mario draghi enrico letta

DRAGHI NON VUOLE FARE LA FINE DI MONTI - A PALAZZO CHIGI LA PROPOSTA DI ENRICO LETTA DI UN TAVOLO TRA I LEADER DELLA MAGGIORANZA SULLA MANOVRA RACCOGLIE MOLTO SCETTICISMO. IL PREMIER HA SEMPRE TRATTATO SEPARATAMENTE CON I PARTITI, PER POI ARRIVARE A SINTESI MANTENENDOSI IN EQUILIBRIO. E POI ANCHE PERCHÉ IL TAVOLO RICORDA MOLTO QUELLO DEL GOVERNO MONTI. CON IL RISCHIO DI FINIRE NELLE SABBIE MOBILI DELLE LITI E DEI DISPETTI RECIPROCI - IL SILENZIO DI “ITALIA VIVA” E L’OSTRACISMO DI CONTE

Annalisa Cuzzocrea per "La Stampa"

 

mario draghi.

Si può anche cambiare metodo, ma dev' essere per il meglio. Intorno a Mario Draghi cresce lo scetticismo per la proposta lanciata da Enrico Letta: un patto tra i leader di maggioranza - davanti al presidente del Consiglio - per fare gli aggiustamenti necessari e poi mettere in salvo la legge di Bilancio.

 

L'intenzione del segretario Pd non era certo quella di mettere i bastoni tra le ruote al leader dell'esecutivo. Il timore di Letta era piuttosto il Vietnam sulla manovra: la guerra degli emendamenti incrociati, le possibili maggioranze variabili, una conseguente e pericolosa destabilizzazione.

 

Soprattutto dopo i fuochi delle elezioni amministrative e alla vigilia dell'elezione del nuovo capo dello Stato. Ma a Palazzo Chigi, nell'entourage del premier e tra i suoi ministri, emergono ben altri timori. Il primo riguarda proprio il ruolo del presidente del Consiglio.

draghi enrico gianni letta

 

Draghi finora ha usato un metodo consolidato e in linea con il mandato ricevuto da Sergio Mattarella: il suo è un governo di salvezza nazionale che deve volare al di sopra dei conflitti dei partiti. In qualche modo prescinderne, pur nell'obbligo di trovare un punto di incontro. Per questo, le mediazioni il premier le ha sempre fatte a livello di cabina di regia, con i ministri, o facendo sì che a cercare un confronto fossero i capigruppo.

 

enrico letta matteo salvini meeting rimini 3

Con i leader di Pd, Lega, Forza Italia, Movimento 5 Stelle, ha sempre voluto trattare separatamente. E così pensava di continuare a fare, convinto che sia il modo più semplice di mantenersi in equilibrio sopra la follia di una maggioranza che va da chi vorrebbe tutti i soldi del taglio delle tasse nelle busta paga dei lavoratori dipendenti e chi - Lega e Forza Italia - pensa al contrario che debbano andare agli autonomi e all'abolizione dell'Irap, la tassa regionale sulle imprese.

 

giorgia meloni enrico letta foto di bacco

Il secondo timore sono gli effetti di un tavolo del genere, che ricorda tanto quelli che - da premier tecnico - era costretto a tenere Mario Monti. Con le inconvenienze di dover gestire liti, capricci e defezioni improvvise. Perché rischia di limitare lo spazio di azione del premier: «Che succede - chiede un ministro - se i leader si accordano davanti a lui per cambiare l'ecobonus e il presidente non vuole?».

GIORGIA MELONI E MATTEO SALVINI

 

Il centrodestra ha accolto l'idea con entusiasmo e addirittura, nel caso di Matteo Salvini, rivendicandola. Ma il segretario della Lega ieri ha visto per oltre un'ora la leader di Fratelli d'Italia Giorgia Meloni, che pur essendo all'opposizione non intende farsi tagliare fuori.

 

In più, attorno a Draghi fanno notare i silenzi: cosa intende fare Italia Viva? Matteo Renzi e i suoi non si fidano della proposta, se non altro perché viene dal segretario Pd. Si chiedono cosa ci sia dietro e anche se sostengono, ufficialmente, che non saranno loro a mettersi di traverso qualora il premier decidesse di andare in quella direzione, certo non premono per farlo.

