OPERAZIONE RECONQUISTA: GRANDI MANOVRE DI FARSA ITALIA A PALAZZO MADAMA: BERLUSCONI RICONQUISTA UN ALFANIANO, ALTRI IN ARRIVO - AL SENATO RENZI RISCHIA DI NON AVERE PIÙ LA MAGGIORANZA MA IL BANANA NON VUOLE FAR CADERE IL GOVERNO
Paola Di Caro per “il Corriere della Sera”
La nota di domenica sera con cui Maria Rosaria Rossi — fedelissima del Cavaliere — comunicava il no ad alleanze con l’Ncd e un trattamento da figliol prodigo a qualsiasi deluso proveniente da quel partito, non arrivava a caso. Perché, ieri mattina, è stato Tonino D’Alì — forzista della prima ora, passato con Alfano ma da mesi a forte disagio — ad annunciare il suo ritorno in FI.
Un ritorno inatteso, graditissimo: «Chiunque creda negli ideali di centrodestra oggi non può che avere come riferimento Forza Italia», esulta Berlusconi, e con lui mezzo partito gli fa eco, sulla scia del «welcome home!» lanciato da Giovanni Toti. Molto diversa l’aria in Ncd, dove Alfano lamenta «l’aggressione quotidiana» di FI e si dice «addolorato» per le «tristi sorti» di un centrodestra diviso e destinato a perdere.
Lo scontro non è mai stato così violento da quando l’allora Pdl si spaccò: la soddisfazione degli azzurri per aver assestato il primo dei colpi che ritengono letali all’Ncd è speculare alla rabbia di Alfano e dei suoi che si sentono spinti all’angolo, accusano il transfuga ma nello stesso tempo assicurano che non ci sarà alcun esodo e accelerano sulla costituzione del gruppo unico parlamentare dei popolari. Perché il punto è proprio sui numeri.
Le grandi manovre infatti si svolgono a Palazzo Madama: se oltre a D’Alì lasciassero Ncd altri 7-8 senatori, sarebbe Renzi a rischiare di non avere più la maggioranza. Con tutti i possibili contraccolpi del caso. Dal quartier generale dei centristi assicurano che «l’offensiva di FI è fallita», che i tentativi delle settimane scorse sono andati a vuoto e non ci saranno altre defezioni se non quella, possibile, del calabrese Caridi. In FI giurano che potrebbero essere invece «uno al giorno per vari giorni» i nuovi arrivi. Ma, se fosse, per quale fine?
Sì, perché sulle intenzioni di Berlusconi non c’è chiarezza: è vero che sottrarre peso e forza ad Alfano gli dà godimento, ma non è suo interesse né volontà far cadere il governo. L’optimum per lui sarebbe costringere Renzi, in difficoltà sui numeri — costretto dalle defezioni dei centristi —, a trattare con FI da una posizione molto più sfavorevole, ma pochi credono sia possibile una qualsivoglia riedizione esplicita delle larghe intese.
Per questo c’è chi, come Gasparri, predica prudenza: «Dobbiamo darci un metodo, non si può procedere senza avere chiaro qual è il nostro obiettivo...». E Verdini, raccontano, irritato pensa a una via alternativa: meglio far confluire gli eventuali fuoriusciti dall’Ncd in un gruppo ad hoc, pronto a sostenere il governo e senza il «marchio» di FI.
Renzi infatti — è il timore — potrebbe rivolgersi ad altri per puntellare la sua maggioranza, a partire dai dissidenti grillini. E con lo stesso Grillo potrebbe decidere di passare dall’Italicum — sul quale le resistenze del Cavaliere aumentano tanto che FI continua a prendere tempo e il Cavaliere suggerisce di «fingere di trattare» — al Mattarellum che «ci ucciderebbe». La situazione è in movimento, e FI si cautela: stasera è previsto un incontro fra Toti e i vertici di Lega e Fratelli d’Italia per definire le alleanze per le Regionali, con Berlusconi ancora ad Arcore dove incontrerà Putin.