mario draghi quantitative easing soldi euro

MAGGIORANZA DA RECOVERY – LA DECISIONE DI AFFIDARE LA GOVERNANCE DEL “NEXT GENERATION EU” AI MINISTRI TECNICI FA INNERVOSIRE I PARTITI, CHE GIÀ SOGNAVANO DI METTERE LE MANI SUL MALLOPPONE PER DARE LE SOLITE MANCETTE - UN MINISTRO FA FILTRARE IL FASTIDIO DELLA MAGGIORANZA: “È GROSSO PROBLEMA POLITICO CHE DISCUTEREMO E RISOLVEREMO NEI PROSSIMI GIORNI”

1 - DRAGHI VUOLE UNA CABINA DI REGIA DI SEI MINISTRI (DANIELE FRANCO, ROBERTO CINGOLANI, VITTORIO COLAO, ENRICO GIOVANNINI, MARIA CRISTINA MESSA, ROBERTO SPERANZA) DANDO PIENO MANDATO PER L'ATTUAZIONE DEL RECOVERY PLAN A UNA STRUTTURA ATTUATIVA PRESSO IL MINISTERO DEL TESORO - COME DAGOANTICIPATO, NEL SUO “INNER CIRCLE”, TRANNE SPERANZA, SONO TUTTI TECNICI: NON SONO RAPPRESENTATI I AZIONISTI DELLA MAGGIORANZA, OVVERO CINQUE STELLE, LEGA E PD…

https://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/recovery-mario-draghi-vuole-cabina-regia-sei-ministri-daniele-266580.htm

 

 

2 – RECOVERY, TENSIONE SULLA GOVERNANCE DRAGHI VUOLE UN COMITATO STILE CIPE

Francesco Grignetti per “la Stampa”

 

Il governo si appresta a licenziare tre decreti, che saranno la cornice entro cui si svolgerà il Recovery Plan: uno sulla semplificazione legislativa, che in pratica estende il Modello Genova a tutti i prossimi cantieri; un decreto sulle assunzioni straordinarie necessarie a far correre la macchina burocratica; e infine un decreto sulla «governance» politica.

 

Ovvero chi avrà il compito di spendere e dare conto all'Europa. E qui vengono i mal di pancia dei partiti. L'anticipazione di questo giornale, ieri, sull'idea di costituire a palazzo Chigi un comitato di quasi soli ministri tecnici che risponderanno a Draghi, ha creato più di un malumore. Il più schietto è Andrea Orlando, del Pd, ministro del Lavoro. A Radio 24 gli chiedono un parere.

 

E lui: «Non so, può darsi. Ma la cosa non è stata ancora discussa in Consiglio dei ministri. Al momento non ho notizie che vadano in questa direzione». Un modo elegante per segnalare la sorpresa del suo partito. In verità la cosa è in marcia da qualche giorno. Nell'incontro del premier con le regioni, il presidente del Consiglio aveva annunciato che anche gli enti locali sarebbero stati considerati enti attuatori e quindi soggetti di spesa. Tripudio.

 

Allo stesso tempo, però, aveva precisato che il governo intendeva costituire delle task-force locali in appoggio alle amministrazioni territoriali per migliorare la loro capacità. Inoltre era stata prospettata la nascita di un comitato istituito presso la Presidenza del Consiglio a cui avrebbero partecipato i ministri competenti e a cui sarebbe stata affidata la supervisione politica del piano.

 

Quel che i partiti della maggioranza non si aspettavano, è la composizione di questo comitato. Praticamente tutta tecnica e quasi zero politica, se si eccettua la presenza del ministro della Salute. Così dice un ministro che preferisce non essere citato: «È grosso problema politico che discuteremo e risolveremo nei prossimi giorni».

 

Una delle soluzioni attorno a cui si ragiona, e che porta ben evidente il marchio di Draghi in quanto profondo conoscitore dell'organizzazione dello Stato, è di modellare questo futuro comitato per la governance del Recovery Plan sulla falsariga del Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica) a cui, fermi i ministri di carattere economico, di volta in volta partecipano gli altri ministri interessati dai singoli progetti in esame.

 

Sarebbe insomma anche il comitato per la Recovery un organismo a geometria variabile, con molti che entrano ed escono a seconda del menù, e altri ospiti fissi. Di questi ultimi, i protagonisti sarebbero Daniele Franco (Economia), Roberto Cingolani (Transizione ecologica), Vittorio Colao (Digitalizzazione), Enrico Giovannini (Infrastrutture e Mobilità sostenibile), Maria Cristina Messa (Ricerca) e Roberto Speranza (Sanità).

 

E proprio il ministro Giovannini, che supervisiona anche sui porti e la marina commerciale, ieri spiegava: «In un periodo in cui la pandemia mette in crisi lo sviluppo dell'economia, il mare continua a consentire scambi commerciali e approvvigionamenti. La sua importanza è tornata evidente quando a causa di un incidente il canale di Suez non è stato percorribile. Per noi il mare è fonte di sviluppo, di coesione sociale e inestimabile patrimonio ambientale. Va difeso e tutelato. Nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, abbiamo dedicato particolare attenzione allo sviluppo dei porti e al rinnovo della flotta in chiave sostenibile, in linea con le indicazioni europee».

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