DOPO PASQUA, TENETEVI FORTE: ARRIVA LO TSUNAMI BERGOGLIO!

Massimo Franco per "Corriere della Sera"

Non ha voluto pronunciare il discorso che gli avevano preparato. Papa Francesco mercoledì sera ha parlato a braccio dal balcone della Basilica di San Pietro non per compiere un atto irrituale, ma perché le parole rituali che gli erano state sottoposte non lo convincevano: in qualche modo non interpretavano il suo pensiero e la sua idea di papato.

E dietro questo rifiuto che fonti vaticane confermano ufficiosamente, prende corpo, frammento dopo frammento, in una miscela di verità e di voci, un dopo-Conclave gravido di altre sorprese: anche perché stanno rapidamente emergendo la portata e le incognite legate al primo pontificato globale, dopo quello di un Giovanni Paolo II figlio e vincitore della Guerra Fredda; e dopo l'impossibile riflesso eurocentrico di Benedetto XVI. I «no» di Francesco alle abitudini del passato diventano, su questo sfondo, indizi di una nuova identità da inventare; e l'archiviazione obbligatoria dei residui di quella passata.

Il timore di una «strategia della tabula rasa» contro la Curia va letta dunque non nella chiave di una «punizione» ma di un'evoluzione inevitabile e irreversibile. Nasce dalla volontà disperata della maggioranza del Conclave, affidata all'ex arcivescovo gesuita di Buenos Aires, di riplasmare il governo vaticano; di renderlo più aderente a quello che il cattolicesimo una volta definito «periferico», e ora strategico, chiede a Roma. Al punto che qualcuno prevede: «Il problema non sarà quello di fare agire il Pontefice, ma di frenarlo».

Le sue parole nei confronti del «papa emerito» Benedetto XVI continuano ad essere bellissime, rispettose, affettuose, di «imperitura riconoscenza». Ma questo non significa, pare di capire, che Jorge Mario Bergoglio defletterà da una linea totalmente innovativa rispetto a Joseph Ratzinger. A imporglielo sono il contesto mutato e una crisi drammatica della Chiesa e del Vaticano.

«Segretario di Stato, Prefetto della Casa Pontificia, Cerimoniere delle liturgie: da queste tre nomine si capirà dove Francesco vuole portare la Chiesa», spiegava ieri un alto prelato non italiano. Faceva intendere implicitamente che tre caselle sono destinate a cambiare in un qualche momento dopo Pasqua: quella occupata da Tarcisio Bertone, quella riempita da pochi mesi da don Georg Gänswein, segretario particolare di Benedetto XVI, e l'altra di monsignor Guido Marini. La strada appare segnata, anche se dalla cerchia di due delle «eminenze» additate come i vertici del «partito romano», cioè Bertone e il decano del Collegio cardinalizio, Angelo Sodano, è stata fatta filtrare la notizia che il loro voto in Conclave è andato a Bergoglio in opposizione ad Angelo Scola. Con una punta di malizia gli avversari dei due ex segretari di Stato vaticani spiegano che le loro schede sono state aggiuntive, non decisive. E comunque, il mandato che Francesco si è dato non è di scendere a compromessi.

A conferma di una scelta forse in incubazione da giorni, e maturata prima ancora che i 115 «grandi elettori» si chiudessero nella Cappella Sistina, arriva una voce dagli Stati Uniti: quella di un incontro di lunedì 11 marzo a Washington. Il nunzio papale, Carlo Maria Viganò, ha ricevuto i vertici della «CALL», acronimo della Catholic Association of Latino Leaders, un'organizzazione caritativa che rappresenta circa cinquanta milioni di americani di lingua spagnola. E dopo avere ascoltato le loro domande e le loro previsioni sui «papabili» si sarebbe limitato a dire: comunque vada, mercoledì sera avremo il nuovo Papa. Viganò «indovinava» i tempi, se non l'esito, grazie alle notizie che riceveva dai suoi interlocutori statunitensi a Roma? Certo sapeva più di una Cei che dava per scontata l'elezione di Scola: al punto da avere preparato il comunicato di congratulazioni con il nome dell'arcivescovo di Milano, e da diffonderlo per sbaglio anche dopo la notizia che si trattava di Bergoglio.

Dal modo gioioso in cui la pattuglia guidata da Timothy Dolan, arcivescovo di New York, ha salutato Francesco dopo l'elezione, si è capito che i cardinali delle Americhe sono stati fra i registi più accorti e decisi del Conclave. E l'esito è un'operazione che smonta vecchi gesti, parole, logiche, quasi appartenessero a una «lingua morta»; e li assembla e li combina in modo nuovo, ridimensionando di fatto il peso della Curia e le sue dinamiche; e riequilibrando la presenza e il potere degli «italiani», sovrarappresentati e mal visti per avere alimentato, questa è l'accusa, divisioni e scandali. Non c'è solo il dettaglio di un Bergoglio che finora non ha mai chiamato «eminentissimi» i cardinali, come accadeva prima, ma solo «fratelli». Nè gli strappi al rituale del vestiario e degli spostamenti con i simboli più appariscenti e ultimamente contestati del potere pontificio. Qualcuno ha notato una punta di disagio nel nuovo papa perfino quando ieri ha rotto i sigilli dell'Appartamento.

