FERMI TUTTI! COL GOVERNO DEI ''BUONI'' GIALLO-ROSSI SI POTRÀ FARE PIÙ DEFICIT. LO PROMETTE RENZI, IN BARBA ALLE SUE GRIDA DI SPREAD E SFASCIO DEI CONTI QUANDO SALVINI CHIEDEVA PIÙ INVESTIMENTI - ANCHE SULL'IVA È TUTTO INGIGANTITO AD ARTE. SONO ANNI CHE SI STERILIZZANO LE CLAUSOLE DI SALVAGUARDIA, TRIA TRANQUILLIZZA SUI CONTI, E BRUXELLES E' PRONTA A ESSERE ''GENEROSA'' SENZA LA LEGA TRA I PIEDI - INSOMMA, IL GOVERNO SE NASCE E' PER FAR FUORI SALVINI, PRENDERE IL POTERE E SALVARE LE POLTRONE DI RENZIANI E GRILLINI AL SECONDO MANDATO. IL TERRORISMO SULL'ECONOMIA SERVE A QUESTO
L’ARIA CHE TRIA –SECONDO IL MINISTRO DELL’ECONOMIA “I CONTI ITALIANI SONO IN ORDINE E IL PROSSIMO GOVERNO POTRÀ MUOVERSI CON MOLTA CALMA – ABBIAMO RAGGIUNTO NUOVAMENTE UNA STABILITÀ FINANZIARIA E PUR NELLA STAGNAZIONE, L’ECONOMIA ITALIANA STA DIMOSTRANDO UNA FORTE RESILIENZA''
L’Europa deve cambiare linea economica adesso. In Germania arriva la recessione: l'export non basta. Brexit sarà un disastro per tutti. Lo scontro ?? ?? ci vede alla finestra. Ora è tempo di investimenti, non di austerity. Se manda a casa Salvini, Italia torna protagonista
— Matteo Renzi (@matteorenzi) 26 agosto 2019
SULL' IVA CI RACCONTANO FROTTOLE
Fabio Dragoni per ''La Verità''
matteo renzi luigi di maio matteo salvini
Nell' agosto 2011, con Silvio Berlusconi ancora al governo, arriva una lettera dalla Banca centrale europea a firma dell' allora governatore Jean-Claude Trichet e del futuro successore Mario Draghi. Un passo di quella missiva finirà per condizionare la politica italiana di lì a venire. Questo: «Andrebbe introdotta una clausola di riduzione automatica del deficit che specifichi che qualunque scostamento dagli obiettivi di deficit sarà compensato automaticamente con tagli orizzontali sulle spese discrezionali». L' allora ministro dell' Economia, Giulio Tremonti, finirà per interpretare creativamente quel paragrafo addirittura introducendo l' automatico aumento dell' Iva e delle accise qualora non si fossero raggiunti gli obiettivi di bilancio imposti da Bruxelles e Francoforte.
Tanto zelo inutilmente speso. Di li a poco più di 90 giorni il governo sarebbe stato costretto comunque a capitolare travolto dalla crisi pilotata dello spread.
E i conti pubblici non sarebbero stati comunque riaggiustati. Ammesso e non concesso che questo sia il problema, dal momento che una crisi economica scoppia sempre e solo per un eccesso di debito privato e non pubblico. E del resto, non era affatto difficile comprendere già allora che tutta questa austerità sarebbe stata inutile. Basta infatti riavvolgere il nastro indietro e tornare al 1990, quando l' Italia aveva un debito di circa 670 miliardi di euro.
TORTURA ITALIANA
Da allora fino al 2017 abbiamo accumulato un avanzo primario di circa 720 miliardi. Ovvero tutto ciò che residua prima di rimborsare il debito fra interessi e capitale. Il risultato è che oggi l' Italia ha un debito di oltre 2.300 miliardi. Se non fosse abbastanza chiaro, facciamo questo conto. Paghiamo in quasi 30 anni 720.000 euro a fronte di un debito iniziale di circa 670.000 e ora ci ritroviamo con 2,3 milioni di debito ancora sul groppone. Forse così fa più effetto, o no?
