CONSOLIAMOCI, L’AMERICA CROLLA - PAUL AUSTER: “DALLA TECNOLOGIA ALL’ECONOMIA, SCIVOLIAMO INDIETRO - LA PARALISI POLITICA CI BLOCCA NEL PRESENTE, E LA DISTANZA TRA RICCHI E POVERI AUMENTA”

Paolo Mastrolilli per La Stampa

«Preferisco domandare, piuttosto che credere». Partiamo da questo assioma, per parlare con Paul Auster del suo nuovo libro Report from the Interior, uscito martedì in America. Dopo Diario d'inverno, in cui aveva raccontato la storia del suo corpo, arriva adesso «la memoria di come sono diventato una persona pensante».

Una riflessione sui grandi temi della vita, l'identità ebraica, Dio, la fede nella letteratura, la delusione per gli Usa che «stanno attraversando un periodo molto difficile, un momento basso della nostra storia». Martedì sarà in libreria anche in Italia, per Einaudi, col titolo Notizie dall'interno.

Da bambino le raccontavano che l'America era un paradiso, e lei ce la metteva tutta per crederci. Poi cosa è successo?
«Non sono rimasto deluso dal mio paese, però ho smesso di guardarlo con le lenti del mito, bello ma non vero. Siamo nati da due genocidi, lo sterminio degli indiani e la schiavitù dei neri, che sono i nostri peccati originali. Poi, come tutti, passiamo attraverso alti e bassi, e ora siamo in un periodo molto basso».

Perché?
«Non pensiamo più al futuro, all'interesse comune. E ogni volta che ce ne occupiamo, prendiamo le decisioni sbagliate».

Ci fa qualche esempio?
«Stiamo perdendo il treno della modernità. Abbiamo infrastrutture cadenti, strade, ponti e ferrovie superate, ma non facciamo nulla. Stiamo scivolando indietro anche nella tecnologia, e non pensiamo a come dovremmo istruire meglio i nostri figli. In economia, nessuno si preoccupa di cosa fare per crescere e creare lavoro: solo piccoli interessi di breve periodo. La paralisi politica ci blocca nel presente, e la distanza tra ricchi e poveri aumenta. Non è bene, per una democrazia».

Colpa del presidente Obama, dei repubblicani, o della cultura cambiata?
«Tutti questi fattori. Però bisogna dire che se Obama tenesse un discorso per affermare che il cielo è blu, i repubblicani del Tea Party insorgerebbero per dire che è verde. E se lui concedesse che in effetti è un po' verde, risponderebbero che è blu. È pazzesco, non ho mai visto un odio così ottuso contro un presidente».

Oggi è il cinquantesimo anniversario dell'uccisione di Kennedy: questa spaccatura cominciò allora?
«Avevo sedici anni, ma lo ricordo come adesso. La domenica dopo l'omicidio andai a Washington per vedere il corteo, e fu il giorno in cui Ruby uccise Oswald. Insieme all'11 settembre 2001, è stato uno dei due giorni più scioccanti della mia vita, capaci di cambiare la storia. Ha ancora ripercussioni, però non credo che i problemi di oggi iniziarono allora: abbiamo avuto altri momenti difficili, anche altri presidenti uccisi. La divisione di adesso è recente, e forse anche più pericolosa».

Durante l'amministrazione Bush, ci disse che New York doveva separarsi dagli Usa e diventare uno Stato indipendente. Ora che avete eletto il nuovo sindaco liberal de Blasio, volete ancora la secessione, o pensate di poter guidare il rinnovamento del paese?
«La scissione naturalmente era uno scherzo, però alle volte penso davvero che New York dovrebbe essere uno Stato indipendente. È la città più aperta al mondo e incarna il meglio degli Stati Uniti, a cominciare dalla tolleranza, anche se il resto del paese non ci crede. Sarebbe bello se riuscissimo a indicare una nuova strada».

Molte pagine del nuovo libro sono dedicate alla scoperta della sua identità ebraica: si è sentito discriminato?
«Era un'altra America, quella in cui sono cresciuto. C'era un antisemitismo latente, che ora è diminuito, anche se restano sacche di odio verso noi e i neri».

Fuori degli Usa, molti pensano che siete un paese amico di Israele e condizionato dalla lobby ebraica: hanno torto?
«Un conto è la politica, un altro la società. In politica anche molti paesi europei pensano che Israele sia un baluardo occidentale da difendere. Sionismo e giudaismo, però, sono due cose diverse. Qui in America ci sono ancora dei pazzi che odiano gli ebrei, e fondamentalisti cristiani che amano Israele perché pensano che sia il luogo dove tornerà il Messia».

Ecco, Dio. È molto presente nel libro: che rapporto ha con lui?
«È un tema su cui mi interrogo da sempre, ma non mi riconosco nelle versioni della tradizione cristiana, ebraica o islamica. L'universo non lo abbiamo creato noi. Se la risposta che vuoi dare a questo mistero è il caso, la scienza, o Dio, per me va bene. Ma è assurdo credere a un essere antropomorfo che ci ha creati».

