
QUEL PASTICCIACCIO BRUNO ALLA CONSULTA – IL CANDIDATO FORZISTA FA UN PASSO INDIETRO, IN BILICO ANCHE VIOLANTE, IL CANDIDATO SCOVATO PER IL PD DA GIANNI LETTA - RENZI PRONTO A METTERE IN CAMPO AUGUSTO BARBERA
1. DAGONEWS
Arrivati alla quindicesima votazione a vuoto, e nonostante un duro monito di Re Giorgio, Forza Italia e Pd non sono in grado di eleggere i loro candidati alla Consulta. Il forzista Donato Bruno ha già fatto un mezzo passo indietro, rimettendo la propria candidatura nelle mani di Silvio Berlusconi.
A bordo campo si scalda per il suo posto il vispo penalista friulano Maurizio Paniz, ma il pittoresco ex deputato azzurro non sembra trovare i giusti consensi. Sempre coperta, ma forte, la carta del professore della Cattolica Angelo Giarda.
In casa democrat, la candidatura di Violante rischia di cadere con quella di Bruno per una sorta di par condicio, o meglio di onore delle armi, nei confronti dell’avvocato pugliese. Del resto il nome di Violante non era stata un’idea di Renzi, ma una trovata di Gianni Letta che si considera il padrino della svolta garantista di Violante, un tempo profeta delle procure e delle toghe rosse. Il nome che piace a Renzi a questo punto è quello giusto: quello del costituzionalista bolognese Augusto Barbera.
2.“CONSULTA, BRUNO FA UN PASSO INDIETRO”
Liana Milella per “la Repubblica”
La storia infinita di Csm e Consulta continua. Per un passo avanti — Giovanni Legnini eletto vice presidente del Csm — ce ne sono almeno due indietro. La prima: sempre al Csm, davanti a un adombrato Napolitano che critica un Parlamento «frettoloso e disattento al laborioso processo di selezione », un consigliere appena eletto dalle Camere, la giurista napoletana Teresa Bene, indicata dal Guardasigilli Andrea Orlando, è costretta a lasciare perché all’unanimità lo stesso Consiglio ratifica che non ha i titoli sufficienti per restare. La seconda: a Montecitorio va a vuoto la votazione numero 15 sulla Consulta.
Pd e Forza Italia, senza un’intesa, mettono nell’urna la scheda bianca. Nuovo tentativo domani. Tra i candidati non ci sarà più Donato Bruno, che ha fatto il passo indietro con una lettera a Berlusconi in cui «rimette nelle sue mani la candidatura». Nebbia sugli outsider. In calo Paniz. Fi cerca un’intesa con la Lega. Il Pd è sempre per Violante. Ma il rifiuto forzista di votarlo potrebbe costringere i Dem a cambiare cavallo.
La notizia del giorno resta quella di Bene. Annunciata dal tam tam della notte. Tant’è che lei arriva nella sala Bachelet — tailleur pantalone blu, capelli neri, aria nera — facendosi precedere da una memoria in cui tenta di dimostrare che ha i titoli. Niente da fare invece. È senza appello il verdetto della commissione che li verifica. Lo legge la togata più votata del Csm, Maria Rosaria Sangiorgio.
matteo renzi a chetempochefa 3
Bene non è professore ordinario e non ha 15 anni da avvocato. Laddove s’intende avvocato sul campo, né semplice iscrizione all’albo, né consulenze. La giurista si difende. Ma è costretta a uscire prima del voto. Contrario all’unanimità. Dirà Legnini che «il caso lo addolora nel merito, ma non appanna il prestigio dell’istituzione ».
Davvero Bene deve restar fuori? È colpa di chi l’ha proposta e non ha verificato i titoli? O il Csm ha tirato il primo fendente contro Renzi e Orlando per via della politica anti-toghe? Diventa il caso della giornata, pure in Parlamento, dove si apre un silente “processo” a Orlando. Stiamo ai fatti. Gli amici di Bene, autorevoli e noti magistrati di Napoli, dicono che la bocciatura è «una vendetta contro il governo».
«Una porcata» perché lo scorso Csm ha fatta un’eccezione per il leghista Albertoni che si era cancellato dall’ordine degli avvocati, ma lo era stato per 30 anni. Poi c’è il partito anti-Orlando. Chi gli butta addosso la colpa. Perché è stato lui a indicarla (era sua consulente al ministero dell’Ambiente). Per la verità, dopo la prima proposta e i primi dubbi su di lei, Orlando ha cercato di sostituirla con Anna Rossomando, ma Fi ha detto niet. I dubbi c’erano. Scritti sui giornali.
Detti esplicitamente al ministro da Rosy Bindi e da Donatella Ferranti. La prima ieri è uscita con un «glielo avevo detto». La seconda, ex segretaria del Csm, ha ribadito la sua posizione. Nel Pd il caso fa rumore. In via Arenula si respira un’aria pesante, perché gli uffici avrebbero minimizzato l’assenza di titoli e soprattutto si sarebbero fidati di un parere positivo per la Bene di Guido Alpa, il presidente del Consiglio nazionale forense. Pareva bastasse l’iscrizione all’Albo degli avvocati. Ma non era così. Forza Italia ovviamente ci sguazza. Brunetta, «dov’è la meraviglia, lo dicevano tutti nel Pd...».
Gasparri, «che vergogna, se l’avessimo fatto noi ci avrebbero arrestato in aula...». Per Orlando la giornata è nera. Non viene neppure a votare per la Consulta, ma va al Consiglio dei ministri.
Neanche a farlo apposta, in commissione al Senato, dove si discute della responsabilità civile, il testo del governo non viene accettato come emendamento al testo Buemi. Se ne riparlerà in aula. Oggi sarà ancora scontro alla Camera sull’autoriciclaggio perché la proposta di Orlando — doppia corsia di punibilità per i reati sopra o sotto i 5 anni — deve fare i conti con l’umor nero delle toghe esperti di reati economici.