DEVIANZE: DA DUCETTA A DRAGHETTA, IL PASSO E' BREVE. A GIORGIA MELONI, PER MOSTRARSI AFFIDABILE AI QUEI POTERI FORTI CONTRO CUI HA SCAGLIATO TANTI INSULTI NEGLI ANNI, SERVE UN “GARANTE”. E L’UNICO SCUDO È MARIO DRAGHI (ALTRO CHE UN FABIO PANETTA QUALSIASI) - D'ALTRO CANTO, MARIOPIO HA BISOGNO DI GIORGIA PER RESTARE IN CAMPO E MAGARI SALIRE AL QUIRINALE NEL 2023, QUANDO MATTARELLA A LUGLIO FESTEGGERA' I SUOI PRIMI 82 ANNI - SALVO ERRORI E/O ORRORI SALVINIANI. L’AUTORE DEL DRAGHICIDIO, DALLA FALLITA SCALATA AL QUIRINALE ALLA CADUTA DEL GOVERNO, HA UN NOME E COGNOME: MATTEO SALVINI. ED È ANCORA OGGI LA VARIABILE IMPAZZITA DELLA POLITICA ITALIANA. PERICOLOSO NELLA MISURA IN CUI LA SUA LEGA PERDE COLPI NEI SONDAGGI. TRA GIORGIA E MATTEO, SI BARCAMENA SILVIO CON I SUOI PANNOLONI…
DAGOREPORT
mario draghi al meeting di rimini 4
Dieci anni dopo il celeberrimo “Whatever it takes”, Draghi ha inanellato un’altra locuzione che, al pari di quella pronunciata il 26 luglio 2012, nell'ambito della crisi del debito sovrano europeo, potrebbe aprire nuovi orizzonti della politica: “L’Italia è un grande paese, ce la farà con qualunque governo”.
Al Meeting di Comunione & Fatturazione, dove molti (a sinistra) si aspettavano il premier tignoso e spocchioso di un mese fa che bacchettava sprezzante quel manipolo di scappati di casa seduti in Parlamento, Mariopio ha sorpreso tutti mettendo giù un discorso ecumenico, erga omnes, da Papa affacciato alla finestra per l’Angelus. In soldoni, ha detto rivolto ai futuri vincitori, il centro-destra viene dato dai sondaggi al 58%: Signori, se volete un aiuto, io ci sono; se fate le cose che vi dico, vi dò una mano...
SALVINI MELONI LETTA AL MEETING DI RIMINI
Messaggio ricevuto. Con reazioni diverse e distanti. Mentre Meloni non solo non ha approfittato di portare acqua al mulino della sua propaganda sbandierando trionfante l’affermazione draghiana “L’Italia ce la farà con qualunque governo”, ma ha compiuto un bel salto nel cerchio di fuoco: da Ducetta si è trasformata in Draghetta.
GIORGIA MELONI E SILVIO BERLUSCONI
La leader di Fratelli d’Italia svela bene la sua trasformazione nell’intervista concessa ieri alla Reuters. A quelli di Bruxelles, che la liquidano come una reliquia del fascismo in gonnella, manda a dire: "Nessuna persona responsabile, prima di avere un quadro completo delle risorse da investire, può immaginare di rovinare le finanze del Paese". E "faremo la legge di Bilancio entro i parametri richiesti".
E voilà, Tremonti è tramontato. Colui che definisce la politica economica dell’ex capo della Bce “devastante”, è finito di colpo in quelle palle di neve, souvenir del kitsch del passato berlusconismo, ricordo tragico di spread impazzito, Troika e austerity.
mario draghi con i giovani volontari del meeting di rimini
Del resto, la sera stessa della caduta di Mario Draghi, comunque nelle ore successive all'agguato del Senato, si racconta di una Giorgia Meloni “preoccupata” che cerca al telefono il premier. Non è la prima volta che i due si parlano. Ha notato Adalberto Signore su “Il Giornale” del 28 luglio: “Draghi e Meloni hanno sempre avuto un rapporto di reciproca stima. Non scontato, visto che Fratelli d'Italia è stato l'unico partito a non sostenere il governo di unità nazionale. Eppure, è cronaca dell'ultimo anno, Draghi ha sempre spalancato le porte di Palazzo Chigi a Meloni, ricevendola più d'una volta per incontri - facevano notare i rispettivi staff - sempre costruttivi e di confronto”.
GIULIO TREMONTI GIORGIA MELONI
“D'altra parte, tolta la polemica sui pieni poteri nel giorno in cui è venuto giù tutto, Draghi e Meloni hanno sempre avuto un rapporto di reciproca stima”, continua Signore. “Non scontato, visto che Fratelli d'Italia è stato l'unico partito a non sostenere il governo di unità nazionale. Eppure, è cronaca dell'ultimo anno, Draghi ha sempre spalancato le porte di Palazzo Chigi a Meloni, ricevendola più d'una volta per incontri - facevano notare i rispettivi staff - sempre costruttivi e di confronto. Peraltro, certificava implacabile l'orologio, mai brevi o di sfuggita, come invece è più volte capitato con quei leader che dall'interno della maggioranza erano perennemente all'opposizione di fatto. Gli stessi che poi - con l'astensione sul voto di fiducia della scorsa settimana - hanno messo fine al governo”.
