donald trump twitter

"PERCHÉ I SOCIAL HANNO ASPETTATO COSÌ A LUNGO PRIMA DI APPLICARE I LORO TERMINI DI SERVIZIO A TRUMP?" - IL SOCIOLOGO DE KERCKHOVE: "LE PIATTAFORME SOCIAL SONO AZIENDE PRIVATE CHE OFFRONO UN SERVIZIO E HANNO LORO REGOLE, CHI ADERISCE DEVE ACCETTARLE, IN CASA LORO HANNO RAGIONE LORO. PERÒ SE QUALSIASI COMUNE CITTADINO AVESSE INFRANTO LE REGOLE COME IL PRESIDENTE USA HA FATTO IN QUESTI ANNI, SAREBBE STATO CACCIATO DAI SOCIAL MOLTO PRIMA…FINO A SETTIMANA SCORSA SIANO VALSI DUE PESI E DUE MISURE"

Anna Masera per "la Stampa"

 

DERRICK DE KERCKHOVE

L'8 gennaio 2021, giorno in cui Twitter ha sospeso definitivamente l'account del presidente degli Stati Uniti Donald Trump dopo il tentativo di colpo di Stato al Campidoglio di Washington, sarà ricordato come una data spartiacque per le piattaforme digitali dei social media. Oltre a Twitter, anche Facebook, Youtube, Snapchat, Spotify, TikTok - e poi anche Amazon, Apple e Google che hanno disconnesso la app Parler -, sono tra quelle che hanno vietato o limitato gli account affiliati a Trump.

 

Una svolta che ieri sera è arrivata anche in Italia, con Twitter che ha «temporaneamente limitato» l'account del quotidiano Libero. Ne abbiamo parlato con Derrick De Kerckhove, esperto di comunicazione digitale: sociologo belga naturalizzato canadese, ha diretto per 25 anni fino al 2008 il McLuhan Program in Culture & Technology dell'Università di Toronto prima di trasferirsi in Italia, dove è direttore scientifico della rivista Media Duemila.

TRUMP TWITTER

 

Diversi politici hanno espresso preoccupazione per la libertà di espressione, anche se a Trump non mancano i mezzi su cui esprimersi sia attraverso i media mainstream sia attraverso gli account social istituzionali della Casa Bianca. Ieri Angela Merkel ha fatto sapere di ritenere che il blocco sui social di Trump sia "problematico". Condanna bipartisan anche dalla Francia e da molti esponenti Ue.

 

Hanno ragione?

«È problematico perché crea un precedente che potrebbe avere conseguenze in futuro in altre circostanze, è naturale che ci si chieda se sia giusto che aziende private detengano tanto potere. Abbiamo bisogno di inventare una nuova forma di supervisione democratica. Ma è stata una risposta di emergenza, nell' immediato si è trattato di legittima difesa: Trump era stato avvertito più volte».

 

donald trump twitter

Gli stessi politici che insorgono per difendere la libertà di espressione di Trump non lo fanno per i cittadini comuni che praticano il cosiddetto hate speech o la disinformazione. Le piattaforme social sostengono che i loro termini di servizio valgono allo stesso modo per tutti i cittadini digitali. È così?

«Le piattaforme social sono aziende private che offrono un servizio e hanno loro regole, chi aderisce deve accettarle, quindi in casa loro hanno ragione loro. Però se qualsiasi comune cittadino avesse infranto le regole come il presidente Usa ha fatto in questi anni, sarebbe stato cacciato dai social molto prima. Quindi la domanda da farsi è perché abbiano aspettato così a lungo prima di applicare i loro termini di servizio a Trump.

DERRICK DE KERCKHOVE

 

Appare chiaro che fino a settimana scorsa siano valsi due pesi e due misure. D'altra parte, perdere un cliente popolare e coinvolgente - nel bene e nel male - come il presidente americano era una scelta scomoda per i social network che campano di questo. Non a caso ieri c' è stato un tonfo dei titoli di Twitter e Facebook quando ha aperto Wall Street. L'errore è stato lasciare che i social lucrassero su odio e disinformazione».

 

Si tratta di censura?

«In questo caso no. Se le persone usano i social per invitare alla violenza vanno fermate così come sarebbero fermate se lo dicessero in diretta televisiva. Se i social sono il luogo i cui si forma l'opinione pubblica, devono essere regolati allo stesso modo della televisione».

 

account twitter di donald trump

Come conciliare il rispetto dei diritti fondamentali con una maggiore responsabilità delle piattaforme social?

«L'errore è lasciare decidere a Facebook o Twitter sui nostri diritti. Serve una riflessione. Ma non abbiamo ancora assorbito il fatto che siamo entrati da parecchio tempo in una cultura ibrida - letterata e digitale - dove le regole di comportamento e le relative conseguenze sono cambiate. La libertà di opinione come si intendeva nell' era analogica non si presta alla cultura digitale.

 

jack dorsey

La legge contiene indicazioni per far fronte alle falsità e all' incitazione alla violenza, ma per casi individuali, non per movimenti di massa e discorsi sulla rete. La necessità di una maggiore regolamentazione del mondo online non si può delegare ai privati e richiede competenze digitali. Se la proposta della Commissione europea del Digital Services Act dello scorso 15 dicembre sarà approvata, l'6Europa potrà esigere che le piattaforme spieghino in maniera trasparente come moderano i contenuti, stabiliscano in termini chiari quali sono le regole e informino su decisioni come quella di sospendere un account. Spero che sia d' ispirazione in tutto il mondo».

mark zuckerberg

 

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