DE LUCA IMBRACCIA IL LANCIAFIAMME: TEME L’ARRIVO IN MASSA DI TURISTI DALLE ZONE INTERESSATE DAL CONTAGIO - “NON SI COMPRENDE QUALI SIANO LE RAGIONI DI UN’APERTURA GENERALIZZATA E LA NON LIMITAZIONE DELLA MOBILITÀ NEMMENO PER PROVINCE ANCORA INTERESSATE PESANTEMENTE DAL CONTAGIO” - L’ASSESSORE ALLA SALUTE DEL LAZIO, D'AMATO: “CI SONO TROPPE PRESSIONI PERCHÉ RIPARTA IL NORD, BISOGNA BASARSI SU EVIDENZE SCIENTIFICHE…”
Mario Ajello per “il Messaggero”
I governatori del Sud scalpitano ancora ma ormai più che altro per fare scena. Perché a parte il presidente campano De Luca, gli altri tra un borbottio e l'altro si sono fatti convincere dagli albergatori che se continuano a fare manfrine e a porre condizioni anche improponibili - come il passaporto sanitario che voleva la Sardegna ma si è arresa anche perché sarebbe incostituzionale - i turisti del Nord non arrivano nelle loro regioni. E l'estate passa a secco: niente soldi e desolazione più totale. Conviene? Certo che no.
E allora la linea di qualcuno, per esempio di Donato Toma, presidente del Molise, è quella di aspettare un altro po': «Ci vuole prudenza, certe regioni non hanno i parametri in ordine. Io avrei aspettato un altro po' per riaprire la mobilità interregionali, non il 3 giugno ma una settimana dopo». Il presidente toscano, Enrico Rossi, a sua volta dice al governo: «Occorreva usare maggiore prudenza. La riapertura per tutti è un errore. Io non sono convinto che la Lombardia debba essere riaperta in entrata e in uscita».
Il ministro Boccia ha chiamato uno a uno i vari presidenti e la sua moral suasion qualche risultato lo ha sortito. Anche se resta la spina De Luca, che alcuni ministri chiamano «il lanciafiamme» e non gradiscono il suo protagonismo. Il presidente campano è quello che osserva: «Davvero non si comprende quali siano le ragioni di merito che possono motivare un provvedimento di apertura generalizzata e la non limitazione della mobilità nemmeno per province ancora interessate pesantemente dal contagio».
Insomma il governatore campano ha paura dell'arrivo in vacanza dei bergamaschi e dei milanesi. «Potranno venire a Positano e negli altri posti. Ma se in certe parti d'Italia per un mese di fila ci sono più di 200 casi di contagio al giorno, sarebbe ragionevole una limitazione della mobilità».
E sta parlando appunto della Lombardia il presidente campano. Il quale non pensa alla quarantena ma farà misurare la febbre e farà fare «test rapidi» ai caselli autostradali, nelle stazioni e negli aeroporti a chiunque voglia mettere piede in Campania. E comunque, se qualcuno risulta positivo finisce in quarantena, perché le Regioni hanno questa possibilità anche se per ora è un'arma che nessuno sembra intenzionato ad utilizzare.
Neanche De Luca in fondo sceglie lo scontro frontale con il governo. Lui e tutti gli altri non sono totalmente convinti della linea di Roma ma si adeguano con più o meno slancio (il veneto Zaia sembra il più tranquillo, Fontana invece è sulle spine). Michele Emiliano (Puglia) sposta la polemica con il governo dalle riaperture a un altro tema e lo fa così: «Gravissimo che ci neghino il voto a luglio per le Regionali».
DUBBI E CAUTELE
Intanto Jole Santelli (Calabria) ha anche proposto una cena calabrese con i governatori del Nord, per stemperare le polemiche dei giorni scorsi. Mentre la Sicilia dovrebbe riaprire il 7 giugno. Sempre sulla linea della cautela la Regione Lazio con Zingaretti che mai ha polemizzato con il governo. E il suo assessore alla Salute, D'Amato, il massimo a cui si spinge è questo: «Ci sono troppe pressioni perché riparta il Nord, bisogna basarsi su evidenze scientifiche».
Lo scoglio riaperture - non «a macchia di leopardo», come le Regioni del Nord hanno sempre chiesto - parrebbe insomma abbastanza superato. Il 3 si riparte tutti insieme. Ma non c'è sicuramente un clima di tranquillità. E se il virus riparte? Allora la chiusura sarà automatica nelle zone interessate.