GIUSEPPE CONTE E MARIO DRAGHI

Ma l'incognita maggiore è il Movimento: «Non abbiamo alcuna intenzione di riportare al tavolo Salvini dopo anni di battaglie», dice uno dei massimi dirigenti M5S. Né i 5 stelle hanno alcuna voglia di rimettersi al tavolo anche con Renzi, cui ieri hanno indirizzato 13 domande a proposito del piano anti-Grillo emerso dalle carte dell'inchiesta di Firenze sulla fondazione Open. Per i ministri, significherebbe vedere limitato il loro ruolo a vantaggio di quello di Conte.

 

Ma in generale, sono tutti i parlamentari a rivendicare una maggiore centralità, che il caminetto dei leader umilierebbe. Così, da Chigi si fa sapere che se tutti sono d'accordo è un conto, ma se ci sono dubbi si continua come prima. Dal Nazareno, invece, viene spiegato che quella del segretario dem è una «proposta di metodo per un lavoro collettivo».

 

draghi mattarella renzi partita di poker

Che parta proprio dal Parlamento: cominciando dalla conferenza dei capigruppo in Senato, dove bisognerà decidere le modalità per andare in commissione e poi in aula. Sminato il terreno dai nodi tecnici, si affronteranno quelli politici a livello ancora di capigruppo prima e di leader poi. Il tutto, ripetono i dem, per aiutare Draghi, che «non può essere sempre il pompiere di piccoli o grandi incendi». E quindi per rafforzare l'azione riformista del governo mettendola al riparo da tensioni che nulla hanno a che fare con la manovra, cruciale per la ripresa post-Covid, e molto invece con quello che è stato e - soprattutto - quello che verrà.

ENRICO LETTA PARLA DI DRAGHI A PORTA A PORTAdraghi letta

Ultimi Dagoreport

donald trump joe biden benjamin netanyahu

DAGOREPORT - SUL PIÙ TURBOLENTO CAMBIO D'EPOCA CHE SI POSSA IMMAGINARE, NEL MOMENTO IN CUI CRISI ECONOMICA, POTERI TRADIZIONALI E GUERRA VANNO A SCIOGLIERSI DENTRO L’AUTORITARISMO RAMPANTE DELLA TECNODESTRA DEI MUSK E DEI THIEL, LA SINISTRA È ANNICHILITA E IMPOTENTE - UN ESEMPIO: L’INETTITUDINE AL LIMITE DELLA COGLIONERIA DI JOE BIDEN. IL PIANO DI TREGUA PER PORRE FINE ALLA GUERRA TRA ISRAELE E PALESTINA È SUO MA CHI SI È IMPOSSESSATO DEL SUCCESSO È STATO TRUMP – ALL’IMPOTENZA DEL “CELOMOLLISMO” LIBERAL E BELLO, TUTTO CHIACCHIERE E DISTINTIVO, È ENTRATO IN BALLO IL “CELODURISMO” MUSK-TRUMPIANO: CARO NETANYAHU, O LA FINISCI DI ROMPERE I COJONI CON ‘STA GUERRA O DAL 20 GENNAIO NON RICEVERAI MEZZA PALLOTTOLA DALLA MIA AMMINISTRAZIONE. PUNTO! (LA MOSSA MUSCOLARE DEL TRUMPONE HA UN OBIETTIVO: IL PRINCIPE EREDITARIO SAUDITA, MOHAMMED BIN SALMAN)

giorgia meloni tosi matteo salvini luca zaia vincenzo de luca elly schlein

DAGOREPORT - MENTRE IL PD DI ELLY, PUR DI NON PERDERE LA CAMPANIA, STA CERCANDO DI TROVARE UN ACCORDO CON DE LUCA, LEGA E FRATELLI D’ITALIA SONO A RISCHIO DI CRISI SUL VENETO - ALLE EUROPEE FDI HA PRESO IL 37%, LA LEGA IL 13, QUINDI SPETTA ALLA MELONI DEI DUE MONDI - A FAR GIRARE VIEPPIÙ I CABASISI A UN AZZOPPATO SALVINI, IL VELENO DI UN EX LEGHISTA, OGGI EURODEPUTATO FI, FLAVIO TOSI: ‘’IL TERZO MANDATO NON ESISTE, ZAIA NON HA NESSUNA CHANCE. TOCCA A FDI, OPPURE CI SONO IO”