È quello che tutti scrivono con la «a» maiuscola perché ci abitava Benedetto XVI, e che era rimasto chiuso dalle dimissioni del 28 febbraio scorso. Chi ha ritenuto, a torto o a ragione, di cogliere un'ombra nei primi sguardi del nuovo Pontefice all'Appartamento, non l'ha attribuita al fatto che proprio da quelle stanze sono stati fatti uscire molti dei documenti di Vatileaks, fotocopiati e portati via illegalmente dal maggiordomo Paolo Gabriele. Piuttosto, era come se agli occhi di una persona che non nasconde l'inclinazione alla frugalità, come Francesco, la casa sembrasse troppo grande: troppo «papale». Qualcuno arriva a scommettere che non sarebbe sorprendente se alla fine optasse per un appartamento più piccolo, scelto fra quelli al piano sopra.

Ma forse, questo fa parte della retorica che accompagna l'arrivo di ogni pontefice: un culto della personalità in parte fisiologico, perché dopo un trauma come la rinuncia di Benedetto XVI c'e bisogno di sottolineare la novità e perfino di esagerarla; in parte rischioso, perché alimentare attese di cambiamento epocali può trasformare le speranze in delusioni, quando le difficoltà e le resistenze si rivelano forti quanto la volontà di chi è stato eletto col compito di abbatterle. Per paradosso, Francesco ha il vantaggio dell'età. Avere quasi 77 anni gli permette di essere un pontefice non di transizione ma della transizione, nel senso meno banale del termine: è colui che deve promuoverla, provocarla, e fin dove gli sarà possibile guidarla. Più si andrà avanti, più sarà chiara una posta in gioco che rimette in discussione tutto, tranne i principi fondamentali sui quali si basa la dottrina della Chiesa cattolica. Per questo sarà un processo doloroso, punteggiato da altri «no».

 

PAPA BERGOGLIO FRANCESCO IN METRO PAPA BERGOGLIO PAPA BERGOGLIO cristina fernandez de kirchner e bergoglio FIGURINA MARIO BERGOGLIO CALCIATORE ARGENTINA bergoglio mannelli BERGOGLIO SALUTA PIAZZA SAN PIETRO DOPO LELEZIONE suora foto a nuovo papa francesco bergoglio

Ultimi Dagoreport

ursula von der leyen giorgia meloni elon musk donald trump

DAGOREPORT – IL CAMALEONTISMO DELLA DUCETTA FUNZIONA IN CASA MA NON PAGA QUANDO METTE I BOCCOLI FUORI DAI CONFINI NAZIONALI - MELONI PRIMA SI VANTAVA DELL’AMICIZIA CON MUSK E STROPPA E DELLA “SPECIAL RELATIONSHIP” CON TRUMP, ORA È COSTRETTA A TACERE E A NASCONDERSI PER NON PASSARE COME "AMICA DEL GIAGUARO" AGLI OCCHI DELL'UE. E, OBTORTO COLLO, E' COSTRETTA A LASCIARE A STARMER E MACRON IL RUOLO DI PUNTO DI RIFERIMENTO DELL'EUROPA MENTRE SALVINI VESTE I PANNI DEL PRIMO TRUMPIANO D’ITALIA, L'EQUILIBRISMO ZIGZAGANTE DELLA GIORGIA DEI DUE MONDI VIENE DESTABILIZZATO ANCOR DI PIU' DAL POSIZIONAMENTO ANTI-TRUMP DEL PROSSIMO CANCELLIERE TEDESCO MERZ CHE FA SCOPA COL POLACCO TUSK, E LEI RISCHIA DI RITROVARSI INTRUPPATA CON IL FILO-PUTINIANO ORBAN - IL COLPO AL CERCHIO E ALLA BOTTE DEL CASO STARLINK-EUTELSAT...

elly schlein luigi zanda romano prodi - stefano bonaccini goffredo bettini dario franceschini

DAGOREPORT – PD, UN PARTITO FINITO A GAMBE ALL'ARIA: LA LINEA ANTI-EUROPEISTA DI SCHLEIN SULL’UCRAINA (NO RIARMO) SPACCA LA DIREZIONE DEM ED ELETTORI - SOLO LA VECCHIA GUARDIA DI ZANDA E PRODI PROVANO A IMPEDIRE A ELLY DI DISTRUGGERE IL PARTITO – LA GIRAVOLTA DI BONACCINI, CHE SI È ALLINEATO ALLA SEGRETARIA MULTIGENDER, FA IMBUFALIRE I RIFORMISTI CHE VANNO A CACCIA DI ALTRI LEADER (GENTILONI? ALFIERI?) – FRANCESCHINI E BETTINI, DOPO LE CRITICHE A ELLY, LA SOSTENGONO IN CHIAVE ANTI-URSULA - RISULTATO? UN PARTITO ONDIVAGO, INDECISO E IMBELLE PORTATO A SPASSO DAL PACIFISTA CONTE E DAL TUMPUTINIANO SALVINI CHE COME ALTERNATIVA AL GOVERNO FA RIDERE I POLLI…

