1. DE BENEDETTI PERDE IL PELO MA NON IL VIZIO DI “SCEGLIERE”, DALL’ALTO DI “REPUBBLICA” IL SEGRETARIO DEL PD: "L'UNICO LEADER SPENDIBILE DEL MOMENTO È MATTEO RENZI“ 2. E SUBITO ARRIVA IL SOSTEGNO “PIENO” DI BERLUSCONI A LETTA PER ISOLARE IL SINDACO 3. CARLETTO, BECCHINO DI CULATELLO: "IL MESSAGGIO DI BERSANI ERA LO SMACCHIATORE DI GIAGUARI, CHE NON È PROPRIO UNA COSA CON CUI SI MANGIA A MEZZOGIORNO" 4. SU ENRICHETTO LETTA VA GIU’ RENZI: “È DIVENTATO PREMIER GRAZIE A UNA SCORCIATOIA MENTRE IO SPERAVO DI FARE IL PREMIER PASSANDO ATTRAVERSO LE PRIMARIE” 4. “HO ROTTAMATO VELTRONI E D’ALEMA E POI CI SONO RIMASTI FIORONI E BINDI, CHE AFFARE” 5. D’ALEMA SU LETTA: “DEMOCRISTIANO? SEMBRA PIUTTOSTO UN GOVERNO DELLA TRILATERAL”
1- DE BENEDETTI: "E' RENZI L'UNICO LEADER SPENDIBILE" - "NON HO MAI AVUTO LA TESSERA DEL PD, L'HO SEMPRE VOTATO MA NON HO MAI AVUTO TESSERE"
Sara Strippoli per Repubblica.it
Radio Capital in diretta sotto il tendone di piazza Umberto I di Dogliani. In America la situazione sta migliorando, la disoccupazione scende, dice Vittorio Zucconi: "Non si capisce perché in Italia non si riesce a fare altrettanto". Partecipa anche Carlo De Benedetti, che parla ovviamente di politica, intervistato da Zucconi: "E' immaginabile andare ad elezioni senza leadership per il Pd?", gli chiede. E l'editore risponde: "L'unico leader spendibile del momento è Matteo Renzi. E' un fatto, è una persona nuova, pratica, che ha fatto il sindaco ed è giovane. D'altra parte io mi sono auto pensionato e devo dire sto molto bene", ha detto ancora. Un messaggio implicito forse a Pierluigi Bersani, la cui campagna elettorale, secondo l'ingegnere, non è stata efficace. "Il messaggio di Bersani era lo smacchiatore di giaguari, che non è proprio una cosa con cui si mangia a mezzogiorno", ha concluso.
Sollecitato sulla questione Imu: "Questa dell'Imu è una questione demagogica. Le tasse da togliere sono quelle sul lavoro. Si deve ridurre quello che il lavoratore paga e quello che il datore del lavoro deve pagare per i suoi lavoratori". Ci sono tanti tipi di lavoro. Il lavoro adesso lo crea l'impresa che ancora non c'è, dice ancora De Benedetti: "Le banche non fanno più le banche. Oggi è praticamente impossibile avere un credito dalle banche. Senza le banche l'economia non può girare, altrimenti si torna all'epoca del baratto".
"Mai avuto la tessera del Pd, ho sempre votato Pd ma non ho mai avuto tessere", dice De Benedetti rispondendo a una domanda del pubblico di Dogliani che gli chiede se si è pentito di aver preso la tessera numero 1 del Pd. "Diciamolo qui da Dogliani che in questi giorni è al centro del mondo", scherza De Benedetti.
"Questo non è un governo di grande coalizione, è un governo di necessità . Adesso il tema è spostare la Biancofiore", ironizza De Benedetti. Che ribadisce quanto detto ieri: "Il primo obiettivo è la legge elettorale, e poi serve un programma per il Paese, un progetto. Ma qui dov'è il progetto? Qui si parla di Quirinale".
Sul lavoro, dice De Benedetti: "Io avevo proposto al ministro Fornero di eliminare il nome precario. Nei primi tre anni un lavoratore può essere mandato via in qualsiasi momento e per i primi tre anni l'imprenditore non ha costi. Dopo tre anni però c'è l'assunzione. Fornero mi ha risposto di no".
2. RENZI: "IO SARÃ LEALE CON LETTA MA Ã PREMIER GRAZIE A UNA SCORCIATOIA"
Sara Strippoli per Repubblica.it
â'Il miglior pregio di Enrico Letta è il grande equilibrio, il peggior difetto è che è pisano ». Matteo Renzi, a Dogliani per il faccia a faccia con Giovanni Minoli al Festival della Tv e dei new media che si svolge sulle colline delle Langhe, salva il premier ma fino a un certo punto: «à diventato premier attraverso una scorciatoia, l'ha ammesso lui», mentre «io speravo di fare il premier passando attraverso le primarie, e non le scorciatoie».