emmanuel macron ursula von der leyen xi jinping donald trump giorgia meloni

DAGOREPORT – PER TRUMP L'EUROPA NON E' PIU' UN ALLEATO MA SOLO UN CLIENTE PER IMPORRE I SUOI AFFARI - ALL’INAUGURATION DAY CI SARÀ SOLO GIORGIA (QUELLA CHE, TRUMP DIXIT, "HA PRESO D'ASSALTO L'EUROPA") MA NON URSULA VON DER LEYEN - CHE FARE DI FRONTE ALL'ABBANDONO MUSK-TRUMPIANO DI UNA CONDIVISIONE POLITICA ED ECONOMICA CON I PAESI DELL'OCCIDENTE? - CI SAREBBE IL PIANO DRAGHI, MA SERVONO TANTI MILIARDI E VOLONTÀ POLITICA (AL MOMENTO, NON ABBONDANO NÉ I PRIMI, NÉ LA SECONDA) - L’UNICA SOLUZIONE È SPALANCARE LE PORTE DEGLI AFFARI CON PECHINO. L'ASSE EU-CINA SAREBBE LETALE PER "AMERICA FIRST" TRUMPIANA

giorgia meloni daniela santanche galeazzo bignami matteo salvini antonio tajani

DAGOREPORT - ‘’RESTO FINCHÉ AVRÒ LA FIDUCIA DI GIORGIA. ORA DECIDE LEI”, SIBILA LA PITONESSA. ESSÌ, LA PATATA BOLLENTE DEL MINISTRO DEL TURISMO RINVIATO A GIUDIZIO È SUL PIATTO DELLA DUCETTA CHE VORREBBE PURE SPEDIRLA A FARE LA BAGNINA AL TWIGA, CONSCIA CHE SULLA TESTA DELLA “SANTA” PENDE ANCHE UN EVENTUALE PROCESSO PER TRUFFA AI DANNI DELL’INPS, CIOÈ DELLO STATO: UNO SCENARIO CHE SPUTTANEREBBE INEVITABILMENTE IL GOVERNO, COL RISCHIO DI SCATENARE UN ASSALTO DA PARTE DEI SUOI ALLEATI AFFAMATI DI UN ''RIMPASTINO'', INDIGERIBILE PER LA DUCETTA - DI PIU': C’È ANCORA DA RIEMPIRE LA CASELLA RESA VACANTE DI VICE MINISTRO DELLE INFRASTRUTTURE, OCCUPATA DA GALEAZZO BIGNAMI…

giancarlo giorgetti francesco miller gaetano caltagirone andrea orcel nagel

DAGOREPORT – CON L'OPERAZIONE GENERALI-NATIXIS, DONNET  SFRUTTA UN'OCCASIONE D'ORO PER AVVANTAGGIARE IL LEONE DI TRIESTE NEL RICCO MERCATO DEL RISPARMIO GESTITO. MA LA JOINT-VENTURE CON I FRANCESI IRRITA NON SOLO GIORGETTI-MILLERI-CALTAGIRONE AL PUNTO DI MINACCIARE IL GOLDEN POWER, MA ANCHE ORCEL E NAGEL - PER L'AD UNICREDIT LA MOSSA DI DONNET È BENZINA SUL FUOCO SULL’OPERAZIONE BPM, INVISA A PALAZZO CHIGI, E ANCHE QUESTA A RISCHIO GOLDEN POWER – MENTRE NAGEL TEME CHE CALTA E MILLERI SI INCATTIVISCANO ANCOR DI PIU' SU MEDIOBANCA…

papa francesco spera che tempo che fa fabio fazio

DAGOREPORT - VOCI VATICANE RACCONTANO CHE DAL SECONDO PIANO DI CASA SANTA MARTA, LE URLA DEL PAPA SI SENTIVANO FINO ALLA RECEPTION - L'IRA PER IL COMUNICATO STAMPA DI MONDADORI PER LA NUOVA AUTOBIOGRAFIA DEL PAPA, "SPERA", LANCIATA COME IL PRIMO MEMOIR DI UN PONTEFICE IN CARICA RACCONTATO ''IN PRIMA PERSONA''. PECCATO CHE NON SIA VERO... - LA MANINA CHE HA CUCINATO L'ENNESIMA BIOGRAFIA RISCALDATA ALLE SPALLE DI BERGOGLIO E' LA STESSA CHE SI E' OCCUPATA DI FAR CONCEDERE DAL PONTEFICE L'INTERVISTA (REGISTRATA) A FABIO FAZIO. QUANDO IL PAPA HA PRESO VISIONE DELLE DOMANDE CONCORDATE TRA FABIOLO E I “CERVELLI” DEL DICASTERO DELLA COMUNICAZIONE È PARTITA UN’ALTRA SUA SFURIATA NON APPENA HA LETTO LA DOMANDINA CHE DOVREBBE RIGUARDARE “SPERA”…