
DONALD, CHE TESTA D’ATOMO! CON L’IRAN A UN PASSO DALLA BOMBA ATOMICA, ORA TRUMP HA FRETTA DI TROVATE UN ACCORDO CON TEHERAN. COME DIMOSTRANO I COLLOQUI ANDATI IN SCENA IERI A ROMA – L’AMBASCIATORE STEFANINI: “L'IMPROBABILE DIVENTA POSSIBILE: TRUMP CHE CONCLUDE UN ACCORDO NUCLEARE CON L'IRAN OTTO ANNI DOPO AVER SMANTELLATO NEL 2017 QUELLO DI OBAMA. LE ALTERNATIVE SONO LA GUERRA ALL'IRAN O LA PROLIFERAZIONE NUCLEARE DELL'IRAN. COSA È CAMBIATO? TANTO. ECONOMICAMENTE ALLE STRETTE, L'IRAN È INDEBOLITO…”
Estratto dell’articolo di Stefano Stefanini per “La Stampa”
Usciti sorridendo sulla Camilluccia. Steve Witkoff, mediatore di fiducia di Donald Trump, e Abbas Araghchi, Ministro degli Esteri iraniano, si erano visti faccia a faccia per pochi minuti, il resto dei colloqui affidato alla premurosa intermediazione omanita. «Finiti positivamente» secondo Tasnim, voce stampa di Teheran.
[...] l'improbabile diventa possibile: Donald Trump che conclude un accordo nucleare con l'Iran otto anni dopo aver smantellato nel 2017 quello di Barack Obama. Le alternative sono la guerra all'Iran o la proliferazione nucleare dell'Iran. Che sarebbe regionalmente contagiosa.
abbas araghchi a roma con antonio tajani
Cosa è cambiato? Tanto, con due fattori determinanti e convergenti che spingono Usa e Teheran a cercare l'accordo. Economicamente alle strette, l'Iran è indebolito da un anno e mezzo di guerra, indiretta e diretta, con Israele con due scambi via aria in cui si è rivelato offensivamente inetto e difensivamente vulnerabile.
Questo lo spinge ancor di più a cercare la garanzia ultima dell'arma nucleare. Teheran lo nega, ma allora perché continua ad arricchire l'uranio, tanto da far dire a Rafael Grossi, direttore generale dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea), che l'Iran «non è lontano» dal disporre di bombe atomiche?
Abbas Araghchi e la delegazione iraniana in oman
Trump è determinato ad impedirlo, con le buone – negoziato – o con le cattive – intervento militare. Benjamin Netanyahu ha tentato di convincere il Presidente americano al secondo. Una volta tanto Bibi è stato respinto con perdite. Trump ha dato la precedenza al negoziato. Ma con Teheran ha messo in chiaro che se non va in porto, l'alternativa è la guerra. [...]
Il negoziato nucleare in corso fra Stati Uniti e Iran è pertanto anche un negoziato di corsa. Per due motivi. Uno oggettivo, l'altro soggettivo. L'Iran non è mai stato così vicino a dotarsi dell'arma nucleare. Nessuno, tranne il regime di Teheran, lo vuole.
Non Israele che non ne fa mistero; non i dirimpettai del Golfo o la confinante Turchia che non ne parlano ma lo pensano; non chi di noi europei abbia il buon senso di preoccuparsene; non la Russia o la Cina ai quali l'Iran sta bene con droni e idrocarburi, non con l'atomica. Non, naturalmente gli Usa. Qui entra in gioco il fattore soggettivo.
Donald Trump ha fretta. Fretta di deportare immigrati illegali. Fretta di imporre dazi ai quattro venti. Fretta di mettere il bavaglio alle università. Fretta anche in campo internazionale senza la bacchetta magica degli ordini esecutivi. Mostra frustrazione sulla guerra russo-ucraina – se il suo piano di pace non sarà accettato le 30 ore di tregua pasquale offerte da Putin sono un pallido palliativo.
L ACCORDO SUL NUCLEARE TRA TRUMP E KHAMENEI VISTO DA CHATGPT
Ma l'impazienza ha senso nella diplomazia nucleare: o Teheran si ferma prima della soglia dell'arma atomica o si ferma la diplomazia. Vedi Corea del Nord, con la quale pur ci ha provato. Invano.
Chi è causa del suo mal pianga se stesso. Donald Trump sta cercando di rifare quello che egli stesso aveva disfatto. L'accordo con l'Iran per tenere sotto controllo il programma nucleare esisteva: il Joint Comprehensive Plan of Action (Jcpoa), negoziato da Teheran con i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza Onu (Usa, Uk, Francia, Russia, Cina), più Germania e Ue, concluso nel 2015 e silurato solo due anni dopo dalla prima presidenza Trump.
La contropartita ottenuta dall'Iran era l'ammorbidimento delle sanzioni economiche. Fallito il tentativo europeo di tenerla in vita, l'incentivo per Teheran a rispettare i limiti imposti dal Jcpoa venne meno e si allentarono i controlli sul programma nucleare iraniano. Il Jcpoa era certamente perfettibile: tutt'altro che a tenuta stagna aveva un termine di dieci anni per cui sarebbe venuto comunque a scadenza adesso.
Ma se fosse rimasto in vigore l'Iran non sarebbe così vicino alla bomba atomica. Se Donald Trump, contro il parere del suo allora Segretario alla Difesa Jim Mattis, e di altri nella sua prima amministrazione, non avesse piantato i chiodi sulla bara del Jcpoa, non si troverebbe nella necessità di rinegoziare oggi ex novo lo stesso obiettivo: impedire all'Iran di diventare una potenza nucleare. [...]
sito nucleare di natanz in iran
BENJAMIN NETANYAHU ALL ONU DENUNCIA IL PROGRAMMA NUCLEARE IRANIANO