DON’T PAY FOR ME, ARGENTINA - LA KIRCHNER SULL’ORLO DEL DEFAULT SI SCAGLIA CONTRO GLI USA: “È UN’ESTORSIONE” - SE PAGA IL MILIARDO CHE DEVE AI FONDI SPECULATIVI, ARRIVANO GLI ALTRI CREDITORI A CHIEDERNE 15

Filippo Fiorini per "La Stampa"

 

Non poteva esserci momento migliore per ricevere la peggior notizia politica degli ultimi anni, ma neanche i Mondiali di calcio sono riusciti a distogliere l’attenzione degli argentini dal nuovo pericolo di default. Erano passate 9 ore dalla decisione della corte suprema americana di respingere il ricorso della Casa Rosada contro la sentenza che la obbliga a risarcire due grandi fondi di investimento, per 1,3 miliardi di dollari dovuti dai tempi della crisi, e già i primi manifestanti protestavano davanti all’ambasciata Usa di Buenos Aires e la presidente, Cristina Kirchner, andava in onda a reti unificate.

Cristina Fernandez de Kirchner Cristina Fernandez de Kirchner

 

Elegante, attraente, ma anche dall’aspetto vulnerabile per la raucedine, gli errori di pronuncia e le continue occhiate al discorso scritto, che di rado ha usato in passato nelle apparizioni pubbliche, Cristina ha detto di essere «disposta a negoziare», senza però voler cedere «a un’estorsione come questa, a cui nessun presidente dovrebbe mai sottomettere il suo popolo».

 

Il punto, è che l’Argentina può pagare il denaro che le si reclama, ma così facendo aprirebbe uno spiraglio perché tutti i creditori e gli ex creditori del 2001 pretendano lo stesso trattamento ricevuto dai fondi speculativi coinvolti in questo contenzioso, presentandole un conto da 15 miliardi di dollari.

 

«È assurdo che un Paese usi più della metà delle sue riserve per pagare un debito», ha precisato la Kirchner, alludendo al fatto che la Banca Centrale ha solo 28 miliardi, che per statuto non può nemmeno usare in queste incombenze, e poi ha aggiunto: «Sono preoccupata». Con lei, lo è anche il suo popolo, che però si divide sulla strategia.

 

Da un lato c’è chi, quando un lavoro non procede, si sente dire: «Che vuoi che faccia? Che chiami un immigrato italiano a finirlo in fretta?». I discendenti di questa cultura delle sette camicie soffrono e non meritano la fama di truffatori che gli argentini hanno nel mondo e per questo vorrebbero in qualche modo pagare.

 

Cristina Fernandez de Kirchner Cristina Fernandez de Kirchner

D’altra parte, la retorica anti-imperialista di cui Cristina e i suoi ministri hanno abusato nei comizi delle ultime ore, accende gli umori di intellettuali, militanti e scudieri di un’identità nazionale spesso calpestata dalla storia. Per loro, i cosiddetti «fondi avvoltoio» come Nml Capital ed Elliot possono andare al diavolo, anche se in questa discesa agli inferi si porteranno dietro, attraverso gli embarghi che inizierebbe la giustizia americana in caso di mancato pagamento, i conti esteri dello Stato argentino.

 

cristina kirchner presidente cristina kirchner presidente

Nell’immediato, tuttavia, l’uomo qualunque di Buenos Aires non deve attendersi uno scenario di caos come quello del 2001: l’isolamento finanziario in cui il Paese è stato relegato in seguito all’insolvenza di allora, lo salva dagli scossoni come quello di ieri, in cui però è caduta la borsa e la moneta locale.

 

Al tempo stesso, mancano i finanziamenti esteri per sostenere l’industria e sfruttare le enormi risorse naturali che possiede l’Argentina. Una situazione che il cittadino paga con un’inflazione alta e costante, che vanifica il suo stipendio, e che rende per lui quasi impossibile comprare un oggetto fabbricato all’estero. Allo stesso modo, per le aziende è difficile ottenere le forniture necessarie a creare il prodotto finito.

messi contro la bosnia 2messi contro la bosnia 2

 

Quindi, alla Casa Rosada non resta che scendere a patti con gli hold out e tentare di inibire futuri reclami, mettendo le giuste clausole nell’accordo. Poi, sperare davvero che Messi vinca i Mondiali e il popolo scordi, almeno per un po’, le ragioni di malcontento che gli danno i suoi governanti.

Obama, Michelle Bachelet, Cristina Kirchner e LulaObama, Michelle Bachelet, Cristina Kirchner e Lula

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