CARNE DA SBARCO - VIAGGIO NEL CENTRO DI ACCOGLIENZA DI MINEO, IN SICILIA. EX ALLOGGI PER MILITARI AMERICANI OGGI PIENI DI 3241 IMMIGRATI IN ATTESA DI CAPIRE IL LORO FUTURO. COMPRESI I SUPERSTITI DELL'ULTIMO NAUFRAGIO

Attilio Bolzoni per “la Repubblica

 

IL CENTRO IMMIGRATI DI MINEO IN SICILIAIL CENTRO IMMIGRATI DI MINEO IN SICILIA

Un passo , solo un passo e siamo già in un mondo che è un altro mondo. Abbiamo appena attraversato il confine, intorno non c’è più nulla che possiamo riconoscere o spiegare, davanti a noi ci sono soltanto loro, solo gli schiavi rimasti vivi. L’ultimo è diventato stanotte l’abitante numero 3241 di una città in mezzo al niente, la nuova casa italiana di quelli con la pelle nera.

 

Sembrano fantasmi, vagano di qua o di là, s’infilano nei sentieri polverosi e scompaiono fra le zagare, ricompaiono all’improvviso sorridenti o incarogniti, urlano, si ammutoliscono, pregano, bestemmiano, inseguono cani e si fanno mordere dai cani, si stendono al sole, comprano e vendono felpe, treccine, zucchero, detersivi, schede telefoniche e anche fumo per stonarsi. Ci sono ragazze che piangono e ce ne sono altre che battono, la strada per Palagonia è un casino a cielo aperto.

 

IL CENTRO IMMIGRATI  DI MINEO IN SICILIAIL CENTRO IMMIGRATI DI MINEO IN SICILIA

Ma cos’è questo luogo oltre le nostre frontiere conosciute che si ostinano a chiamare «Residence degli Aranci » e che è sperduto nella campagna siciliana? Cos’è questo mega-villaggio un tempo costruito a misura e gusto dei marines di stanza a Sigonella e che nel 2011 Berlusconi e Maroni hanno voluto trasformare nel centro governativo di accoglienza per richiedenti asilo più grande d’Europa, villette a schiera che da lontano luccicano come un resort a cinque stelle e da vicino fanno venire i brividi? È inferno o paradiso il Cara di Mineo, è deserto o bazar questo domicilio coatto per naufraghi e negrieri, sventurati e miracolati, vittime e carnefici?

 

Un passo e il giorno dopo ci siamo entrati dentro, il giorno dopo la «tragedia» (che brutta parola, come se fosse avvenuto tutto per caso, per fatalità) degli 850 o dei 900 ingoiati dal mare fra la Libia e l’isola di Malta, un altro viaggio e un altro massacro di massa. I resti li scaricano qua. Resti umani.

 

IL  CENTRO IMMIGRATI DI MINEO IN SICILIAIL CENTRO IMMIGRATI DI MINEO IN SICILIA

Il cancello, la sbarra di ferro, il reticolato, i soldati che imbracciano i mitra, i mezzi blindati e poi la Constitution Avenue che dopo una curva ti porta sull’Intrepid Lane, la strada principale della città in mezzo al niente che ha mantenuto la segnaletica della sua disciplinata base militare statunitense. Scritte blu tutte in inglese e poi il disordine, l’ammasso, la confusione di voci e di odori, cibi, spezie, tanfi, ventinove etnie, duecento tribù, una lingua diversa a ogni metro, la babilonia di Mineo in una tranquilla giornata di primavera quando comincia o finisce la solita conta dei vivi e dei morti.

 

Ogni casa è un numero a quattro cifre che comincia con un 1, ogni numero è una famiglia siriana o somala, del Ghana, del Niger, dell’Eritrea, un piano per i fratelli e un altro piano per gli amici, profughi dello stesso paese o della stessa regione, ogni villetta — ce ne sono 404 — color ocra pallido o arancio è 160 metri quadri, tre bagni per dodici uomini o per dodici donne, tanti popoli mescolati in un solo popolo. Alle 4 del mattino del 21 aprile del 2015 sono quei tremiladuecentoquarantuno. Compresi ventinove bambini con meno di tre anni. Compresi gli ultimi diciotto superstiti trasportati da Catania.

