LA CINA CREDITRICE NON VUOLE FARE CRAC PER LE BIZZE USA: “DOVETE EVITARE IL DEFAULT” (PECHINO POSSIEDE 1277 MILIARDI $ DI BOND AMERICANI)
Danilo Taino per "Il Corriere della Sera"
Le crisi gemelle americane - quella sul bilancio federale e quella sul tetto del debito pubblico - si sono fuse in un'unica battaglia. à ormai evidente che avrà conseguenze non irrilevanti per gli Stati Uniti, sui piani interno e internazionale. La Cina ieri si è fatta sentire: evento non da poco.
Durante un briefing ai media, il vice ministro per le Finanze Zhu Guangyao ha detto che «l'orologio sta correndo» e il rischio che dopo il 17 ottobre Washington non abbia la possibilità di pagare le sue obbligazioni perché il Congresso non autorizza il superamento del tetto stabilito sul debito, 16.700 miliardi di dollari, è serio. Un default sarebbe un danno grave per Pechino, che possiede almeno 1.277 miliardi di bond del Tesoro americano, ha detto Zhu: gli Stati Uniti devono «assicurare la sicurezza degli investimenti cinesi».
Il vice ministro è però andato oltre l'espressione di una preoccupazione per il denaro cinese. «Come maggiore economia del mondo e come Paese che emette la maggiore valuta di riserva - ha detto - è importante che gli Stati Uniti effettuino passi credibili per affrontare la disputa sul tetto del debito in tempi certi ed evitino un default»: è una questione globale, insomma.
«Speriamo che gli Stati Uniti sappiano trarre lezioni dalla storia», ha concluso, che cioè ricordino che nel 2011, quando il rischio di default si era già presentato, l'agenzia di rating Standard & Poor's tolse loro la Tripla A: qualcosa che a un grande investitore non può piacere.
L'incapacità di Washington di uscire dalla paralisi politica è così diventata una questione diplomatica e consente ai dirigenti di Pechino di salire in cattedra. La crisi ha inoltre convinto il presidente Obama a cancellare un importante viaggio in Asia dove doveva partecipare a due importanti vertici. Al suo posto è andato il segretario di Stato John Kerry, ma si sta comunque facendo strada l'impressione che l'America non sia, per ragioni di governance interna, pienamente in grado di mantenere gli impegni in un'area così importante e di stare al fianco degli alleati di fronte alla crescita dell'egemonia cinese.
Per ora, comunque, Pechino rimane nervosa per i suoi investimenti: negli ultimi due giorni, lo stallo a Washington si è radicalizzato. Molte funzioni del governo federale rimangono sospese, dal primo ottobre, a causa del budget non approvato. Lo speaker della Camera dei rappresentanti, John Boehner, repubblicano, ha detto che leggi che semplicemente autorizzino il Tesoro a pagare i debiti in scadenza dopo il 17 ottobre o facciano passare il bilancio del 2014 non hanno i voti per essere approvate nella sua ala del Congresso (dove i repubblicani sono in maggioranza).
Alcuni legislatori - tra questi il repubblicano Peter King e il democratico Charles Schumer - e lo stesso Obama ieri hanno sostenuto che invece i voti ci sono, dal momento che alcuni repubblicani dissidenti dalla linea radicale vorrebbero chiudere al più presto la crisi che sta costando al partito critiche e probabilmente consensi. Per parte sua, Obama ha ripetuto ancora ieri di essere disposto a negoziare con i repubblicani ma non «sotto minaccia» e non su quelli che considera atti dovuti del Congresso.
A questo punto, la strategia dei repubblicani di legare i due via libera al bilancio e al superamento del tetto del debito (indispensabile per pagare spese già autorizzate dallo stesso Congresso) al ridimensionamento della riforma sanitaria di Obama approvata nel 2010 sembra difficilmente tenibile.
«à una bomba nucleare», ha detto il grande investitore Warren Buffett: se si vuole cambiare una legge si fa una proposta precisa - ha aggiunto -, non si spinge il Tesoro verso il default. Anche sul piano interno, dunque, la crisi è a livello di guardia. Wall Street ieri è scesa: più ancora che per i timori di default, per le preoccupazioni di lungo periodo sul blocco politico dell'America.