Per quanto inutile sia torturare gli italiani con l' aumento delle tasse nella vana speranza di ridurre il debito - che invece si può abbattere soltanto aumentando il reddito (e cioè il Pil) - le clausole di automatico aumento dell' Iva immaginate da Tremonti finiranno per essere stabilizzate nel Documento di economia e finanza (il cosiddetto Def) elaborato dal governo Monti e ripetute da ogni governo che di lì a venire si sarebbe insediato dopo il Cavaliere. Da Monti a Enrico Letta; da Matteo Renzi a Paolo Gentiloni per finire all' attualmente dimissionario Giuseppe Conte.
PROMESSE DA MARINAI
Ogni volta la stessa storia. Si promette un aumento dell' Iva con il successivo sistematico rinvio del relativo salasso, fatta salva la luminosissima eccezione del governo Letta, degno erede di Monti, che nel 2013 l' Iva decide di aumentarla veramente dal 21% al 22%. Tutto questo senza che i successivi governi almeno smettessero di prevederne un ulteriore aumento.
Ma è comunque storia che dal 2014 in poi la telenovela dell' Iva si sarebbe replicata con la stessa costanza con cui si trasmette il film Una poltrona per due prima di Natale. Se il Def del 2019 riporta a pagina 8 un inquietante «aumento delle aliquote Iva a dicembre 2020 e a gennaio 2021», non diversamente quello del 2018 prevedeva a pagina 3 «un aumento delle aliquote Iva dal 2019». E nel 2017 sempre lo stesso Piercarlo Padoan ci informava che dal 2018 si prevedevano «incrementi delle aliquote Iva e delle accise sugli oli minerali».
E il 2016? Forse il governo Renzi, tutto impegnato com' era nella campagna referendaria, se n' era dimenticato? Macché: anch' esso mise ufficialmente per iscritto nel Def che ci sarebbero stati «incrementi delle aliquote Iva a partire dal 2017 e delle accise sugli oli minerali dal 2018». E pure nel 2015 l' allora sempre spumeggiante Pittibullo si gongolava di quanti bei soldini lo Stato incassava e avrebbe continuato a incassare di lì a poco «per effetto dell' incremento delle aliquote Iva disposto dalla legge di stabilità per il 2015».
FINTI AUMENTI
Questa, e non altra, è la vera storia delle clausole di salvaguardia e dei finti aumenti dell' Iva. Un alibi sventolato dai governi per compiacere Bruxelles sapendo in partenza che 12 mesi dopo nessuno farà realmente scattare le nuove aliquote.
Si arriva così alla cronaca degli ultimi mesi. Siamo all' aprile 2019 e, come tutti gli anni, il Parlamento è chiamato ad approvare il Def. Il ministro Giovanni Tria non fa eccezione ma conferma la regola: anch' egli scrive che l' Iva verrà (forse, ma anche no) aumentata. Ed è in quella sede che la Camera e il Senato danno input precisi al governo Conte con un' apposita risoluzione che suona più o meno così: passi che come tutti gli anni dal 2014 a oggi si scriva che aumenteremo le aliquote Iva per accontentare i burocrati sociopatici di Bruxelles, ma a scanso di equivoci sia chiaro che l' Iva non deve aumentare né ora né mai. E questa già di per sé sarebbe una notizia.
MUSSARI TREMONTI DRAGHI GUZZETTI jpeg
Peccato che in realtà non lo sia, perché nell' aprile di ogni anno il Parlamento che approvava un Def con sopra scritto «aumenteremo l' Iva» veniva accompagnato dalla risoluzione specularmente contraria di deputati e senatori che intimavano al governo di non farlo, cosa che poi abbiamo visto essere sempre avvenuta tranne che quando a Palazzo Chigi sedeva Letta.
Non facciamoci cruccio quindi; funziona così. L' Iva non verrebbe aumentata neppure da un ipotetico governo Draghi con Carlo Cottarelli ministro dell' Economia.
MAZZATA SUI CONSUMI
Ma, in finale, di quali cifre stiamo parlando? Cominciamo con il dire che lo Stato ogni anno incassa poco più di 730 miliardi fra imposte dirette sui redditi (circa 250 miliardi), imposte indirette - come l' Iva - per un importo pressoché identico, e oneri contributivi sul lavoro per circa 230 miliardi di euro.
