DEL SUCCESSO È STATO TRUMP – ALL’IMPOTENZA DEL “CELOMOLLISMO” LIBERAL E BELLO, TUTTO CHIACCHIERE E DISTINTIVO, È ENTRATO IN BALLO IL “CELODURISMO” MUSK-TRUMPIANO: CARO NETANYAHU, O LA FINISCI DI ROMPERE I COJONI CON ‘STA GUERRA O DAL 20 GENNAIO NON RICEVERAI MEZZA PALLOTTOLA DALLA MIA AMMINISTRAZIONE. PUNTO! (LA MOSSA MUSCOLARE DEL TRUMPONE HA UN OBIETTIVO: IL PRINCIPE EREDITARIO SAUDITA, MOHAMMED BIN SALMAN)

giorgia meloni tosi matteo salvini luca zaia vincenzo de luca elly schlein

DAGOREPORT - MENTRE IL PD DI ELLY, PUR DI NON PERDERE LA CAMPANIA, STA CERCANDO DI TROVARE UN ACCORDO CON DE LUCA, LEGA E FRATELLI D’ITALIA SONO A RISCHIO DI CRISI SUL VENETO - ALLE EUROPEE FDI HA PRESO IL 37%, LA LEGA IL 13, QUINDI SPETTA ALLA MELONI DEI DUE MONDI - A FAR GIRARE VIEPPIÙ I CABASISI A UN AZZOPPATO SALVINI, IL VELENO DI UN EX LEGHISTA, OGGI EURODEPUTATO FI, FLAVIO TOSI: ‘’IL TERZO MANDATO NON ESISTE, ZAIA NON HA NESSUNA CHANCE. TOCCA A FDI, OPPURE CI SONO IO”

emmanuel macron ursula von der leyen xi jinping donald trump giorgia meloni

DAGOREPORT – PER TRUMP L'EUROPA NON E' PIU' UN ALLEATO MA SOLO UN CLIENTE PER IMPORRE I SUOI AFFARI - ALL’INAUGURATION DAY CI SARÀ SOLO GIORGIA (QUELLA CHE, TRUMP DIXIT, "HA PRESO D'ASSALTO L'EUROPA") MA NON URSULA VON DER LEYEN - CHE FARE DI FRONTE ALL'ABBANDONO MUSK-TRUMPIANO DI UNA CONDIVISIONE POLITICA ED ECONOMICA CON I PAESI DELL'OCCIDENTE? - CI SAREBBE IL PIANO DRAGHI, MA SERVONO TANTI MILIARDI E VOLONTÀ POLITICA (AL MOMENTO, NON ABBONDANO NÉ I PRIMI, NÉ LA SECONDA) - L’UNICA SOLUZIONE È SPALANCARE LE PORTE DEGLI AFFARI CON PECHINO. L'ASSE EU-CINA SAREBBE LETALE PER "AMERICA FIRST" TRUMPIANA

giorgia meloni daniela santanche galeazzo bignami matteo salvini antonio tajani

DAGOREPORT - ‘’RESTO FINCHÉ AVRÒ LA FIDUCIA DI GIORGIA. ORA DECIDE LEI”, SIBILA LA PITONESSA. ESSÌ, LA PATATA BOLLENTE DEL MINISTRO DEL TURISMO RINVIATO A GIUDIZIO È SUL PIATTO DELLA DUCETTA CHE VORREBBE PURE SPEDIRLA A FARE LA BAGNINA AL TWIGA, CONSCIA CHE SULLA TESTA DELLA “SANTA” PENDE ANCHE UN EVENTUALE PROCESSO PER TRUFFA AI DANNI DELL’INPS, CIOÈ DELLO STATO: UNO SCENARIO CHE SPUTTANEREBBE INEVITABILMENTE IL GOVERNO, COL RISCHIO DI SCATENARE UN ASSALTO DA PARTE DEI SUOI ALLEATI AFFAMATI DI UN ''RIMPASTINO'', INDIGERIBILE PER LA DUCETTA - DI PIU': C’È ANCORA DA RIEMPIRE LA CASELLA RESA VACANTE DI VICE MINISTRO DELLE INFRASTRUTTURE, OCCUPATA DA GALEAZZO BIGNAMI…

giancarlo giorgetti francesco miller gaetano caltagirone andrea orcel nagel

DAGOREPORT – CON L'OPERAZIONE GENERALI-NATIXIS, DONNET  SFRUTTA UN'OCCASIONE D'ORO PER AVVANTAGGIARE IL LEONE DI TRIESTE NEL RICCO MERCATO DEL RISPARMIO GESTITO. MA LA JOINT-VENTURE CON I FRANCESI IRRITA NON SOLO GIORGETTI-MILLERI-CALTAGIRONE AL PUNTO DI MINACCIARE IL GOLDEN POWER, MA ANCHE ORCEL E NAGEL - PER L'AD UNICREDIT LA MOSSA DI DONNET È BENZINA SUL FUOCO SULL’OPERAZIONE BPM, INVISA A PALAZZO CHIGI, E ANCHE QUESTA A RISCHIO GOLDEN POWER – MENTRE NAGEL TEME CHE CALTA E MILLERI SI INCATTIVISCANO ANCOR DI PIU' SU MEDIOBANCA…

papa francesco spera che tempo che fa fabio fazio

DAGOREPORT - VOCI VATICANE RACCONTANO CHE DAL SECONDO PIANO DI CASA SANTA MARTA, LE URLA DEL PAPA SI SENTIVANO FINO ALLA RECEPTION - L'IRA PER IL COMUNICATO STAMPA DI MONDADORI PER LA NUOVA AUTOBIOGRAFIA DEL PAPA, "SPERA", LANCIATA COME IL PRIMO MEMOIR DI UN PONTEFICE IN CARICA RACCONTATO ''IN PRIMA PERSONA''. PECCATO CHE NON SIA VERO... - LA MANINA CHE HA CUCINATO L'ENNESIMA BIOGRAFIA RISCALDATA ALLE SPALLE DI BERGOGLIO E' LA STESSA CHE SI E' OCCUPATA DI FAR CONCEDERE DAL PONTEFICE L'INTERVISTA (REGISTRATA) A FABIO FAZIO. QUANDO IL PAPA HA PRESO VISIONE DELLE DOMANDE CONCORDATE TRA FABIOLO E I “CERVELLI” DEL DICASTERO DELLA COMUNICAZIONE È PARTITA UN’ALTRA SUA SFURIATA NON APPENA HA LETTO LA DOMANDINA CHE DOVREBBE RIGUARDARE “SPERA”…