IL CENTRO  IMMIGRATI DI MINEO IN SICILIAIL CENTRO IMMIGRATI DI MINEO IN SICILIA

 

Ibrahim, che giorno è oggi? «Come ieri e come sarà domani, per me è uguale sempre», risponde l’egiziano che si è accucciato sotto il cartellone della sala ricevimenti «La Rondine», la provinciale 417 segue per un pezzo il reticolato del Cara e poi si perde tra gli agrumeti.

 

È o forse sembra una giornata come tutte le altre. Solo a metà dell’Intrepid Lane c’è qualcuno che sorveglia qualcun altro. Alla casa numero 1041 ci sono i diciotto nuovi arrivi. E c’è anche lui, Sibibe, ragazzo che viene dal Mali e che non ha nemmeno vent’anni. Non ha più niente dopo la traversata Sibibe. Ha perso tutto, parenti e amici. Dice: «Non ho storie da raccontarvi, dopo quel viaggio nemmeno io ho più una storia». È Sibibe l’ultimo abitante censito al Cara di Mineo, l’ultimo schiavo sopravvissuto.

 

proteste contro il cara di mineoproteste contro il cara di mineo

È rintanato nella sua nuova casa italiana mentre da lì entrano ed escono psicologi e interpreti, medici, generosi volontari. Intorno nessuno sembra interessato a Sibibe e ai suoi amici, la vita degli altri scorre come ogni giorno da un mese o da un anno, tutti rinchiusi a tempo «indefinito» aspettando una carta per la libertà. Come per Adesua e per sua sorella Gift, nigeriane che sono ammucchiate con altre undici donne nella palazzina numero 1050. Come per Osaze e per Guidar, senegalesi che cinque sbarchi fa hanno conosciuto l’Italia dietro le reti e fra i soldati di Mineo.

 

È un caravanserraglio con tante regole e con nessuna regola, pulito e sudicio, spettrale e colorato, miserabile e insieme dignitoso, bivacco di resistenza umana dopo il mare che si è portato via già tanto. C’è tutto quello che serve ai suoi abitanti. Il barbiere è in una baracca di fronte alla casa 1051, il suk dei pachistani — il più fornito, con il the, lo yogurt, i biscotti, i pistacchi, lo shampoo — è un po’ più avanti, ci sono due bimbi che giocano su una giostra rossa e un altro che è sullo scivolo, c’è un meccanico di biciclette, c’è qualcuno che dà calci a un pallone.

 

intorno al cara di mineointorno al cara di mineo

C’è tutto e c’è niente nella terra di nessuno del Cara di Mineo, info point e brodaglie che bollono nei pentoloni, le antenne paraboliche, qualcuno le compra e qualcun altro le ruba. E poi la moschea, un grande tendone vicino alla Bain Bridge Court, che a mezzogiorno è vuota. Come è vuota anche la piccola chiesa davanti allo spaccio. Sono già tutti a mensa, oggi riso in bianco e petto di pollo, di sera pasta al pomodoro, patate fritte e frutta. Sono già tutti in mensa quelli che restano dentro, gli altri sono sparsi per la campagna. Soli o in fila indiana, controsole sembrano ombre che inseguono altre ombre verso il bivio di Scordia o in direzione di Militello Val di Catania, verso Caltagirone.

 

E dall’altra parte le nigeriane seminude, con le calze a rete e i capelli biondo platino sotto gli ombrellini per ripararsi dal sole, che sono già tutte al lavoro sulla strada per Palagonia. Non è una prigione e non è un albergo questo accampamento che è luogo di pace per alcuni e di sofferenza per molti altri, schiavi e schiavisti, come quei due eritrei che avevano il loro quartiere generale del malaffare proprio qui al Cara. La polizia li ha arrestati ieri l’altro Gurum Miluhbar e Goitam Netsai, «eritrei nati il 4/4/1974 e l’11/1/979, entrambi domiciliati presso il residence degli Aranci di Mineo».

