gori parodi 1

CIULATO ALLA REGIONE, GORI HA UN DUBBIO: “FORSE LASCIO IL COMUNE DI BERGAMO” – I VENTI PUNTI DI DISTACCO DA ATTILIO FONTANA SONO DIVENTATI UN MACIGNO PER IL MARITO DI TRISTINA PARODI: HA PRESO VOTI SOLO NEL QUADRILATERO DELLA MODA DI MILANO, NELLA SUA BERGAMO E A MANTOVA

 

Giorgio Gandola per “la Verità

 

cristina parodi giorgio gori

Non ha visto palla e la cosa lo ha mandato in depressione. Giorgio Gori vive ore difficili e chi lo conosce bene sostiene che stia pensando seriamente di mollare tutto. La Lombardia reale non è quella che lui vede dall' antica magione di Bergamo alta, 2 milioni solo di restauri, o quella che s' immagina mentre percorre in bicicletta il Sentierone con lo zainetto di pelle nera sulle spalle, icona perfetta dell' uomo che piace, in sintonia con il mondo che piace.

 

giorgio gori in bicicletta

«Il vento populista ha spazzato via tutto, la sconfitta è netta ma ho lasciato il segno», ripete il giorno dopo, consapevole che non c' è giustificazione più disarmante di questa per un lucido combattente come lui. Per la verità il segno è un record negativo e sta tutto in quell' abisso di 20 punti (49-29) che lo separa da Attilio Fontana, un candidato considerato di riserva, un signore con meno charme, che porta peggio la camicia button down e i mocassini con le nappe, che partiva con 6 punti di vantaggio nei sondaggi e avrebbe dovuto farsi da parte davanti all' impetuosa rimonta dell' impeccabile manager dem.

 

matrimonio michelle hunziker giorgio gori

Lo storytelling diceva questo, ma si sa che la realtà è una bestia ignorante e ostinata. Così i 6 punti sono diventati 20 e quelle centinaia di migliaia di euro investite nella campagna elettorale hanno fatto la stessa fine delle azioni di Ubi banca qualche anno fa. Evaporate, finite in fumo o nel mefitico torrente Morla, a Bergamo sanno di cosa stiamo parlando.

 

Gori è riuscito a fare peggio di Umberto Ambrosoli nel 2013 contro Roberto Maroni, considerato quasi imbattibile: allora il pallido alfiere Pd era arrivato al 38%, comunque vetta himalayana oggi per il centrosinistra. La Caporetto di un uomo vincente sta tutta dentro una cartina della Lombardia simile al pratone di Pontida, verde Lega tranne tre piccole aree che somigliano a villaggi di Asterix: Bergamo città, Milano centro e Mantova.

 

Lì ha vinto lui, rispettivamente dove amministra (Bergamo), dove abitano i più ricchi e supponenti radical chic d' Europa (Milano centro) e dove il suo avversario si è distratto andando sotto il 40% (Mantova). Accomunando Gori a Beppe Sala in un' analisi lucida il sito Affaritaliani.it scrive: «Due fra i contribuenti più ricchi dell' intera regione sono stati gli ultimi due candidati del partito che fu di Enrico Berlinguer. Eppure nessuno fino a ieri ha avuto qualcosa da ridire». Tranne gli elettori, verrebbe da aggiungere, anche se almeno Sala (pur al fotofinish) il risultato l' ha portato a casa.

 

FONTANA GORI

È proprio osservando i numeri di Bergamo che il sindaco belloccio (ha voluto che si scrivesse così nello spot elettorale social) coglie il senso più intimo della disfatta. Lì dove lo conoscono tutti, dove ha amministrato per tre anni e mezzo, dove ha percorso luoghi alieni come i quartieri di periferia e i mercati rionali, dove ha studiato ogni dossier possibile, dove è andato a messa con i potenti e gli ultimi (dettaglio non trascurabile) ha preso un migliaio di voti in più di Fontana, 27.705 contro 26.527. Una miseria, neanche fosse contro Matteo Salvini in persona. Ecco perché adesso vorrebbe salutare tutti e andarsene.

 

Ecco perché è in pausa di riflessione. «Mi prendo alcuni giorni per decidere se continuare a fare il sindaco di Bergamo o diventare il capo dell' opposizione in Regione. Ci sono buone ragioni e responsabilità di fronte agli elettori per scegliere entrambe le strade. Dalle sconfitte ho tratto gli insegnamenti più importanti della mia vita». Però questo non se lo sarebbe mai aspettato. Ha fatto entrare Bergamo nel Guinness dei primati per la catena umana più lunga del mondo e lo trattano così. Ingrati.

