maria elena boschi frecciarossa arezzo

1. E LO CHIAMANO IL TRENO DI MARIA "ETRURIA" BOSCHI. DAL 15 DICEMBRE SCORSO IL CONVOGLIO CHE PERCORRE LA LINEA ALTA VELOCITÀ FIRENZE-MILANO HA AGGIUNTO UNA SOSTA IN PIÙ. ANZI, HA SPOSTATO LA PARTENZA: NON PIÙ DA FIRENZE, MA PIÙ A SUD, AD AREZZO. CHE PERÒ NON È SULLA LINEA AV. IL CHE FA PARTIRE IL TRENO DA FIRENZE IN PERENNE RITARDO 2. SI VEDE CHE IL NUOVO STRUMENTO DI POTERE È DIVENTATA LA ROTAIA. A REGGIO AD ESEMPIO SI VOCIFERA CHE IL FRECCIA DELLE 6.56 DESTINAZIONE ROMA SIA STATO VOLUTO DAL MINISTRO DEI TRASPORTI GRAZIANO DELRIO

Andrea Zambrano per “il Giornale”

 

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Infreddoliti sotto le bianche volte della stazione griffata Calatrava i pendolari del Reggio-Milano delle 7.52 guardano all'orizzonte in direzione est dove il mastodontico Frecciarossa 9500 mastica binari.


Dal 15 dicembre scorso è in ritardo mentre prima era sempre di una puntualità svizzera. Da quella data il convoglio che percorre la linea Alta Velocità Firenze-Milano ha aggiunto una sosta in più. Anzi, ha spostato la partenza: non più dal capoluogo toscano, ma più a sud, ad Arezzo. Che però non è sulla linea AV.

 

maria elena boschimaria elena boschi

Il che fa partire il treno da Firenze in perenne ritardo. Il risultato è che i pendolari arrivano tardi in ufficio sotto la Madonnina, con grave scorno degli equilibri aziendali. Un ritardo così non lo si era mai visto da quando è stata inaugurata la stazione mediopadana, che ambiva a far diventare Reggio l' estrema periferia di Milano. Ormai quel treno viene chiamato il treno Boschi, dal nome della potente ministra della provincia di Arezzo. Un privilegium aretinum tanto curioso quanto sospetto.

Freccia RossaFreccia Rossa


Non c'è alcuna prova che il ministro abbia voluto la fermata nella sua città, ma tanti indizi. A cominciare dal fatto che la blasonata Parma, che tra l' altro è sulla linea dell' alta velocità, va chiedendo da tempo una fermata. Invano. Invece per Arezzo è stato fatto uno strappo alla regola. Anche perché vuoi mettere presentarsi di fronte ai propri elettori vantando di aver fatto fermare il treno delle meraviglie laddove nessuno l' aveva previsto.

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Possibile? I pendolari ne sono convinti e si chiedono: da Arezzo quanti saranno mai i lavoratori che devono timbrare a Milano alle 9, partendo alle 6.15? Sulla tratta di ritorno, partendo da Milano Garibaldi alle 18.15, si arriva ad Arezzo alle 21.30. Non certo una vita da pendolare. Il sospetto è che la trentina di aretini che alle 6.15 sale sull' AV 9500 scenda per la maggior parte a Firenze, utilizzando dunque il supertreno come super regionale. Non proprio la sua vocazione. Ma fa consenso.

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A lamentarsi, però, sono in tanti. A cominciare dai 154 che hanno firmato una petizione a Trenitalia, la quale fino a ieri non aveva ancora risposto per giustificare il ritardo. Come in ogni vicenda che riguarda disagi e servizi, si scopre che c' entra sempre la politica. Diversamente l' assessore regionale ai Trasporti Vincenzo Ceccarelli non avrebbe difeso il treno aretino dalle critiche, giustificandone l' utilità ma senza fornire numeri sul reale utilizzo.

 

E soprattutto non avrebbe rovesciato addosso alla giunonica ministra per le Riforme la responsabilità: «Ormai alla Boschi si dà la colpa di tutto», ha dichiarato al quotidiano Prima Pagina Reggio che lo aveva contattato per chiedere ragguagli sulla reale necessità di mercato di quel treno.

 

GRAZIANO DELRIOGRAZIANO DELRIO

Frase sibillina che, nel tentativo di difendere la collega e compaesana, di fatto le ha scaricato il tutto addosso. Anche perché la giunta regionale guidata da Enrico Rossi non è proprio dell' ortodossia renziana. E dato che sul disservizio sono già piombati i grillini in Regione Emilia Romagna con un' interpellanza, non si sa mai.


Ma la Boschi potrà consolarsi con quel treno che difficilmente verrà soppresso. Si vede che il nuovo strumento di potere è diventata la rotaia. A Reggio ad esempio si vocifera che il Freccia delle 6.56 destinazione Roma sia stato voluto dal ministro dei Trasporti Graziano Delrio.