Però Letta è una persona autorevole, dice il sindaco di Firenze «e credo che abbia fatto bene a partire dal giro europeo. Sono leale con lui come lo sono stato con Bersani». Le critiche più pensati sono per il suo partito. Il Pd ha mancato un rigore, una grossa
occasione sprecata, tutta la campagna elettorale è stata uno sbaglio: «Mentre Grillo portava in piazza 800mila persone, noi eravamo in un teatro a dire che avremmo smacchiato il giaguaro », ironizza riferendosi alla sicurezza ostentata alla vigilia delle elezioni da Pier Luigi Bersani durante l'incontro al Teatro Regio di Torino in occasione del convegno con i socialisti europei organizzato da D'Alema. E se la successiva disgregazione del partito «non è solo colpa di Bersani, lui però ci ha messo del suo».
«Serviva Matteo Renzi?», è la provocazione di Minoli. «No, serviva il Pd», replica secco il rottamatore. Il governo Letta è un governo monocolore democristiano?, incalza il giornalista. «Questa è carina», risponde Renzi. Che poi ci aggiunge una battuta:
«Anche io lo sono». Anche sul conflitto d'interessi arriva una staffilata: «La legge non si farà se Berlusconi non lo vuole perché non ci sono i numeri, ma il punto è che bisognava vincere le elezioni. D'altronde quando la legge si poteva fare l'abbiamo sempre rimandata».
Il Cavaliere è il fantasma continuamente evocato nell'intervista. Berlusconi è il miglior politico che c'è in circolazione, come ha detto Mario Monti da Lilli Gruber? Minoli provoca e Renzi ribatte: «No, non ha saputo dare un futuro a questo Paese. Semmai è il migliore a fare la campagna elettorale ». Berlusconi deve essere mandato in pensione, non in galera, è la tesi del sindaco di Firenze.
E al pubblico di Dogliani, che lo ha accolto fra gli applausi e ha riempito al piazza centrale del paese, invitando Renzi a farsi avanti, risponde deciso negando di essere interessato a guidare il Pd. «A questo giro non mi candido. Vedo che ci sono nomi in campo ma non mi interessa questo. In questi mesi sono stato candidato a tutto ma non credo di essere adatto a tutto. Io credo che le idee valgano più degli uomini e credo in un partito più liquido che solido».
Neppure sulla presidenza dell'Anci dopo Del Rio dice di essere sicuro: «No so
se guiderò l'associazione dei Comuni ». Non ha cambiato idea su D'Alema e sulla rottamazione: H«o fatto una battaglia, che rifarei domattina, perché nel Pd i leader si rendessero conto che il clima stava cambiando. Poi ci sono rimasti Fioroni e Bindi invece di Veltroni e D'Alema, non un grande affare».
Un botta e risposta scoppiettante. Minoli non trascura il tema del rapporto con la Germania dominante. «I sacrifici si fanno perché c'è li chiedono i nostri figli, non perché c'è lo chiede la Merkel», dice Renzi. Non meno importante il tema delle risorse. «Letta troverà i soldi necessari, ma mettiamo almeno come priorità un miliardo per la non autosufficienza che pesa sulle famiglie. Mi sembra impossibile che questo non si possa fare».
Da Dogliani anche un giudizio su Elsa Fornero. Un ministro da rottamare?: «Credo che sia stata un buon ministro ma sugli esodati ha senza dubbio sbagliato». C'è anche spazio per una autocritica. Probabilmente ironica anche quella: «Sono arrogante, antipatico e ho fatto un sacco di sbagli».
Alle parole del sindaco di Firenze replica in serata Stefano Di Traglia, uomo di Bersani nella segreteria nazionale del Pd: «Non so se fra sconfitta politica e capacità di comunicare ci sia sempre una relazione - dice - Proprio per questo consiglierei a Matteo Renzi un po' di umiltà e gli direi di essere parco nelle sentenze. Le primarie le ha perse». Dal centrodestra è Maria Stella Gelimini a prendere le difese del Cavaliere: «Semmai è Berlusconi che ha mandato in pensione molti leader del Pd».
3. LA PARTITA TRA PACIFICATORI E SABOTATORI
IL SOSTEGNO «PIENO» DEL CAVALIERE A LETTA PER ISOLARE IL SINDACO
Francesco Verderami per il Corriere della Sera
Pacificatori e sabotatori si scontreranno e forse in corso d'opera si scambieranno anche i ruoli, perciò non è possibile prevedere oggi «quando si tornerà a votare», dice Berlusconi: «Mi auguro dopo i provvedimenti che serviranno a modificare il sistema istituzionale e a rilanciare l'economia». Ma è un auspicio, nulla più, perché - come racconta il Cavaliere - le insidie saranno molteplici, «in tanti momenti e per tanti motivi» gli ostacoli si potranno parare sulla strada dell'esecutivo: «E comunque noi del Pdl non dovremo mai essere i responsabili di un'eventuale crisi».