Lei racconta la sua delusione quando, vedendo il filmLa guerra dei mondi, gli alieni invasori della Terra non si fermarono neppure davanti al pastore che brandiva la croce.
«È stato uno shock da cui non mi sono mai ripreso: Dio non era l'essere onnipotente che mi avevano fatto credere».

Non sarebbe stato più facile così?
«Forse, ma non sono più riuscito a crederci. Non solo per il film, naturalmente. È una visione infantile».

Visto che il nuovo libro ha l'ambizione di affrontare questi grandi nodi della vita, le pare che stiamo andando nella direzione giusta?
«In Europa c'è sicuramente meno fervore. In America la maggior parte delle persone basa ancora la vita sulla fede, per non parlare di quanto succede nel mondo islamico. La religione resta fondamentale per miliardi di esseri umani, ma io trovo maggior conforto nel domandare, invece di credere ai dogmi».

In una lettera scritta alla sua ex moglie Lydia Davis, lei diceva che «l'arte dovrebbe bussare selvaggiamente alle porte dell'eternità». Ci crede ancora?
«Ero molto giovane, pieno di entusiasmo. Però non penso che l'arte possa restare chiusa tra le sue mura, mentre la società crolla. Come la giustifichi, sennò? Non è politica, e la capacità di avere un impatto è spesso frustrante. A volte, però, il piacere dell'arte diventa la ragione fondamentale per essere vivi».

Abbastanza per continuare a scrivere?
«Non ho scelta, no? E poi avete mai pensato a cosa sarebbe il mondo, senza l'arte?».

 

 

Paul Austergeorge bush seniorGeorge Bush CHRIS CHRISTIE E BARACK OBAMA BARACK OBAMA SI TOGLIE LA GIACCA america energia CONGRESSO AMERICANO La bandiera americana viene piantata sul suoloBimba con bandiera americana

Ultimi Dagoreport

banca generali lovaglio francesco gaetano caltagirone philippe donnet alberto nagel milleri

DAGOREPORT - DA QUESTA MATTINA CALTAGIRONE HA I SUDORI FREDDI: SE L’OPERAZIONE DI ALBERTO NAGEL ANDRÀ IN PORTO (SBARAZZARSI DEL CONCUPITO “TESORETTO” DI MEDIOBANCA ACQUISENDO BANCA GENERALI DAL LEONE DI TRIESTE), L’82ENNE IMPRENDITORE ROMANO AVRÀ BUTTATO UN PACCO DI MILIARDI PER RESTARE SEMPRE FUORI DAL “FORZIERE D’ITALIA’’ - UN FALLIMENTO CHE SAREBBE PIÙ CLAMOROSO DEI PRECEDENTI PERCHÉ ESPLICITAMENTE SOSTENUTO DAL GOVERNO MELONI – A DONNET NON RESTAVA ALTRA VIA DI SALVEZZA: DARE UNA MANO A NAGEL (IL CEO DI GENERALI SBARRÒ I TENTATIVI DI MEDIOBANCA DI ACQUISIRE LA BANCA CONTROLLATA DALLA COMPAGNIA ASSICURATIVA) - PER SVUOTARE MEDIOBANCA SOTTO OPS DI MPS DEL "TESORETTO" DI GENERALI, VA BYPASSATA LA ‘’PASSIVITY RULE’’ CONVOCANDO  UN’ASSEMBLEA STRAORDINARIA CHE RICHIEDE UNA MAGGIORANZA DEL 51% DEI PRESENTI....

volodymyr zelensky donald trump vladimir putin moskva mar nero

DAGOREPORT - UCRAINA, CHE FARE? LA VIA PER ARRIVARE A UNA TREGUA È STRETTISSIMA: TRUMP DEVE TROVARE UN ACCORDO CHE PERMETTA SIA A PUTIN CHE A ZELENSKY DI NON PERDERE LA FACCIA – SI PARTE DALLA CESSIONE DELLA CRIMEA ALLA RUSSIA: SAREBBE UNO SMACCO TROPPO GRANDE PER ZELENSKY, CHE HA SEMPRE DIFESO L’INTEGRITÀ TERRITORIALE UCRAINA. TRA LE IPOTESI IN CAMPO C'E' QUELLA DI ORGANIZZARE UN NUOVO REFERENDUM POPOLARE NELLE ZONE OCCUPATE PER "LEGITTIMARE" LO SCIPPO DI SOVRANITA' - MA SAREBBE UNA VITTORIA TOTALE DI PUTIN, CHE OTTERREBBE TUTTO QUEL CHE CHIEDE SENZA CONCEDERE NIENTE…