E conclude: “Non è un caso, insomma, che tra i due il tenore delle telefonate di questi ultimi giorni sia stato piuttosto confidenziale. D'altra parte, è vero che le critiche di FdI all'esecutivo guidato dall'ex Bce non sono mai mancate, ma il ruolo dell'opposizione è anche questo. E Draghi ha sempre riconosciuto a Meloni una sua coerenza e una sua correttezza anche nel dissenso. Ecco perché la leader di FdI non ha avuto esitazioni a manifestargli i suoi timori sullo scenario che si prospetta in autunno (sono «preoccupata»).
Meloni, infatti, non si aspettava uno show down così improvviso e pensava di avere davanti ancora diversi mesi per prepararsi a guidare Palazzo Chigi. Invece, in poche ore si è aperta la strada del voto anticipato. Con un'ipotetica squadra di governo che ancora sta studiando e con «compagni di viaggio» - è la riflessione che consegna a Draghi - non del tutto affidabili”.
Infatti l’autore del draghicidio, dalla fallita scalata al Colle alla caduta del governo, ha un nome e cognome: Matteo Salvini. Ed è ancora oggi, il “suocero” di Verdini, la variabile impazzita della politica italiana. Pericoloso nella misura in cui la sua Lega perde colpi nei sondaggi.
MELONI E LETTA PARLOTTANO SUL PALCO DEL MEETING DI RIMINI
Il Truce lombardo ha talmente paura di finire sotto la soglia di sopravvivenza del 13 per cento che ne spara di tutti i dolori. Ieri, preso atto del rapporto di “affettuosa intesa” tra Meloni e Draghi, gli è partito l’embolo: “Mi accontento di fare il presidente del Consiglio e di nominare un ministro dell’Interno all’altezza”. Bum, che vasto programma…
Aggiungere che dopo aver sterminato i draghiani di semolino Giorgetti, l’ex Dj del Papeete ha imbarcato, piazzandoli ai mejo posti, i Cric & Croc del “no euro”, alias Bagnai e Borghi, con il tenero Armando Siri, quello della Flat Tax al 15%, scelto come responsabile del programma. Risultato: Draghi con Salvini non parla.
DENIS VERDINI MATTEO SALVINI GIANCARLO GIORGETTI
In mezzo, tra Giorgia e Matteo, si barcamena Silvio con i suoi pannoloni. A differenza di ieri, anche il Berlusca renzulliano, che si è deprivato di Gianni Letta, non può più essere il collante del centrodestra. Nello stesso tempo, è consapevole che un futuro esecutivo che vede spadroneggiare un Salvini putiniano e orbaniano, non va da nessuna parte – sui ministri decisivi di Economia, Esteri, Viminale, Giustizia, Mattarella punterà i piedi. Quindi in caso di conflitti mal-destri, Berlusconi terrà ben presente i consigli di Marina in tandem con Confalonieri (“Non fare la guerra alla Meloni”) e, come extrema ratio, potrebbe anche congedarsi dall’alleanza.
SERGIO MATTARELLA MATTEO SALVINI MEME
A questo punto, è Wanda Marra sul “Fatto quotidiano” di oggi a sintetizzare la situazione venutasi a creare dopo le sorprendenti dichiarazioni del Mariopio riminese: “Giorgia Meloni ha bisogno di Mario Draghi e Mario Draghi ha bisogno di Giorgia Meloni. È un'intesa di convenienza quella tra il premier e la leader di Fratelli d'Italia. Perché Giorgia vuole andare a Palazzo Chigi e rimanerci a lungo. E Mario vuole restare in campo, come risorsa della Repubblica. E dunque, lei sa benissimo che molto dipenderà da come reagirà l'establishment internazionale: il potere di influenza dell'ex Bce è fondamentale. Mentre lui sa che serve l'appoggio del suo successore a qualsiasi ruolo futuro istituzionale punti”.
sergio mattarella mario draghi
Ecco, l’altra notizia che rimbalza da Rimini è questa: Draghi non passerà molto tempo a fare l’ortolano in Umbria. Ha in tasca non solo la chance di diventare leader dell'UE come presidente del Consiglio europeo, al posto di Charles Michel, che ha il mandato in scadenza ai primi di luglio 2023.
Ancora meglio: fra un anno, sempre a luglio, Mattarella festeggerà 82 primavere e, come Napolitano, è flessibile (ha sempre avuto un atteggiamento molto tattico piuttosto che strategico), quindi potrà prendere il compleanno al volo e lasciare la sua poltrona a Mario Draghi.
giorgia meloni applaude mattarella
E questa volta, niente flop quirinalizi, al diavolo i Salvini in delirio da king-maker (Casellati, Nordio, Belloni): si aprirebbe il tappeto rosso per Draghi al Colle. Perché a “Io sono Giorgia”, per mostrarsi affidabile ai quei poteri forti contro cui ha scagliato tanti insulti negli anni, serve un “garante” come il pane. E l’unico scudo è SuperMario (altro che un Fabio Panetta qualsiasi).
E’ l’unico che può rassicurare i burocrati di Bruxelles che i conti non si sfasceranno. A partire dalla legge Finanziaria che sarà alquanto complicata, condizionata com’è dalla crisi energetica, dalle riforme coatte per intascare le tranche del Pnrr, dagli strascichi della pandemia, che va messa in atto entro dicembre (e mandata a Bruxelles).
Da Ducetta a Draghetta. Salvo errori e/o orrori salviniani.