Un direttissimo Reggio-Roma senza fermate a Bologna e Firenze per essere nella capitale alle 9.10. Malignità, di sicuro. E chi deve andare a Bologna o Firenze? Per quello c' è il Frecciarossa successivo. Parte alle 7.03. Appena sette minuti dopo.

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2. CURVA FANFANI E VARIANTE LEONE: QUELLE GRANDI OPERE AD PERSONAM

Paolo Bracalini per “il Giornale”

 

La «curva Fanfani». Arezzo, prima che fosse la città dei Boschi, è stata la città del potente Dc (suo nipote Giuseppe è l' ex sindaco Pd, ora al Csm). La leggenda narra che fu proprio l' allora presidente del consiglio Dc, l' aretino Amintore Fanfani, a disegnare di suo pugno con la matita rossa sulla mappa, la deviazione della autostrada del Sole verso Arezzo.

 

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Due piccioni con una fava: premiare il feudo elettorale aretino e dare un colpo all' altra città che aspirava al passaggio della A1, Siena, «città che - come racconta Enrico Menduni nel suo istruttivo L' Autostrada del Sole - dava al Pci la maggioranza assoluta dei voti ma non aveva abbastanza santi in paradiso per far passare l' autostrada sotto le sue torri».

 

I santi, per le opere pubbliche, stanno più spesso in Parlamento o al governo. Così nel 2008 il ministro (di Imperia) Claudio Scajola fece arrivare 1 milione di euro per finanziare la riapertura dei voli civili nel piccolo aeroporto di Albenga (30 chilometri da Imperia), in particolare il volo diretto Albenga-Roma Fiumicino, già aperto e chiuso due volte in precedenza per mancanza di passeggeri.

 

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La tratta è stata poi di nuovo sospesa, e le quote dello scalo del Ponente Ligure, senza più santi in Parlamento, messe in vendita. Mentre si era battuto come un leone Tòtò Cuffaro, agrigentino governatore della Sicilia, per far nascere un aeroporto ad Agrigento. Prima che l' Enac bloccasse tutto di fronte ai 90 milioni di euro di costi progettuali. E prima che Cuffaro finisse a Rebibbia.


I treni, poi. Una mattina di luglio del 1994 alla stazione di Forte dei Marmi si presenta l' allora presidente del Senato Carlo Scognamiglio, pantaloni bianchi camicia azzurra e scarpe da skipper, con prole al seguito. Attende l' intercity Livorno-Torino, diretto a Santa Margherita Ligure, sua destinazione. Piccolo dettaglio: il treno non ferma a Forte dei Marmi.

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E invece, visto l' illustre passeggero, l' intercity non solo si ferma, ma i solerti ferrovieri aggiungono, dietro il locomotore, uno speciale vagone lussuoso per accogliere la famiglia del presidente del Senato e portarlo in Liguria. Più spesso però l' intervento politico modella strade e autostrade. La A31, che da Rovigo corre verso il Trentino passando per Vicenza, ha preso il nome di «PiRuBi» dai tre ministri democristiani che a tutti i costi la vollero, e cioè Flaminio Piccoli, Mariano Rumor e Antonio Bisaglia, guardacaso originari di Trento, Vicenza e Rovigo.

 

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Della Cassia bis, costruita negli anni Settanta per ridurre il traffico sulla vecchia Cassia, si disse che fu fatta per la comodità personale di Giovanni Leone, il presidente della Repubblica che proprio sulla Cassia aveva una immensa villa. Memorabile, poi, lo scontro a colpi di casello tra i democristiani abruzzesi Remo Gaspari e Lorenzo Natali, per portare l' autostrada verso i rispettivi collegi elettorali: rispettivamente Chieti e L' Aquila.


Ancora un democristiano, il ministro dei Trasporti Fiorentino Sullo, fece imporre ai progettisti dell' A16 che il tracciato passasse da Avellino e non da Benevento, con grande complicazione ingegneristica viste le enormi pendenze da superare. Il fatto che Sullo fosse avellinese non è affatto una coincidenza.

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Così come cosentini furono i due ministri artefici della Salerno Reggio Calabria, il socialista Giacomo Mancini e il dc Riccardo Misasi, protagonisti nel convincere l' Anas a spostare il percorso verso le montagne, cioè verso Cosenza, invece che sulla costa lungo il Tirreno.


Mentre l' A26, che da Genova arriva fino a Gravellona Toce in Piemonte, potrebbe chiamarsi la Nicolazzi, dal nome del ministro dei Lavori pubblici e segretario Psdi, originario di Gattico, uno dei caselli proprio della A26. E non per caso.

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