DELLA TANTO CELEBRATA LEGGE ANTI-CORRUZIONE PASSA SOLO IL DECRETO-FARSA SULLE LISTE “PULITE”, CHE NEGA IL PARLAMENTO AI CONDANNATI AD ALMENO 4 ANNI DI CARCERE (CIOÈ QUASI NESSUNO) - I DECRETI SULLA TRASPARENZA NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E SULL’INCOMPATIBILITÀ DEGLI INCARICHI DIRIGENZIALI INVECE SONO IMPANTANATI E RISCHIANO DI NON ESSERE APPROVATI PRIMA DELLE DIMISSIONI DI RIGOR MONTIS…

Liana Milella per "la Repubblica"

L'anti-corruzione fa un passo avanti, ma ne rischia due indietro. Alla Camera, con il Pdl nell'angolo, viene approvato il decreto legislativo sulle liste pulite, ma altri due fondamentali decreti della famosa legge contro i corrotti - sulla trasparenza nella pubblica amministrazione e sull'incompatibilità degli incarichi dirigenziali - potrebbero mancare il determinante appuntamento con l'ultimo consiglio dei ministri prima delle dimissioni di Monti.

Sarebbe un'ipoteca sulla manovra anti-corruzione perché senza quei decreti la legge resterebbe una scatola vuota. Tutta la prima parte sulla prevenzione, messa a punto dal ministro della Funzione Pubblica Filippo Patroni Griffi, verrebbe annullata. Fino a ieri sera, da palazzo Chigi, non veniva alcuna solida rassicurazione sul via libera ai due decreti. Tutta colpa di una legge che ha privilegiato la via delle deleghe.

Se ne vedono le conseguenze. Come nel caso di "liste pulite", gli articoli che regolano lo stop alle candidature dei condannati ad almeno due anni per reati gravissimi (mafia e terrorismo), per i delitti contro la pubblica amministrazione, o ancora per quelli per cui il codice prevede una condanna ad almeno quattro anni e quindi la detenzione in carcere. L'altro ieri il via libera del Senato, senza la minima polemica, ieri quello della Camera dopo un braccio di ferro col Pdl.

Cui il decreto non piace affatto, ma è costretto ad ingoiarlo perché resta isolato. In minoranza. Tutti vogliono liste pulite, tranne i berlusconiani. L'alleato di sempre, la Lega, sta con la maggioranza. Anzi, come dirà alla fine Matteo Bragantini «ci sarebbero volute norme ancora più severe per escludere i condannati per mafia anche se ancora in primo grado». Il capogruppo Pdl in commissione Giustizia Enrico Costa polemizza con la presidente della commissione Giustizia Giulia Bongiorno.

Addirittura legge brani di una sua intervista per smentire che «il Pdl abbia fatto solo leggi ad personam in questa legislatura». Cioè quello che, come dice Bongiorno, «è sotto gli occhi di tutti». Alla fine però pure il Pdl rinuncia alla politica dei rinvii e dell'ostruzionismo, si tura il naso e vota. Naturalmente Costa nega che «ci sia mai stato ostruzionismo», parla di «strumentalizzazioni», cerca di vendere l'immagine di un Pdl che invece ha cercato di «migliorare il testo».

A voto finito, con un parere assai tecnico che ipotizza undici ritocchi e impone alle Prefetture un controllo rapido e dirimente sulle liste, commenti entusiasti della Pd Donatella Ferranti e del centrista Roberto Rao, la palla torna a palazzo Chigi. Già oggi, se si terrà il consiglio dei ministri, il decreto passerà l'ultima lettura e diventerà pienamente operativo, pronto per bloccare i nomi sporchi per le prossime elezioni sia regionali che politiche. «Lo volevamo tutti, anche il Parlamento» dice il ministro dell'Interno Anna Maria Cancellieri. «Siamo pronti a un consiglio dei ministri straordinario» anticipa il Guardasiglli Paola Severino.

Ma ora la vera sfida è un'altra. Quella che Bongiorno, stavolta nelle vesti di portavoce di Fli, lancia agli altri partiti: «Siano più rigorosi della legge, prevedendo regole e limiti più stringenti sulle candidature». Uno su tutti, escludere anche a priori i condannati in primo grado soprattutto se per reati gravi.

 

GIULIA BONGIORNOPaola Severino Anna Maria Cancellieri MARIO MONTI LEGGE RESTART ITALIA PARLAMENTO

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