LA CAPITALE È SEMPRE NELLE MANI DELL’OTTAVO RE DI ROMA, ALIAS MANLIO CERRONI – LA DISCARICA DI MALAGROTTA È CHIUSA DA DUE ANNI, MA LO SMALTIMENTO DEI VELENI È AL PALO E CON LE PIOGGE C’E' IL RISCHIO ESONDAZIONE

MANLIO CERRONIMANLIO CERRONI

Fulvio Fiano per il “Corriere della Sera - Roma”

Ogni pioggia porta i brividi sulla schiena degli abitanti della Valle Galeria. Ma più del freddo fa la paura. Gli interventi di bonifica e messa in sicurezza sono fermi a zero: la discarica di Malagrotta rischia di tracimare.

 

Nella discarica più grande d’Europa, pur se dismessa, tra i rifiuti accumulati in trent’anni di sversamento, c’è una bomba d’acqua velenosa. Inquinata e inquinante già oggi, un avvelenamento lento ma costante. Inquinante e pericolosa ancora oggi, a quattro anni dalle prescrizioni della giunta Alemanno per metterla in sicurezza e a due anni dalla chiusura. Una bomba a cielo aperto mai disinnescata, come ribadito nell’ultima seduta della commissione bicamerale d’inchiesta sui rifiuti.

manlio cerronimanlio cerroni

 
L’audizione dei due professori del Politecnico di Torino, incaricati di una perizia sulla discarica dal Consiglio di Stato e il cui report ha già dato materiale alle inchieste della procura su Manlio Cerroni, ha i toni dell’emergenza. L’allarme è evidente. Finita l’era commissariale, la gestione è tornata alle società del Re dei rifiuti. Campidoglio e Regione hanno un potere di indirizzo ma blandi strumenti di pressione. I ricorsi legali si sovrappongono e i tempi della giustizia non sono brevi. A far precipitare la situazione potrebbe bastare qualche giorno di pioggia.

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«L’inquinamento nella falda del fiume Galeria già c’è. E non essendo stato fatto nulla, continua anche adesso. Bisogna essere sicuri che l’utilizzo di quest’acqua non sia a scopo agricolo e che nessuno si sogni di berla», è il riassunto di Rajandrea Sethi e Mariachiara Zanetti. Secondo il complesso studio dei due esperti, c’è un elevato dislivello tra la quantità d’acqua all’interno della discarica e quella nel sottosuolo perimetrale. Dato che compromette l’efficacia delle pareti impermeabili (polder) costruite nel 1987.

 

La soluzione definitiva sarebbe pompare via dalla discarica l’acqua eccedente (da 1,4 a 7,5 milioni metri cubi) attraverso 30 o 50 pozzi di estrazione, con un lavoro che può durare cinque anni. Intanto andrebbe evitato che altra acqua piovana penetri, ma il capping (la copertura di terreno e argilla) è presente in una porzione minima dei 240 ettari dell’area che riceveva fino a 5.000 tonnellate di rifiuti al giorno.

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A valle di Malagrotta ci sono sostanze inquinanti in quantità più elevata di quanto siano a monte. Elementi chimici tipici dei rifiuti ma anche metalli come arsenico e nichel, in teoria non attribuibili alla discarica. Forse però spiegabili con quanto riversato nell’invaso nei primi anni di attività, quando controlli e divieti erano molto blandi. E se continua a piovere sui rifiuti, gli esperti del Politecnico prevedono due scenari: «Il primo, è che il livello d’acqua interno si stabilizzi, perché ne defluisce in parte uguale attraverso il polder. L’altra è che ci sia una tracimazione verso l’esterno. Sicuramente un’evenienza poco auspicabile» . 
 

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