ursula von der leyen elisabetta belloni

FLASH – URSULA VON DER LEYEN HA STRETTO UN RAPPORTO DI FERRO CON LA SUA CONSIGLIERA DIPLOMATICA, ELISABETTA BELLONI – SILURATA DA PALAZZO CHIGI, “NOSTRA SIGNORA ITALIA” (GRILLO DIXIT) HA ACCOMPAGNATO LA PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE EUROPEA NEL SUO VIAGGIO IN INDIA, SI È CIRCONDATA DI UN PICCOLO STAFF CHE INCLUDE GLI AMBASCIATORI MICHELE BAIANO E ANDREA BIAGINI – URSULA, PER FRONTEGGIARE L’URAGANO TRUMP, HA APPIANATO LE TENSIONI CON IL NEO-CANCELLIERE TEDESCO, FRIEDRICH MERZ (LEI ERA LA COCCA DELLA MERKEL, LUI IL SUO PIÙ ACERRIMO RIVALE). PACE FATTA ANCHE CON LA NEMESI, MANFRED WEBER…

emmanuel macron donald trump keir starmer xi jinping elon musk

DAGOREPORT – COME MAI LA GRAN BRETAGNA, PAESE STORICAMENTE GEMELLATO CON GLI STATI UNITI, SI E' RIAVVICINATA DI COLPO ALL'EUROPA, DIMENTICANDO LA BREXIT? DIETRO LA SORPRENDENTE SVOLTA DI KEIR STARMER CI SONO STATI VARI INCONTRI TRA I GRANDI BANCHIERI ANGLO-AMERICANI SPAVENTATI DAL CAOS ECONOMICO CREATO DAI DAZI DI TRUMP E DALLE CRIPTOVALUTE DI MUSK - DI QUI, SONO PARTITE LE PRESSIONI DEL CAPITALISMO FINANZIARIO SU KEIR STARMER PER UNA SVOLTA EUROPEISTA SULL'ASSE PARIGI-LONDRA CHE OPPONGA STABILITÀ E RAGIONEVOLEZZA ALLE MATTANE DELLA CASA BIANCA – ANCHE LA CINA, CHE HA RIPESCATO I VECCHI CAPITALISTI COME IL FONDATORE DI ALIBABA JACK MA, SI STA PREPARANDO A RISPONDERE ALLA DESTABILIZZAZIONE TRUMPIANA (XI JINPING HA NELLA FONDINA UN'ARMA MICIDIALE: 759 MILIARDI DI TITOLI DEL DEBITO USA. UNA VOLTA BUTTATI SUL MERCATO, SALTEREBBE IN ARIA TUTTO...)

volodymyr zelensky donald trump vladimir putin

DAGOREPORT - ZELENSKY? VATTELA PIJA ‘NDER KURSK! LA CONTROFFENSIVA RUSSA NELLA REGIONE OCCUPATA DAGLI UCRAINI È IL FRUTTO DELLO STOP AMERICANO ALLA CONDIVISIONE DELL’INTELLIGENCE CON KIEV: SENZA L’OCCHIO DELLO ZIO SAM, LE TRUPPE DI ZELENSKY NON RESISTONO – IL TYCOON GODE: I SUCCESSI SUL CAMPO DI PUTIN SONO UN’ARMA DI PRESSIONE FORMIDABILE SU ZELENSKY. MESSO SPALLE AL MURO, L’EX COMICO SARÀ COSTRETTO A INGOIARE LE CONDIZIONI CHE SARANNO IMPOSTE DA USA E RUSSIA A RIAD…

turicchi, giorgetti, sala

FLASH! - IL DILEMMA DI GIORGETTI: IL CAPO DELLE PARTECIPATE DEL TESORO E SUO FEDELISSIMO, MARCELLO SALA, NON HA INTENZIONE DI TRASLOCARE ALLA PRESIDENZA DI NEXI PER FARE POSTO AD ANTONINO TURICCHI, CHE VANTA PERO’ UN ‘’CREDITO’’ NEI CONFRONTI DEL MINISTRO DEL MEF PER AVER CONDOTTO IN PORTO LE TRATTATIVE ITA-LUFTANSA. MA ALLA PRESIDENZA DI ITA, INVECE DI TURICCHI, MELONI & C. HANNO IMPOSTO SANDRO PAPPALARDO, UN PILOTA PENSIONATO LEGATO AL CLAN SICULO DI MUSUMECI – ORA GIORGETTI SPERA CHE VENGA APPLICATA LA LEGGE CHE VIETA AI PENSIONATI DI STATO DI RICOPRIRE INCARICHI RETRIBUITI)…