C’ERAVAMO TANTO ODIATI - PROVE TECNICHE DI DISGELO TRA GIANFRY E IL PATONZA - FINI CONCEDE L’ONORE DELLE ARMI A SILVIO (“SARÀ UN LEADER ANCHE IN FUTURO”) E ACCENNA AD UN MEA CULPA (“SU ALCUNE COSE AVEVO TORTO”) - IL TENTATIVO È QUELLO DI SGANCIARSI DA CASINI & C. E ACCOGLIERE I POSSIBILI TRANSFUGHI DAL PDL - PERCHÉ SE È VERO CHE IL BANANA È FINITO MALE, IL CAPO DI FLI NON STA MESSO MOLTO MEGLIO (3-4% NEI SONDAGGI)…

Francesco Verderami per il "Corriere della Sera"

Ora che Monti gestisce i loro cocci, Berlusconi e Fini avrebbero forse tempo per riflettere sul modo in cui hanno dissipato la più grande maggioranza della storia repubblicana. Le responsabilità del divorzio vanno condivise, non a caso il leader del Fli - ripercorrendo a Gr Parlamento i giorni della scissione - ha ammesso che «su alcune cose ho avuto ragione io, su altre torto».

Ferrara, che un anno e mezzo fa impegnò il Foglio nel tentativo di evitare il patatrac, si mostra oggi distaccato rispetto alla vicenda: «Per Berlusconi fu un errore goffo quello di rompere con il presidente della Camera, così com'è un errore tragico appoggiare ora Monti. Allora il Cavaliere non seppe resistere al suo ego smisurato. E lo stesso Fini, dov'è finito?».

L'unico modo per scontare le loro colpe politiche agli occhi degli elettori che li avevano votati nel Pdl, sarebbe quello di provare a costruire un nuovo polo moderato, sapendo però che non potrebbero rivendicarne il primato.
Ma il gioco della leadership non sembra destinato a terminare, e siccome «competition is competition», la mossa compiuta ieri dal leader di Fli ha una doppia chiave di lettura.

Raccontando la telefonata che Berlusconi gli ha fatto dopo essersi dimesso, il presidente della Camera ha riferito le parole del Cavaliere: «Mi ha detto che una fase si è chiusa e mi ha invitato a ragionare sul futuro». E dopo aver definito «responsabile» il videomessaggio dell'ormai ex premier, ha aggiunto che «Berlusconi continuerà ad essere un leader di primissimo piano, anche se sta cambiando il quadro politico».

Sono considerazioni che «colpiscono e sorprendono in modo positivo» chi - come Cicchitto - aveva fatto di tutto per evitare la rottura. Ma sono anche affermazioni che celano una sfida, l'idea cioè che il Terzo polo - all'ombra del governo Monti - tenti l'opa sul Pdl, ritenuto prossimo a nuove e clamorose defezioni. E a quel punto - come sostiene Fini - «chi l'ha detto che resti terzo?». È una scommessa sul futuro, quella dell'inquilino di Montecitorio, un tentativo di proporsi come interlocutore dei «transfughi» berlusconiani per evitare che sia il solo Casini a raccoglierli.

Perché non c'è dubbio che l'ex cofondatore del Pdl stia cercando di uscire dalle vele del capo dei centristi. Come in una regata di match-race, deve strambare per cercare vento: dopo la rottura con il Cavaliere, infatti, è entrato in un'area di bonaccia che lo relega tra il 3 e il 4% nei sondaggi, e in difficoltà di manovra rispetto all'Udc. Che Fini abbia questa necessità lo s'intuisce dal modo in cui Casini - a Mattino 5 - ha detto invece di «non vedere un grande futuro per Silvio». È comunque sul Pdl che entrambi fanno la gara, dato che - nonostante tutto - il partito del Cavaliere resta una forza del 25%.

La gara è ovviamente a tre, perché anche Berlusconi sta manovrando. È vero che ieri - commentando le dichiarazioni di Fini - l'ex premier si è mostrato freddo: «La mia è stata una telefonata imposta dalle procedure della crisi, che prevedono di informare il presidente della Camera» dopo le dimissioni da presidente del Consiglio. Per il resto è rimasto fermo sulle proprie posizioni, addebitando il divorzio di un anno e mezzo fa ai dirigenti di Fli: «Hanno fatto tutto loro».

Ma ci sarà un motivo se alla presentazione del libro di Lupi, pochi giorni orsono, Fini ha interrotto Alfano che parlava del «dibattito democratico» apertosi nel suo partito sulla crisi: «Fosse stato così anche in passato. Puntini». «Bastava avere un po' di pazienza», ha replicato il segretario del Pdl, che poco prima del dibattito aveva ammiccato al presidente della Camera, davanti a Casini: «Spostati Pier, non mi interessa parlare con te. Voglio parlare con Gianfranco», aveva sussurrato sorridendo.

Sono manovre tattiche prima dell'inizio vero e proprio della regata, che sarà lunga quanto la navigazione del governo Monti. E Fli sembra prepararsi a una gara aggressiva: «Berlusconi - dice Bocchino - ha capito che deve trattare con noi. Questa è la sua sola opzione. Noi invece ne abbiamo tre: accettare l'intesa con il Pdl, che però non potrà a quel punto esprimere il candidato premier; andare alle urne come Terzo polo, per essere determinanti al Senato dopo il voto. Oppure - ecco il colpo - sostenere che l'esperienza del governo che sta per nascere debba proseguire anche nella prossima legislatura, costruendo un'alleanza con il Pd che preveda Monti come candidato a palazzo Chigi». È pericoloso preannunciare il nome dello skipper. Sempre poi che sia d'accordo...

 

fini e berlusconiBerlusconi e Fini MARIO MONTI PIERFERDINANDO CASINI

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