 

immigrati nel cara di mineoimmigrati nel cara di mineo

Domiciliati. Suggestivo come linguaggio burocratico. Loro facevano anche entrare clandestinamente altri migranti qui dentro — che prelevavano da ogni provincia della Sicilia — e poi li spremevano, li dissanguavano, prima di farli ripartire per il nord Italia e per l’Europa. Una cosca, tutta interna. Mafia eritrea. Piccola mafia, spiccioli al confronto degli interessi e della puzza di Mafia Capitale arrivata fin qui con quegli appalti milionari pilotati dall’«insospettabile» Luca Odevaine, quello che ha tre o quattro nomi e che faceva politica in Campidoglio. Altri maneggi hanno portato guai anche a Giuseppe Castiglione, grande amico di Angelino Alfano e sottosegretario del governo Renzi.

 

«Ministero dell’Interno», c’è scritto sul grande cartello — rassicurazione o minaccia? — davanti alla sbarra di ferro che porta all’accampamento. «Campu», lo chiama Emanuel, un ganiano che esce alla mattina alle otto e torna di sera alle otto: «Rientro sempre, non so dove andare, faccio ogni giorno la stessa strada, avanti e indietro, avanti e indietro ».

 

 cara di mineo cara di mineo

Avanti e indietro. Avanti e indietro come abbiamo fatto noi dalle 8 del mattino — proprio come Emanuel — per provare a raccontarvi cos’è il Cara di Mineo, deposito di carne umana preferibilmente nera, obbligatoriamente da sbarco, necessariamente da ospitare. Questa zona della Sicilia fra la piana di Catania e la parte occidentale dei Monti Iblei comprende una quindicina di comuni e si chiama Calatino. Ci sono manifesti dappertutto, dentro e fuori dal Cara di Mineo. Sono tutti uguali: «Calatino terra di accoglienza».

 

 

Ultimi Dagoreport

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - COSA FRULLAVA NELLA TESTA TIRATA A LUCIDO DI ANDREA ORCEL QUANDO STAMATTINA ALL’ASSEMBLEA GENERALI HA DECISO IL VOTO DI UNICREDIT A FAVORE DELLA LISTA CALTAGIRONE? LE MANGANELLATE ROMANE RICEVUTE PER L’OPS SU BPM, L’HANNO PIEGATO AL POTERE DEI PALAZZI ROMANI? NOOO, PIU' PROBABILE CHE SIA ANDATA COSÌ: UNA VOLTA CHE ERA SICURA ANCHE SENZA UNICREDIT, LA VITTORIA DELLA LISTA MEDIOBANCA, ORCEL HA PENSATO BENE CHE ERA DA IDIOTA SPRECARE IL SUO “PACCHETTO”: MEJO GIRARLO ALLA LISTA DI CALTARICCONE E OTTENERE IN CAMBIO UN PROFICUO BONUS PER UNA FUTURA PARTNERSHIP IN GENERALI - UNA VOLTA ESPUGNATA MEDIOBANCA COL SUO 13% DI GENERALI, GIUNTI A TRIESTE L’82ENNE IMPRENDITORE COL SUO "COMPARE" MILLERI AL GUINZAGLIO, DOVE ANDRANNO SENZA UN PARTNER FINANZIARIO-BANCARIO, BEN STIMATO DAI FONDI INTERNAZIONALI? SU, AL DI FUORI DEL RACCORDO ANULARE, CHI LO CONOSCE ‘STO CALTAGIRONE? – UN VASTO PROGRAMMA QUELLO DI ORCEL CHE DOMANI DOVRA' FARE I CONTI CON I PIANI DELLA PRIMA BANCA D'ITALIA, INTESA-SANPAOLO…

