BINARIO ROVENTE - IL CDA DI FERROVIE, LICENZIATO DAI MINISTRI TRIA E TONINELLI, DIRAMA UN COMUNICATO PER ATTACCARE IL GOVERNO E SI DICE PRONTO A RICORRERE AD AZIONI DI TUTELA - PER I PENTASTELLATI NON CI SONO DISCUSSIONI: SICCOME L’AD RENATO MAZZONCINI ERA STATO RINVIATO A GIUDIZIO, IL CDA AVREBBE DOVUTO RIMUOVERLO IMMEDIATAMENTE…
A. Bas. per “il Messaggero”
La tensione non solo resta alta ma, se possibile, aumenta di giorno in giorno. Su Ferrovie il fuoco sta divampando in un incendio. Ieri, con una decisione senza precedenti, il consiglio di amministrazione licenziato dal ministro delle infrastrutture Danilo Toninelli, e da quello dell' Economia, Giovanni Tria, ha diramato un comunicato per attaccare il suo azionista, vale a dire il governo. I consiglieri della società pubblica hanno rimarcato di essersi attenuti «strettamente e diligentemente» allo Statuto.
In base al quale, il consiglio può far decadere l' amministratore per un rinvio a giudizio o rimettere all' assemblea la proposta di permanenza in carica per salvaguardare il preminente interesse della società. In questo caso si è scelto appunto questa seconda strada: quindi, il consiglio non ha operato «alcun aggiramento delle norme statutarie», ma ha «agito nel pieno rispetto delle stesse e delle proprie prerogative», evidenzia lo stesso consiglio di amministrazione, dicendosi pronto anche a ricorrere azioni di tutela. Il tentativo del board è stato quello di difendersi dalle accuse dello stesso Toninelli affidate, ancora una volta, ad un post su Facebook. Se l'input dell' azionista fosse stato accolto, ha scritto Toninelli, il cda non sarebbe stato rimosso per intero».
IL POST
Insomma, siccome Renato Mazzoncini, l'amministratore delegato uscente era stato rinviato a giudizio, secondo il ministro il consiglio di amministrazione avrebbe dovuto rimuoverlo appellandosi alla «clausola etica» presente nello statuto della società. «La rottura», ha scritto ancora Toninelli, «non è arrivata dal governo, ma dallo stesso Mazzoncini e dal suo cda che invece di applicare la regola etica del suo stesso Statuto e farlo decadere, l'ha prima aggirata e successivamente ha respinto al mittente l' invito del governo a tornare sui propri passi».
È stata proprio questa rottura a «costringere» il governo a far rispettare «un elementare principio di rettitudine», ha osservato Toninelli, che ha sferrato anche un affondo contro l'ex ministro dell'economia Pier Carlo Padoan: «Con la scusa della sconsiderata fusione Fs-Anas, ha tenuto in piedi l'ad Renato Mazzoncini».
Il peccato originale, insomma, starebbe nelle dimissione e contestuale riconferma dell'attuale consiglio, decisa da Matteo Renzi e Padoan il 29 dicembre scorso. Senza quella decisione, Mazzoncini sarebbe comunque scaduto quest'anno. Il ministro intanto guarda già al prossimo vertice delle Ferrovie, che dovrà spostare la barra su treni regionali e pendolari.
A partire da quelli lombardi, per i quali Toninelli darà subito mandato al nuovo a.d. di Fs di intervenire per risolvere i problemi di Trenord (al 50% delle Ferrovie dello Stato). Per quanto riguarda i possibili successori di Mazzoncini, si fa sempre più strada l' idea della soluzione interna. In questo caso la guida potrebbe essere affidata al numero uno della rete, Maurizio Gentile. In alternativa gira anche il nome del numero uno di Trenitalia, Orazio Iacona.