DAGO-RETROSCENA DAL G7 - TRA GLI SHERPA S'È RADICATO UN SOSPETTO: IL MANCATO ACCORDO SUL CLIMA È MATURATO PER LA RIGIDITÀ DELLA MERKEL NELLA TRATTATIVA, SPALLEGGIATA DA MACRON - ATTEGGIAMENTO CHE HA SPINTO TRUMP A FAR SALTARE IL TAVOLO - LA CANCELLIERA NON POTEVA PERMETTERE CHE L’ACCORDO FOSSE RAGGIUNTO IN ITALIA: VUOLE CHE SI SANCISCA AL G20 DI AMBURGO, IN GERMANIA
1 - DAGONEWS
Tra gli sherpa del G7 s'è radicato un sospetto: il mancato accordo sul Clima è maturato per la rigidità della Merkel nella trattativa, spalleggiato da Macron. Atteggiamento che ha spinto Trump a far saltare il tavolo. Angela non poteva permettere all'Italia di raggiungere il risultato: lo voleva per la Germania. Il 7-8 luglio ad Amburgo è in programma il G20. Lì si troveranno anche Cina e India (primo inquinatori mondiali, con gli Usa). Ed in quella sede - dicono gli sherpa - l'accordo potrebbe arrivare. Anche per questo Trump si è preso "qualche settimana" per accettare o meno l'accordo sulla riduzione delle emissioni inquinanti, come stabilito dell'intesa di Parigi.
theresa may donald trump angela merkel
2 - IL G7 SI SPACCA SUL CLIMA ACCORDO AL RIBASSO SU COMMERCI E MIGRANTI
Marco Zatterin per “la Stampa”
I l G7 durerà ancora una settimana, ha deciso Donald Trump. E' il tempo che gli Stati Uniti si sono presi via Twitter per confermare o meno la partecipazione agli accordi contro il cambiamento climatico siglati a Parigi nel 2015. In due giorni di confronti e pressioni a Taormina, attaccato frontalmente soprattutto da Angela Merkel, il presidente americano non si è mosso di un centimetro dal suo universo di carbone.
angela merkel e marito con donald e melania trump
«Indispensabile per la reputazione degli Usa che confermi i patti», lo ha incalzato il francese Macron. «Conclusione molto insoddisfacente», ha notato la cancelliera tedesca, costretta in terra siciliana a una non indifferente serie di duelli con l' uomo della Casa Bianca, spesso isolato in un confronto definito «carico di antagonismi» il cui punteggio, sull' ambiente, ha portato un secco «sei a uno».
Dalle conclusioni brevi del «summit dei leader del mondo libero», come lo chiama il premier Paolo Gentiloni, emergono buoni motivi per essere delusi. Lo scacco a orologeria sul Clima è davvero irritante, come lo è il linguaggio inevitabilmente lasco sui migranti, questione che sul tavolo del G7 resta comunque un sovrappiù dove però si è sottolineata l' esigenza di investire in Africa per frenare i flussi e di garantire il diritto di difendere i propri confini.
angela merkel saluta melania trump
Un parziale sollievo lo regala l' intesa rappattumata nottetempo sul commercio, confezionata per dire che il protezionismo non tutela e che gli scambi aiutano lo sviluppo economica, ma anche per confessare - ed è una prima assoluta - che la globalizzazione non ha fatto bene a tutti, una verità che sa molto di «effetto Trump». Sulla Russia va in scena un cerchiobottismo di minacce e offerta di dialogo «nella differenza» per affrontare le grandi insidie geopolitiche, mentre corre la cooperazione antiterrorismo e prelude ad un dialogo globale complesso con Facebook & Co. per frenare la jihad.
I critici dicono che il G7 non serve, i partigiani del Club parlano di formula che si evolve, gli osservatori vedono una grossa quantità di meccanismi che meritano di essere regolati e in fretta. Certo che con Hillary Clinton presidente le cose sarebbero state differenti e il «Truman Show», come negli ambienti diplomatici si è battezzata l' amministrazione Trump, ha sparigliato i giochi. Se ne sono accorti gli sherpa che hanno fatto l' alba per riscrivere il comunicato, particolarmente quelli che fra loro ricordavano occasioni in cui il testo era sigillato con grande anticipo. «Ci criticavate per questo - ha ricordato Gentiloni -. Stavolta è successo qualcosa: ci siamo confrontati».
Qualcosa era già successo venerdì, quando una battagliera Angela Merkel le aveva cantate al presidente Trump sui dissensi climatici e commerciali, con il canadese Trudeau rapido a darle man forte, in stretto sodalizio col francese Macron. I due «ragazzi» di Taormina non hanno comunque fatto a meno di beccarsi sulla «reciprocità» degli scambi che l' uomo di Ottawa trova minacciosa per la dottrina multilaterale.
Nel testo finale, quest' ultima è stata preservata coi riferimenti al Wto e «l' importanza di un sistema basato sulle regole». Non lo dice nessuno con chiarezza, ma qui la Casa Bianca si è avvicinata ai partner.
Sugli accordi di Parigi per evitare il surriscaldamento della terra non è andata altrettanto liscia. Merkel e Macron, più di tutti, hanno battagliato. «Ci sono differenze non secondarie che non scopriamo oggi - ha sottolineato Gentiloni -. La partecipazione americana è necessaria e intanto non retrocederemo d' un millimetro». «Adesso sa bene quali sono i vantaggi», dice una fonte francese e anche i leader africani lo hanno marcato stretto. Se «fra una settimana» Washington dovesse decidere di restare sul carro del Cop21, il G7 siciliano assumerebbe un' altra luce. «Non ho la più pallida idea di cosa farà», concede Gentiloni. In realtà i diplomatici pensano che non straccerà la Carta di Parigi ma, allo stesso tempo, non darà una risposta cristallina.
Bisognerà negoziare ancora. Il G7, in fondo, è nato per questo. L'arrivo di Trump ha smosso le cose. Ha riaperto il dibattito sul senso di «equo scambio», che per Washington forse vuol dire «facciamo ciò che ci pare», ma per gli altri è un «facciamo tutto con le giuste regole». Non è una disfatta. «Impegno equilibrato», dice l' americano degli europei, fra i quali si è notato il silenzio della britannica May. Si è avviato un processo. Fra un anno, a Charlevoix in Québec, bisognerà essere più concreti.
Gentiloni dichiara a ragione che il successo vero è l' intesa antiterrorismo, per la forza del messaggio e le sue implicazioni telematiche. Gli italiani ritengono bilanciata la linea con la Russia e non rilevano intoppi su Corea del Nord, Libia, Siria. «Il nostro dovere comune è rinnovare la fiducia reciproca», recita il testo finale del vertice. In Sei hanno fatto il possibile per mostrare a Trump i vantaggi dell' odiato multilateralismo. Lui, più a suo agio a Riad che in Europa, potrebbe aver trovato nuovi spunti di riflessione. La prima verifica è climatica, fra una settimana. Poi ogni scenario è aperto.