donald trump ursula von der leyen giorgia meloni

DAGOREPORT - UN FACCIA A FACCIA INFORMALE TRA URSULA VON DER LEYEN E DONALD TRUMP, AI FUNERALI DI PAPA FRANCESCO, AFFONDEREBBE IL SUPER SUMMIT SOGNATO DA GIORGIA MELONI - LA PREMIER IMMAGINAVA DI TRONEGGIARE COME MATRONA ROMANA, TRA MAGGIO E GIUGNO, AL TAVOLO DEI NEGOZIATI USA-UE CELEBRATA DAI MEDIA DI TUTTO IL MONDO. SE COSÌ NON FOSSE, IL SUO RUOLO INTERNAZIONALE DI “GRANDE TESSITRICE” FINIREBBE NEL CASSETTO, SVELANDO IL NULLA COSMICO DIETRO AL VIAGGIO ALLA CASA BIANCA DELLA SCORSA SETTIMANA (L'UNICO "RISULTATO" È STATA LA PROMESSA DI TRUMP DI UN VERTICE CON URSULA, SENZA DATA) - MACRON-MERZ-TUSK-SANCHEZ NON VOGLIONO ASSOLUTAMENTE LA MELONI NEL RUOLO DI MEDIATRICE, PERCHÉ NON CONSIDERANO ASSOLUTAMENTE EQUIDISTANTE "LA FANTASTICA LEADER CHE HA ASSALTATO L'EUROPA" (COPY TRUMP)...

pasquale striano dossier top secret

FLASH – COM’È STRANO IL CASO STRIANO: È AVVOLTO DA UNA GRANDE PAURA COLLETTIVA. C’È IL TIMORE, NEI PALAZZI E NELLE PROCURE, CHE IL TENENTE DELLA GUARDIA DI FINANZA, AL CENTRO DEL CASO DOSSIER ALLA DIREZIONE NAZIONALE ANTIMAFIA (MAI SOSPESO E ANCORA IN SERVIZIO), POSSA INIZIARE A “CANTARE” – LA PAURA SERPEGGIA E SEMBRA AVER "CONGELATO" LA PROCURA DI ROMA DIRETTA DA FRANCESCO LO VOI, IL COPASIR E PERSINO LE STESSE FIAMME GIALLE. L’UNICA COSA CERTA È CHE FINCHÉ STRIANO TACE, C’È SPERANZA…

andrea orcel francesco milleri giuseppe castagna gaetano caltagirone giancarlo giorgetti matteo salvini giorgia meloni

DAGOREPORT - IL RISIKONE È IN ARRIVO: DOMANI MATTINA INIZIERÀ L’ASSALTO DI CALTA-MILLERI-GOVERNO AL FORZIERE DELLE GENERALI. MA I TRE PARTITI DI GOVERNO NON VIAGGIANO SULLO STESSO BINARIO. L’INTENTO DI SALVINI & GIORGETTI È UNO SOLO: SALVARE LA “LORO” BPM DALLE UNGHIE DI UNICREDIT. E LA VOLONTÀ DEL MEF DI MANTENERE L’11% DI MPS, È UNA SPIA DEL RAPPORTO SALDO DELLA LEGA CON IL CEO LUIGI LOVAGLIO - DIFATTI IL VIOLENTISSIMO GOLDEN POWER DEL GOVERNO SULL’OPERAZIONE DI UNICREDIT SU BPM, NON CONVENIVA CERTO AL DUO CALTA-FAZZO, BENSÌ SOLO ALLA LEGA DI GIORGETTI E SALVINI PER LEGNARE ORCEL – I DUE GRANDI VECCHI DELLA FINANZA MENEGHINA, GUZZETTI E BAZOLI, HANNO PRESO MALISSIMO L’INVASIONE DEI CALTAGIRONESI ALLA FIAMMA E HANNO SUBITO IMPARTITO UNA “MORAL SUASION” A COLUI CHE HANNO POSTO AL VERTICE DI INTESA, CARLO MESSINA: "ROMA DELENDA EST"…