funerale di papa francesco bergoglio

DAGOREPORT - COME È RIUSCITO IL FUNERALE DI UN SOVRANO CATTOLICO A CATTURARE DEVOTI E ATEI, LAICI E LAIDI, INTELLETTUALI E BARBARI, E TENERE PRIGIONIERI CARTA STAMPATA E COMUNICAZIONE DIGITALE, SCODELLANDO QUELLA CHE RESTERÀ LA FOTO DELL’ANNO: TRUMP E ZELENSKY IN SAN PIETRO, SEDUTI SU DUE SEDIE, CHINI UNO DI FRONTE ALL’ALTRO, INTENTI A SBROGLIARE IL GROVIGLIO DELLA GUERRA? - LO STRAORDINARIO EVENTO È AVVENUTO PERCHÉ LA SEGRETERIA DI STATO DEL VATICANO, ANZICHÉ ROVESCIANDO, HA RISTABILITO I SUOI PROTOCOLLI SECOLARI PER METTERE INSIEME SACRO E PROFANO E, SOPRATTUTTO, PER FAR QUADRARE TUTTO DENTRO LO SPAZIO DI UNA LITURGIA CHE HA MANIFESTATO AL MONDO QUELLO CHE IL CATTOLICESIMO POSSIEDE COME CULTURA, TRADIZIONE, ACCOGLIENZA, VISIONE DELLA VITA E DEL MONDO, UNIVERSALITÀ DEI LINGUAGGI E TANTE ALTRE COSE CHE, ANCORA OGGI, LA MANIFESTANO COME L’UNICA RELIGIONE INCLUSIVA, PACIFICA, UNIVERSALE: “CATTOLICA”, APPUNTO - PURTROPPO, GLI UNICI A NON AVERLO CAPITO SONO STATI I CAPOCCIONI DEL TG1 CHE HANNO TRASFORMATO LA DIRETTA DELLA CERIMONIA, INIZIATA ALLE 8,30 E DURATA FINO AL TG DELLE 13,30, IN UNA GROTTESCA CARICATURA DI “PORTA A PORTA”, PROTAGONISTI UNA CONDUTTRICE IN STUDIO E QUATTRO GIORNALISTI INVIATI IN MEZZO ALLA FOLLA E TOTALMENTE INCAPACI…- VIDEO

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - COSA FRULLAVA NELLA TESTA TIRATA A LUCIDO DI ANDREA ORCEL QUANDO STAMATTINA ALL’ASSEMBLEA GENERALI HA DECISO IL VOTO DI UNICREDIT A FAVORE DELLA LISTA CALTAGIRONE? LE MANGANELLATE ROMANE RICEVUTE PER L’OPS SU BPM, L’HANNO PIEGATO AL POTERE DEI PALAZZI ROMANI? NOOO, PIU' PROBABILE CHE SIA ANDATA COSÌ: UNA VOLTA CHE ERA SICURA ANCHE SENZA UNICREDIT, LA VITTORIA DELLA LISTA MEDIOBANCA, ORCEL HA PENSATO BENE CHE ERA DA IDIOTA SPRECARE IL SUO “PACCHETTO”: MEJO GIRARLO ALLA LISTA DI CALTARICCONE E OTTENERE IN CAMBIO UN PROFICUO BONUS PER UNA FUTURA PARTNERSHIP IN GENERALI - UNA VOLTA ESPUGNATA MEDIOBANCA COL SUO 13% DI GENERALI, GIUNTI A TRIESTE L’82ENNE IMPRENDITORE COL SUO "COMPARE" MILLERI AL GUINZAGLIO, DOVE ANDRANNO SENZA UN PARTNER FINANZIARIO-BANCARIO, BEN STIMATO DAI FONDI INTERNAZIONALI? SU, AL DI FUORI DEL RACCORDO ANULARE, CHI LO CONOSCE ‘STO CALTAGIRONE? – UN VASTO PROGRAMMA QUELLO DI ORCEL CHE DOMANI DOVRA' FARE I CONTI CON I PIANI DELLA PRIMA BANCA D'ITALIA, INTESA-SANPAOLO…

donald trump ursula von der leyen giorgia meloni

DAGOREPORT - UN FACCIA A FACCIA INFORMALE TRA URSULA VON DER LEYEN E DONALD TRUMP, AI FUNERALI DI PAPA FRANCESCO, AFFONDEREBBE IL SUPER SUMMIT SOGNATO DA GIORGIA MELONI - LA PREMIER IMMAGINAVA DI TRONEGGIARE COME MATRONA ROMANA, TRA MAGGIO E GIUGNO, AL TAVOLO DEI NEGOZIATI USA-UE CELEBRATA DAI MEDIA DI TUTTO IL MONDO. SE COSÌ NON FOSSE, IL SUO RUOLO INTERNAZIONALE DI “GRANDE TESSITRICE” FINIREBBE NEL CASSETTO, SVELANDO IL NULLA COSMICO DIETRO AL VIAGGIO ALLA CASA BIANCA DELLA SCORSA SETTIMANA (L'UNICO "RISULTATO" È STATA LA PROMESSA DI TRUMP DI UN VERTICE CON URSULA, SENZA DATA) - MACRON-MERZ-TUSK-SANCHEZ NON VOGLIONO ASSOLUTAMENTE LA MELONI NEL RUOLO DI MEDIATRICE, PERCHÉ NON CONSIDERANO ASSOLUTAMENTE EQUIDISTANTE "LA FANTASTICA LEADER CHE HA ASSALTATO L'EUROPA" (COPY TRUMP)...