à un precetto che segue la promessa fatta a Napolitano, sponsor e artefice del ricambio generazionale, convinto che il processo di svecchiamento fosse una «necessità » e a suo modo una «opportunità » per varare quelle riforme di cui il Paese e lo Stato hanno bisogno. Ecco cosa lo ha indotto a trasformare Palazzo Chigi in una versione moderna e aggiornata delle Frattocchie e del vicino convento dei frati di Sassone, che erano le scuole dove Pci e Dc coltivavano le nuove leve della politica. Il presidente della Repubblica ha messo in preventivo che l'operazione di rinnovamento sconti un'iniziale fragilità del governo, ma da lord protettore veglierà per difenderlo, sapendo che le minacce possono venire solo dagli «esclusi».
Giorni fa, in un incontro casuale tra ex, Bocchino chiese a D'Alema cosa ne pensasse del nuovo gabinetto: «Mi sembra un governo di democristiani», commentò il braccio destro di Fini. E l'altro, di rimando: «A me sembra piuttosto un governo della Trilateral...». A sinistra come a destra, in tanti vorrebbero accorciare l'orizzonte dell'esecutivo, nonostante Enrico Letta - nel suo discorso alle Camere - abbia ipotizzato una verifica «fra diciotto mesi», e il vice premier Alfano si sia spinto entusiasticamente persino oltre: «Diciotto mesi? Ne riparleremo fra diciotto mesi».
Si vedrà . Per un governo che è ostaggio del Parlamento (e viceversa), molto dipenderà dalla capacità di reperire risorse per far ripartire l'economia. Ma non solo. Come dice un Berlusconi assai informato delle cose di casa altrui, il problema è che «nel Pd ci sono ferite aperte. E non si sa se potranno essere rimarginate». à in corso il regolamento di conti tra i vecchi gestori della «ditta».
à lo scontro tra D'Alema e Bersani, che viene da lontano: iniziò quando il leader dimissionario dei Democrat non difese l'ex premier durante la campagna per la «rottamazione» avviata da Renzi, ed è proseguito quando lo stesso Bersani - in una notte - decise di candidare Grasso alla presidenza del Senato al posto della Finocchiaro, che D'Alema considerava «l'opzione B» per il governo delle larghe intese.
Il conflitto si risolverà al congresso del Pd, in autunno o nella prossima primavera. Letta sa, e anche lo sussurra, che quel passaggio - non il braccio di ferro con il Pdl sull'Imu o sulla candidatura di Berlusconi alla presidenza della Convenzione - deciderà la messa in sicurezza del suo governo o segnerà la fine anticipata della legislatura.
Il Cavaliere, che ha un piede nel campo di Agramante, osserva la «sinistra che si sta evolvendo», e prova ad abbozzare una previsione partendo da un bilancio. Del recente passato ricorda l'avvento di Renzi, «che era una grossa novità , e in parte lo è ancora». Ai suoi occhi il sindaco di Firenze gli era parso «un elemento che poteva diventare decisivo nel processo di trasformazione del Pd, da partito comunista - ipse dixit - a partito socialdemocratico. Insomma, ci ha fatto pensare a un vero fattore di cambiamento. Poi alle primarie è stato messo in un cantuccio. E ora...».
Ora c'è Letta alla guida di quello che Berlusconi definisce «il buon governo», di cui «siamo parte integrante». E non c'è dubbio che il premier farà il possibile per non perdere l'opportunità , siccome è lui il vero competitor di Renzi, in un derby fra toscani diversi per origine e per carattere. In questa chiave va interpretata l'ultima esternazione di «Matteo», la sua offensiva contro l'ipotesi del Cavaliere presidente della commissione per le riforme, la battuta sul conflitto di interessi «che non si farà se non lo vorrà Berlusconi», la sfida lanciata all'«amico Enrico» che è giunto a Palazzo Chigi attraverso «una scorciatoia», «mentre io vorrò passare per le primarie».
La lotta tra pacificatori e sabotatori è iniziata, ed è chiaro che se Letta avesse successo al governo diverrebbe il candidato naturale alla successione di se stesso, altrimenti - lo ha già spiegato ai suoi amici più stretti - «non entrerò in competizione», deciso in quel caso a tenere un «profilo istituzionale» e farà «un passo indietro». «La trasformazione della sinistra è complicata», commenta il Cavaliere, a cui piace l'idea di fare il papà costituente, sebbene non a tutti i costi. Perché il leader che oggi si fa «concavo e convesso», spera un domani di ricavarne la nomina a senatore a vita.
D'altronde è il protagonista del «miracolo», quel governissimo che «non è un dono caduto dal cielo, abbiamo lavorato per ottenerlo». E c'è un motivo se parla degli alleati-avversari tenendo la misura: «La sinistra non ha mai fatto autocritica, tuttavia è possibile che la trasformazione avvenga, e noi dovremo tenerne conto quando si tornerà a votare». Non sa quando, Berlusconi. Figurarsi se dice come, con quali candidati premier. E soprattutto con quali alleanze...



