Ultimi Dagoreport

turicchi, giorgetti, sala

FLASH! - IL DILEMMA DI GIORGETTI: IL CAPO DELLE PARTECIPATE DEL TESORO E SUO FEDELISSIMO, MARCELLO SALA, NON HA INTENZIONE DI TRASLOCARE ALLA PRESIDENZA DI NEXI PER FARE POSTO AD ANTONINO TURICCHI, CHE VANTA PERO’ UN ‘’CREDITO’’ NEI CONFRONTI DEL MINISTRO DEL MEF PER AVER CONDOTTO IN PORTO LE TRATTATIVE ITA-LUFTANSA. MA ALLA PRESIDENZA DI ITA, INVECE DI TURICCHI, MELONI & C. HANNO IMPOSTO SANDRO PAPPALARDO, UN PILOTA PENSIONATO LEGATO AL CLAN SICULO DI MUSUMECI – ORA GIORGETTI SPERA CHE VENGA APPLICATA LA LEGGE CHE VIETA AI PENSIONATI DI STATO DI RICOPRIRE INCARICHI RETRIBUITI)…

donald trump

DAGOREPORT - LA DIPLOMAZIA MUSCOLARE DI TRUMP È PIENA DI "EFFETTI COLLATERALI" - L'INCEDERE DA BULLDOZER DEL TYCOON HA PROVOCATO UNA SERIE DI CONSEGUENZE INATTESE: HA RIAVVICINATO IL REGNO UNITO ALL'UE, HA RILANCIATO L'IMMAGINE DI TRUDEAU E ZELENSKY, HA RIACCESO IL SENTIMENT ANTI-RUSSO NEGLI USA - LA MOSSA DA VOLPONE DI ERDOGAN E IL TRACOLLO NEI SONDAGGI DI NETANYAHU (SE SALTA "BIBI", SALTA ANCHE IL PIANO DI TRUMP PER IL MEDIO ORIENTE) - I POTENTATI ECONOMICI A STELLE E STRISCE SI MUOVONO: ATTIVATO UN "CANALE" CON LE CONTROPARTI BRITANNICHE PER PREVENIRE ALTRI CHOC TRUMPIANI...

giorgia arianna meloni maria grazia manuela cacciamani gennaro coppola cinecitta francesco rocca

DAGOREPORT - MENTRE LE MULTINAZIONALI STRANIERE CHE VENIVANO A GIRARE IN ITALIA OGGI PREFERISCONO LA SPAGNA, GLI STUDIOS DI CINECITTÀ SONO VUOTI - SONDARE I PRODUTTORI PER FAVORIRE UNA MAGGIORE OCCUPAZIONE DEGLI STUDIOS È UN’IMPRESA NON FACILE SOPRATTUTTO SE A PALAZZO CHIGI VIENE L’IDEA DI NOMINARE AL VERTICE DI CINECITTÀ SPA, CARDINE DEL SISTEMA AUDIOVISIVO ITALIANO, MANUELA CACCIAMANI, LEGATA ALLE SORELLE MELONI, IN PARTICOLARE ARIANNA, MA DOTATA DI UN CURRICULUM DI PRODUTTRICE DI FILM “FANTASMA” E DOCUMENTARI “IGNOTI” – FORSE PER IL GOVERNO MELONI È STATA PIÙ DECISIVA LA FEDE POLITICA CHE IL POSSESSO DI COMPETENZE. INFATTI, CHI RITROVIAMO NELLA SEGRETERIA DI FRANCESCO ROCCA ALLA REGIONE LAZIO? LA SORELLA DI MANUELA, MARIA GRAZIA CACCIAMANI, CHE FU CANDIDATA AL SENATO NEL 2018 NELLE LISTE DI FRATELLI D’ITALIA - QUANDO DIVENTA AD DI CINECITTÀ, CACCIAMANI HA LASCIATO LA GESTIONE DELLE SUE SOCIETÀ NELLE MANI DI GENNARO COPPOLA, IL SUO COMPAGNO E SOCIO D'AFFARI. QUINDI LEI È AL COMANDO DI UNA SOCIETÀ PUBBLICA CHE RICEVE 25 MILIONI L'ANNO, LUI AL TIMONE DELL’AZIENDA DI FAMIGLIA CHE OPERA NELLO STESSO SETTORE…

consiglio europeo giorgia meloni viktor orban ucraina zelensky ursula von der leyen

LE DECISIONI ALL’UNANIMITÀ IN EUROPA SONO FINITE: IERI AL CONSIGLIO EUROPEO IL PRIMO PASSO PER IL SUPERAMENTO DEL VETO, CON L’ISOLAMENTO DEL PUTINIANO VIKTOR ORBAN SUL PIANO IN CINQUE PUNTI PER L’UCRAINA – GIORGIA MELONI NON POTEVA SFILARSI ED È RIUSCITA A RIGIRARE LA FRITTATA CON MATTEO SALVINI: NON ERA UN DESIDERIO DI TRUMP CHE I PAESI EUROPEI AUMENTASSERO FINALMENTE LE SPESE PER LA DIFESA? DI CHE TI LAMENTI? - ANCHE LA POLEMICA DEL LEGHISTA E DI CONTE SUI “SOLDI DEGLI ASILI CHE FINISCONO IN ARMAMENTI” È STATA AGILMENTE NEUTRALIZZATA DALLA SORA GIORGIA, CHE HA FATTO “VERBALIZZARE” LA CONTRARIETÀ DELL’ITALIA ALL’UTILIZZO DEI FONDI DI COESIONE…