DAGOREPORT – FINO ALLA CLAMOROSA GAFFE SU “XI JINPING DITTATORE”, L’INCONTRO DI BIDEN CON IL PRESIDENTE CINESE ERA ANDATO BENE. ANZI, BENISSIMO. I DUE LEADER, MESSA DA PARTE LA QUESTIONE TAIWAN, HANNO TROVATO UN ACCORDO SU TUTTO: GLI USA HANNO DECISO DI ACCETTARE IL PIANO DI PACE DI PECHINO PER L’UCRAINA (“A ZELENSKY CI PENSIAMO NOI”). IN CAMBIO, IL DRAGONE FARÀ UNA MORAL SUASION SULL’IRAN PER CONVINCERLO A NON ENTRARE IN GUERRA CONTRO ISRAELE, E A SPEGNERE IL FUOCO DELLA GUERRA ANCHE IN YEMEN – LA RIAPERTURA DELLE COMUNICAZIONI MILITARI E DI INTELLIGENCE, IL CLIMA E IL FENTANYL: GLI ALTRI ACCORDI… - VIDEO
President Joe Biden and Chinese President Xi Jinping agreed on resuming military talks after meeting on the sidelines of the Asia-Pacific Economic Cooperative conference.
When pressed by reporters on whether he trusted Xi, Biden conceded that China’s leader is a dictator. pic.twitter.com/yBAc8Zzxw6
— The Associated Press (@AP) November 16, 2023
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Com’è andato l’incontro tra Xi Jinping e Joe Biden? Bene, anzi benissimo, fino all’enorme e imperdonabile scivolone del presidente americano sul “dittatore”.
Come ha scritto oggi “Bloomberg”, “l’incontro è stato rovinato da quello che ormai è diventato un evento quasi di routine per Biden in occasione di incontri come questo. Dopo aver offerto ai giornalisti commenti accuratamente programmati, Biden non ha resistito a rispondere a un giornalista che gli chiedeva se pensasse ancora che Xi fosse un dittatore.
‘Beh, guarda, lo è’, ha detto Biden mentre lasciava il palco. "Voglio dire, è un dittatore nel senso che è un uomo che dirige un Paese che è un Paese comunista che si basa su una forma di governo totalmente diversa dalla nostra".
Eppure, fino a quel momento, il vertice poteva essere definito, a ragione, un successo su tutta la linea. Innanzitutto, i leader dei due paesi più potenti del mondo hanno messo da parte la questione Taiwan, scoglio su cui potevano riesacerbarsi vecchie tensioni. Tolto dal tavolo il dossier di Taipei, la conversazione è potuta proseguire serenamente su tutti gli altri temi, a partire dall’Ucraina.
Biden è ben consapevole di rischiare una batosta alle elezioni del 2024, se non chiude almeno uno dei due conflitti in corso, quello tra Mosca e Kiev e quello in Medioriente: i cittadini americani sono stanchi del sostegno statunitense e vogliono vedere la luce in fondo al tunnel. E così, “Sleepy Joe”, o meglio, i suoi sherpa, hanno teso la mano a Xi Jinping, accettando il piano di pace cinese per l’Ucraina. “A convincere Zelensky ci pensiamo noi”, è stato il messaggio recapitato dagli americani.
Oltre al ramoscello d’ulivo sull’Ucraina, un altro segnale fondamentale del disgelo è stato l’impegno a riaprire i canali di comunicazioni militari cosiddetti “mil to mil”, che la Cina aveva deciso di chiudere dopo la visita a Taiwan dell’allora speaker della Camera, Nancy Pelosi, nell’agosto del 2022. È una notizia importante, perché prelude alla volontà di tenere più lontano possibile un conflitto diretto: le intelligence ricominceranno a parlarsi, e così facendo si stemperano le tensioni e si crea un nuovo clima di fiducia. Importante anche l’intesa sulla limitazione della produzione illecita del Fentanyl e, soprattutto, quella sul clima.
xi jinping mohammed bin salman 2
Anche su questo, i due Paesi riprendono il dialogo dopo anni di dispetti e tensioni: ora l’inviato americano per il clima, John Kerry, potrà riprendere le discussioni e le trattative con l’omologo cinese, Xie Zhenhua.
Poi c’è la questione Medioriente: particolarmente interessati all’esito dell’incontro erano il principe ereditario saudita, Mohammed Bin Salman, e l’ayatollah iraniano Khamenei, i due nemici storici che qualche mese fa hanno ricominciato a parlarsi, proprio grazie alla mediazione cinese, e che da anni si fanno la guerra per interposta persona (i ribelli Houthi finanziati da Teheran) in Yemen.
vertice cina usa a san francisco
Anche sulla polveriera Gaza, Biden e Xi Jinping hanno raggiunto un accordo di massima: Pechino farà una “moral suasion” sull’Iran affinché non entri in guerra a fianco di Hamas, contro Israele. Inoltre, la Cina si farà promotrice di un dialogo tra il regime teocratico e Riad per aprire un negoziato e risolvere, una volta per tutte, la questione Yemen.
Un all-in per Biden: se tutti i tasselli vanno a posto, potrebbe riuscire a chiudere tre conflitti prima di andare al voto, e provare a capitalizzare alle urne il ruolo di grande pacificatore mondiale. Xi Jinping, invece, ha un bisogno disperato dei dollari americani per provare a portare la Cina fuori dalla drammatica crisi economica che, partita dall’immobiliare, si sta allargando a macchia d’olio a tutti gli altri settori: non a caso, dopo il colloquio con Biden, è andato a cena con Elon Musk e i ceo delle più grandi aziende americane, per convincerli a tornare a investire nel suo Paese.
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