DAGOESCLUSIVO: I PIANI DI MATTARELLA - SE I PARTITI NON GLI GARANTISCONO I VOTI A UN GOVERNO DI RESPONSABILITÀ GUIDATO DA SALVINI, NOMINA UNA PERSONALITÀ TERZA (HA TRE NOMI COPERTI) - NON INTENDE DARE UN INCARICO AL BUIO AL LEADER LEGHISTA. PER UN MOTIVO FONDAMENTALE - DIETRO AL RIFIUTO DI DI MAIO A BERLUSCONI NON CI SONO LE CONDANNE: CON UN ACCORDO CON CENTRODESTRA (37%) VA IN MINORANZA IL M5S (32%)
DAGONEWS
Qual è la strategia di Mattarella? Prendere tempo. Allunga il brodo affinché i partiti si parlino tra loro prima di andare a parlare con lui. Lunedì ripartono le consultazioni al Quirinale, stavolta “rapide”, ma i contatti non si sono mai fermati. Avvengono al telefono, informali e soprattutto irrituali, ma ormai il sistema politico italiano si tiene in piedi anche grazie all’improvvisazione.
Luigi Di Maio, da manuale di psichiatria, da giorni attacca Salvini e la sua bramosia di poltrone, quando è il giovane di Pomigliano a desiderare ardentemente Palazzo Chigi. Quando gli ricapita? Ma la sua politica dei due forni ha irritato molto il Quirinale, che puntava a un accordo tra il centrodestra unito, con la sua maggioranza relativa in Parlamento (37%), e il Movimento 5 stelle (32%).
L’ipotesi di eliminare Berlusconi dal governo si scontra con l’attuale sistema elettorale, che prevede le coalizioni, e con l’esigenza di Mattarella di bilanciare la maggioranza grazie a un partito europeistae anti-populista, almeno sulla carta.
Invece Luigino ha sempre detto ‘no’ a questa ipotesi. Tutta la manfrina su Berlusconi pregiudicato nasconde in realtà una logica molto più terrena: se i grillini (32%) si alleano col centrodestra unito (37%), sono il partito di minoranza e si scordano le poltrone più importanti. Se invece l’accordo lo fanno solo con la Lega, che ha metà dei seggi (17%), i padroni diventano loro. Per questo anche l’accordo col Pd poteva andargli bene: il rapporto di forza era lo stesso: comandava l'ex steward del San Paolo.
Se Mattarella non ha gradito affatto l’atteggiamento di Di Maio in queste settimane, con Salvini le cose sono andate decisamente meglio. Ha gradito in particolare il modo in cui il leghista ha rimbalzato Di Maio e il suo appello a presentarsi uniti al Colle per chiedere il voto anticipato.
Il povero Luigino nell’arco di pochi giorni è stato preso in giro da Grillo, che lo ha mandato allo sbaraglio a chiedere governi a chiunque capitasse a tiro; da Salvini, che lo ha illuso di poter mollare Silvio per lui; e pure dal Pd, coi 5 Stelle che puntavano sul terzetto Franceschini-Orlando-Martina per spostare i voti renziani in Parlamento verso l’accordo. E invece nessuna transumanza…
Ma cosa vuole capire esattamente Mattarella dai partiti? Non ne ha già avuto abbastanza di queste chiacchiere che non portano da nessuna parte? No, e c’è un motivo fondamentale e istituzionalmente molto raffinato.
Il Presidente della Repubblica vuole la garanzia che un incarico a Salvini – per un governo di responsabilità che si occupi di legge elettorale e finanziaria – possa trovare una maggioranza in Parlamento. Nel centrodestra si parla tanto di ‘poche decine di parlamentari’ da convincere. Ecco, Mattarella esige nomi e cognomi.
luigi di maio berlusconi salvini meloni
Se riuscisse a strappare un voto di fiducia in cambio di un governo “di responsabilità”, Salvini resterebbe in carica poco meno di un anno, fino alla prossima primavera (l’Unione Europea vieta che si tengano lo stesso giorno le elezioni politiche e quelle per il Parlamento UE, che saranno a giugno 2019).
Se invece desse a Salvini un incarico al buio, e il leghista non ottenesse la fiducia dalle Camere, la legge prevede che rimarrebbe comunque lui Presidente del Consiglio con pieni poteri sull’ordinaria amministrazione – esattamente come Paolo Gentiloni oggi – fino alle elezioni anticipate (in quel caso, in autunno). Il leghista avrebbe così molto potere senza la responsabilità e i vincoli derivanti da un accordo di maggioranza a sostegno del suo governo.
Dunque, se i partiti non gli garantiscono i voti a Salvini PRIMA dell’incarico, Mattarella potrebbe confermare Gentiloni fino all’autunno o nominare un premier voluto da lui, una personalità terza pescata da una rosa di tre figure: un anziano, un giovane e una donna (i nomi restano coperti). I ministri sarebbero scelti in accordo con i partiti maggiori.
Questo premier, esattamente come nello scenario descritto sopra, potrebbe andare alle Camere e non avere la fiducia. Non importa: resterebbe in carica finché non si trova una nuova legge elettorale. Qui, ovviamente, le cose si complicano, perché i partiti sono più divisi che mai, lungo linee prevedibili.
Il centrodestra punta al premio di maggioranza per la coalizione; i 5 stelle lo sognano per il primo partito; il moribondo Pd spera nel ballottaggio alla francese: hai visto mai che arrivi al secondo turno…
Il Quirinale, memore delle stroncature all’Italicum della Corte Costituzionale, è orientato su un premio di coalizione con soglia alta (40%). Ma chissà che gli eterei giudici della Consulta, visto il bordello in cui ci troviamo, non si accontentino anche di qualcosa di meno…