La ventilata minaccia di aumento dell' Iva consisterebbe nell' incremento dell' aliquota intermedia dal 10% al 13% -per intenderci, quella che troviamo incorporata nel prezzo di una pizza - e di quella più alta dal 22% al 25,2%: è quella «normale» che invece si paga quando per esempio si acquista un' autovettura.
L' ipotizzato maggior gettito è di circa 23 miliardi: quali effetti devastanti possa avere sui consumi delle famiglie - che rappresentano circa il 60% del prodotto interno - in un momento di stagnazione economica come questo, è piuttosto facile da immaginare. Il tutto per rispettare gli assurdi parametri di bilancio (quali i famigerati rapporti tra deficit e Pil o tra debito e Pil) cui quasi nessuno si attiene, tranne noi che della lotta al deficit (quasi fosse la peste) abbiamo fatto un assurdo totem ideologico.
Viene spesso additato il nostro Paese come l' ultimo della classe quanto alla tenuta dei conti pubblici, immaginando spesso surreali paragoni con Paesi non di primissimo piano quali Portogallo, Irlanda e Spagna, i quali grazie alla supposta tenuta (più supposta che reale, in verità) delle finanze pubbliche oggi crescono più di noi.
Falso come l' ottone, avrebbe detto mia nonna.
Si consideri intanto che al momento dello scoppio della crisi del 2008 questi tre Paesi apparentemente virtuosi - che avevano un rapporto debito/Pil rispettivamente pari al 70%, al 42% e al 40% - sono andati non solo in crisi prima e più di noi, che avevamo allora un debito superiore al 100% del Pil. E hanno addirittura avuto bisogno anche dei nostri soldi, dal momento che l' Italia ha contribuito per una cifra pari a circa 60 miliardi in favore dei vari fondi salva Stati europei cui questi campioni hanno attinto famelicamente.
PAESI FURBETTI
ursula von der leyen incontra giuseppe conte a palazzo chigi 1
Senza questi contributi, oggi il nostro debito sarebbe intorno al 127% del Pil invece che al 132. E non staremmo neppure a porci il problema se aumentare l' Iva per 23 miliardi di gettito in più, visto che avremmo 60 miliardi di debito in meno.
La domanda sorge spontanea: se il debito di Portogallo, Spagna e Irlanda è così basso e così sostenibile, perché non ci rimborsano questi soldi? Così come è altrettanto falso che questi Paesi abbiano - negli anni successivi a questi aiuti - fatto più austerità dell' Italia. I numeri stanno lì impietosi a dimostrarlo. Portogallo, Spagna e Irlanda dal 2009 al 2017 hanno cumulato un rapporto deficit/Pil rispettivamente pari al 59%, al 70% e all' 86% contro un misero 32% del nostro Paese. In altre parole, se avessimo fatto come i lusitani in questi anni avremmo immesso nell' economia (attraverso minori tasse e maggiore spesa) la bellezza di 470 miliardi. Cifra che sale a 670 miliardi qualora avessimo fatto come Madrid e addirittura a 970 miliardi se ci fossimo comportati come Dublino.
CONTI IN DISORDINE
Qualcuno invoca quindi la nascita di un governo giallorosso con la scusa che i nostri conti pubblici non sarebbero in ordine mentre nell' agenda del possibile governo PD-M5S si arriva contemporaneamente e schizofrenicamente a ipotizzare un deficit del 2,9%, addirittura superiore a quello di quest' anno, mentre mai come oggi il nostro debito è stato così sostenibile dal momento che sul Btp a 10 anni paghiamo l' 1,3% annuo: per intenderci, un valore addirittura inferiore a quanto pagavamo nel 2016 nel pieno della campagna referendaria.
NICOLA ZINGARETTI E MATTEO RENZI
Demenziale appare infine la proposta dell' ex sottosegretario Pd Enrico Morando di tagliare quota 100 a fronte del nulla e cioè del mancato aumento dell' Iva. Come dire: ti spezzo il mignolino e sii felice perché avrei potuto romperti la mano. Quale situazione migliore, quindi, per uno choc fiscale?
Diceva Winston Churchill: «Una nazione che si tassa nella speranza di diventare prospera è come un uomo in piedi in un secchio che cerca di sollevarsi tirando il manico».