
MATTEONZO MILLE VOLTI - DALLE APERTURE A DESTRA (CON IL VIA LIBERA A LA RUSSA PRESIDENTE DEL SENATO) ALLA SINTONIA CON ELLY SCHLEIN FINO ALLE LUSINGHE A CONTE: LA METAMORFOSI DI MATTEO RENZI CHE APRE AL M5S NELLA CONSAPEVOLEZZA CHE SE LE OPPOSIZIONI NON SI UNIRANNO RIVINCERA’ GIORGIA MELONI – “I VOTI DI CONTE SARANNO DECISIVI, IL DISCRIMINE È SE DECIDERÀ DI NON STARCI. SE LO FARÀ REGALERÀ ALTRI 5 ANNI A MELONI” – QUANDO RENZI DECAPITÒ “GIUSEPPI” PER APRIRE LA STRADA AL GOVERNO DI MARIO DRAGHI…
Roberto Gressi per corriere.it - Estratti
MATTEO RENZI E GIUSEPPE CONTE - MEME BY EMILIANO CARLI
Un cambio di passo netto, radicale, senza se e senza ma. Prima i sospetti di intelligenza con il nemico, a cominciare dal via libera a Ignazio La Russa presidente del Senato, quando addirittura Forza Italia, sotto la spinta di Licia Ronzulli, voleva dargli un manrovescio, almeno al primo voto.
Poi gli ammiccamenti, un po’ veri e un po’ presunti, a Giorgia Meloni, che comunque mai si fidò a voltargli le spalle. Infine, la svolta, sancita da un libro feroce contro la presidente del Consiglio: L’influencer. Matteo Renzi non ha più dubbio alcuno su quanto Giorgia non sia «all’altezza di guidare l’Italia». E gli fa un baffo che i maligni dicano che l’esplosione di livore dipenda dalla legge che gli vieta di farsi pagare per le conferenze all’estero.
Perché ora, soprattutto, si propone un obiettivo di lunga lena: buttarla giù di sella alle elezioni politiche del 2027. E, per farlo, diventa un paladino del mantra di Elly Schlein. Che recita così: la nostra marcia è lenta ma sicura, e il centrodestra non avrà scampo se tutte le opposizioni si uniranno.
MATTEO RENZI E GIUSEPPE CONTE COME LUKAKU E IBRA
Che mettere tutti insieme sia impresa titanica, da cammello che passa per la cruna dell’ago, lo sanno tutti. Ma chi ha paura non va alla guerra e che ogni lunga marcia cominci con un piccolo passo Renzi lo sa di suo, senza bisogno che Mao Tse Tung stia lì a spiegarglielo. Così, mentre l’antico sodale Carlo Calenda dice che i 5 Stelle debbano al più presto essere cancellati dall’Italico suolo, Matteo sostiene ora che no, l’errore è da matita blu, perché senza i voti di Giuseppe Conte mai e poi mai si vinceranno le elezioni. Attenzione: non dice senza il Movimento, ma proprio senza Giuseppe.
Riconoscendogli una leadership indiscussa della sua area, dopo la scissione di Luigi Di Maio, dopo i tentativi di Beppe Grillo di farlo fuori, dopo gli sgambetti di metà della politica e pure dell’altra mezza. Quindi aggiunge: «I voti di Conte saranno decisivi, il discrimine è se deciderà di non starci e di marcare una differenza. Se lo farà regalerà altri cinque anni a Meloni».
Chiamatelo spregiudicato, corsaro o pirata, ma la duttilità di Renzi per raggiungere uno scopo, a suo modo di vedere, è da manuale della politica. Chi ha avuto ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato ha dato, scordiamoci il passato. Però mica è facile. Tutti ricordano che fu Matteo a decapitare Giuseppe e ad aprire la strada al governo di Mario Draghi. Essere espulsi da Palazzo Chigi non piace a nessuno, ma, direbbe Conte, soprattutto «il modo ancor m’offende». Renzi allora lo giudicava un miracolato, una figurina di cartone, un usurpatore, ma lui sperava di poter resistere. E qui ecco l’umiliazione. Messaggi di Giuseppe a Natale: auguri Matteo! E a Capodanno: auguri Matteo! Alla Befana: possiamo cambiare insieme il Recovery Matteo! Unica risposta un secco: buona Epifania, che come si sa tutti i governi si porta via, e soprattutto quello di Conte, che è un incapace che cerca di mettere su un’armata Brancaleone che gli salvi la cadrega.
mateo renzi e luigi marattin con giuseppe conte e ettore licheri
Perché Giuseppe è «uno statista in erba», che mette veti con «una visione tardo adolescenziale della politica». «È un uomo senza dignità, si conferma una banderuola che cambia idea a seconda delle convenienze». Ora dice: «Non dobbiamo andare a cena insieme, l’alleanza si fa con i diversi, non con gli amici». Ma prima ancora: «È ossessionato da me. È così poco autorevole che non lo chiama nessuno a fare conferenze. Mi odia perché l’ho tolto da Chigi, i 5 Stelle sono una succursale di Poltrone e sofà. È come quei clown a fine carriera che non fanno più ridere. Le sue frasi sulla pace vanno bene per miss Italia. È un bullo di periferia. Deve avere coraggio, non essere un fantoccio. Non è cattivo, ma di politica non capisce un granché.
Stava lì (a Chigi) a sorridere e a ordinare banchi a rotelle. I 5 Stelle vanno finendo, sono spariti. Conte può stare sereno… Mi attacca in modo sguaiato. I 5 Stelle sono una banda di scappati di casa. Pronto a un confronto con Di Maio, gli do tre congiuntivi di vantaggio. Per Conte viene prima il suo destino personale, poi il bene comune. Sono una piccola banda di imbroglioni, e con questi, nel Pd, c’è pure chi vuole farci un accordo».
Campo minato, per Elly Schlein, la ricerca dell’unità di opposizioni così rissose. Nel suo partito più d’uno le consiglia di cambiare strada. Ma lei non ci crede e pensa, con le sue ragioni, che ogni altra strategia sia velleitaria, minoritaria, e quindi destinata alla sconfitta. Certo però, è difficile che le venga in mente di usare Matteo Renzi come ambasciatore verso Giuseppe Conte, pur non ignorando le sue indiscusse capacità diplomatiche.
renzi conte
GIUSEPPE CONTE - MATTEO RENZI
renzi mejo dello sciamano di washington
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