NELLO SCONCERTO GENERALE DEL CENTRODESTRA, ANDATO SOTTO ALLA CAMERA DEI DEPUTATI NEL VOTO SUL DEF, IL MINISTRO GIORGETTI (A CUI NON PIACCIONO GLI SCOSTAMENTI DI BILANCIO) SI È AVVICINATO AI BANCHI DELL’OPPOSIZIONE E, CON UNA RISATA NERVOSA, HA IRONICAMENTE RINGRAZIATO GLI AVVERSARI CHE SI ERANO ESPRESSI CONTRO IL DOCUMENTO DEL GOVERNO: “IN FONDO, AVETE SOSTENUTO LA MIA LINEA...” - E NEL CENTRODESTRA C’È GIÀ CHI GODE PER L’INCIAMPO: “COMUNQUE È STATA UNA PICCOLA LEZIONE PER GIORGIA MELONI…”
Estratto dell’articolo di Francesco Verderami per il “Corriere della Sera”
[…] l’errore da matita blu che ha mandato gambe all’aria il governo alla Camera ha dell’incredibile. Siccome il voto sulla risoluzione per lo scostamento di bilancio ha valenza costituzionale, serviva la maggioranza assoluta perché l’atto di indirizzo venisse approvato. Nel centrodestra hanno invece supposto che i deputati in missione avrebbero abbassato il quorum.
A fronte di una svista da studente di diritto alle prime armi, nessuno ha fatto caso all’«assenza giustificata» di ministri, presidenti di commissione, capigruppo. Così, quando sul display di Montecitorio è apparso il risultato, c’è voluto qualche minuto al governo per rendersi conto del disastro.
alfredo mantovano giorgia meloni
Nello sconcerto generale, raccontano che Giancarlo Giorgetti si sia avvicinato ai banchi dell’opposizione, dove pure non avevano subito capito cosa fosse accaduto. Con una risata che nascondeva il nervosismo, il ministro dell’Economia — noto per essere allergico agli scostamenti di bilancio — ha ironicamente ringraziato gli avversari che si erano espressi contro il documento dell’esecutivo: «In fondo, avete sostenuto la mia linea...».
MEME SULLA BOCCIATURA DELLA RISOLUZIONE SULLO SCOSTAMENTO DI BILANCIO
Ma da quel momento non c’è stato più nulla da ridere nel centrodestra. Il pasticciaccio brutto della Camera costringe ora il governo e i parlamentari a un tour de force supplementare per consentire a Giorgia Meloni di approvare il taglio del cuneo fiscale il primo maggio. L’errore non sarà figlio del dolo politico, ma ieri in Transatlantico un autorevole rappresentante della maggioranza ha sussurrato che «comunque è stata una piccola lezione per la premier».
E mentre alcuni deputati che avevano saltato la votazione si precipitavano a Montecitorio con il volto tetro, i più anziani alleati di Meloni tornavano con la memoria a un nefasto precedente, quando «per molto meno nel 2011, sul rendiconto dello Stato, Berlusconi dovette lasciare palazzo Chigi».
Allora fu una manovra, stavolta è stata la fiera dell’imperizia. «Perché — discutevano nei capannelli del Pd — se fossimo stati noi al governo e avessimo capito che i numeri erano a rischio, saremmo stati più furbi. Franceschini di certo avrebbe chiesto a un vice presidente della Camera di opposizione di presiedere la seduta.
Loro invece hanno perso anche il voto di Rampelli che guidava l’Aula». E giù risate. La missione impossibile del centrodestra, quella cioè di andar sotto nonostante la schiacciante maggioranza, si è realizzata per mano dei deputati in missione. Ma anche per qualche «fraintendimento» con i gruppi avversari.
A parte il fatto che in passato gli scostamenti di bilancio erano stati (quasi) sempre approvati all’unanimità, in questo caso il governo riteneva che almeno il Terzo polo avrebbe votato alla Camera come aveva fatto al Senato: cioè a favore. E in effetti Luigi Marattin, di Italia Viva, aveva invitato il gruppo ad appoggiare la risoluzione con un ragionamento di sistema. Ma i Calenda boys si sono opposti per evitare di essere additati come stampella del governo.
[…] I soliti sospetti allignavano anche tra M5S e Pd, dove c’è chi teorizza che le recenti moine di Giuseppe Conte verso Meloni siano legate alle nomine: la premier avrebbe infatti promesso per l’ex ministro Alfonso Bonafede un posto nel Consiglio di presidenza della giustizia tributaria. Perciò ieri i dem hanno monitorato la presenza dei grillini in Aula fino al botto. […]