CETRIOLI GLOBALI - SETTE ANNI FA LA SCOPERTA DEL BLUFF MONDIALE DELLA FINANZA E L’INIZIO DELLA GRANDE CRISI – DAI MUTUI SUBPRIME ALLA DIFESA DELLE BANCHE DA PARTE DEI GOVERNI, ECCO GLI ERRORI CHE HANNO PEGGIORATO LE COSE
Francesco Guerrera per “La Stampa”
Michael non sa molto della crisi finanziaria del 2008. E’ un ragazzo svelto, capace e simpatico, che vuole capire Wall Street e i mercati. Ma ha 22 anni e quando gli ho chiesto che cosa pensasse del dramma di sei anni fa, della bolla immobiliare che scoppiò in faccia alle banche americane ed europee facendo tremare l’economia mondiale, mi ha risposto con un sorriso un po’ impacciato.
«Solo quello che ho letto nei libri e sui giornali», mi ha detto, quasi scusandosi della sua giovane età. A più di mezzo decennio dalla crisi, c’è una generazione che non ha vissuto quegli eventi sulla propria pelle. Momenti che sono passati alla storia – il crollo di Lehman Brothers, il collasso di Aig, gli aiuti governativi a banche di mezzo mondo – già sbiadiscono nella memoria collettiva.
NOI CI ACCAMPIAMO COSi IL MOVIMENTO DI OCCUPY WALL STREET FA IL VERSO A OBAMA
Ma prima di dimenticare completamente, prima che un’industria finanziaria dalla nota memoria corta ricominci il ciclo inarrestabile di creazione e distruzione della ricchezza, vale la pena ritornare al peccato originale. Nove agosto 2007: Bnp Paribas congela tre fondi d’investimento esposti ai famigerati mutui americani. Il titolo Bnp, quotato sulla borsa di Parigi scende di più del 4% in un giorno.
Banca francese, investimenti americani, investitori di tutto il mondo: sin dall’inizio la crisi è globale. Il resto lo si può passare al fast-forward. Nomi famosi diventano famigerati: Bear Stearns, Lehman Brothers, Aig e poi Citigroup, Goldman Sachs, Bank of America e Ubs, senza dimenticarsi di Fannie Mae e Freddie Mac, gli architetti pazzi del sistema dei mutui made in Usa.
Nomi quasi sconosciuti diventano anch’essi famigerati: Dexia, Royal Bank of Scotland, Northern Rock, Hypo Real Estate. Burocrati e banchieri centrali abituati a riunirsi a porte chiuse, da Ben Bernanke a Tim Geithner a Mario Draghi, diventano gli angeli custodi del capitalismo mondiale. Il commercio transatlantico è paralizzato. I ricchissimi signori della finanza incominciano a vendere le opere d’arte e vanno al Bancomat a prendere contanti perché non si sa mai.
TIM GEITHNER AL GIURAMENTO OBAMA
I contribuenti americani ed europei mettono mano al portafogli per salvare le banche e tirano la cinghia per sopravvivere nella recessione del dopo-crisi. Il prezzo è l’odio viscerale per finanza e banchieri, che trova sfogo nelle tendopoli dei ragazzi di Occupy. Zuccotti Park – nome un po’ grandioso per un paio di alberi piantati nel cemento a due passi da Wall Street – diventa il simbolo di chi dice basta ma non ha grandi idee di come proseguire.
E il peccato? Il peccato c’è ma non è tanto originale. È la cupidigia. Ne parlava già Dante, che di banche e debiti qualcosina sapeva. La cupidigia di americani che pensavano che comprare casa fosse un diritto, di banche che gli hanno prestato soldi senza controllare se potessero pagare, e di trader che hanno creato investimenti-Frankenstein per prendersi bonus principeschi.
Le banche centrali, prima di diventare angeli custodi, ci hanno messo del loro con l’incompetenza clamorosa di abbassare i tassi d’interesse senza preoccuparsi delle bolle che stavano gonfiando. I mass media, come spesso accade, non riuscirono a capire la gravità della situazione fino a quando non fu troppo tardi.
A Michael e agli altri ragazzi che vivono nell’era Dc (dopo la crisi), possiamo dire che i politici e le autorità di settore si mossero, costruendo una torre di Babele di leggi e regole per imbrigliare banchieri e trader, mutui e agenti immobiliari. Gli effetti sono visibili.
dante alighieri divina commedia
Le banche sono più piccole e più timide. Prestano di meno, operano nelle zone più sicure dei mercati e cercano di non fare business con loschi figuri o amici del brivido. I bonus sono più piccoli e meno ostentati, spesi in privato e non nei nightclub di New York e Londra.
L’economia sopravvive perché parte del ruolo storico delle banche – trasferire denaro da risparmiatori a società, imprenditori, mercati – è stato assunto da altre figure. Oggigiorno, molti hedge fund prestano denaro ai propri clienti mentre la tecnologia permette il contatto diretto tra chi i soldi ce li ha e chi ne ha bisogno, grazie a facilitatori quali Lending Club, Kickstarter.
Forse siamo sull’orlo di una rivoluzione finanziaria che ridimensionerà Wall Street e altri classici agenti economici a favore di una nuova leva d’individui, piccole società e maghi della tecnologia che permetteranno a consumatori, aziende e investitori di svolgere i propri compiti senza passare per la banca.
NICOLAS SARKOZY FOTOGRAFATO DA PHILIPPE WARRIN jpeg
Figure come Jack Dorsey - il fondatore di Twitter e Square, un sistema di pagamenti «virtuali» - potrebbero essere i nuovi Rockefeller e Jp Morgan. Quello che non possiamo dire, a Michael e ai suoi amici, è che non succederà più. Che regole e leggi hanno messo fine alla cupidigia umana o alla pericolosa creatività di un’industria piena di cervelli eccezionali.
C’è sicuramente qualcuno nelle tante stanze senza finestre di Wall Street che sta inventando qualche strumento che farà molti soldi ma potrà mettere a repentaglio la finanza mondiale. Non saranno fondi d’investimento francesi o mutui subprime ma qualcos’altro. La soluzione non è Occupy o l’orgia regolatrice del Congresso e dell’Unione europea. E non è nemmeno un cambio di regime. Dai tempi della guerra fredda sappiamo che il capitalismo logora chi non ce l’ha.
La soluzione, imperfetta ma unica, è non dimenticare la crisi. Ricordarsi degli eccessi, dei problemi e delle conseguenze per evitare che si ripetano in maniera così rovinosa. Spiegare a chi vuole ascoltare cosa successe veramente il nove agosto del 2007. La nostra speranza? La nostra speranza è Michael.
2. ECCO GLI ERRORI CHE HANNO COMPLICATO LE COSE
Stefano Lepri per “La Stampa”
Per consolarci di questa lunga crisi ci hanno detto che il mondo ha saputo evitare disastri come quelli degli anni ’30 – un disoccupato ogni 4 o 5 lavoratori, la caccia agli ebrei in Germania, le purghe di Stalin in Russia – sboccati nella seconda guerra mondiale. Ma, fino al 2007, ci avevano assicurato invece che di crisi non ce ne sarebbero state più.
Nei primi anni, sono cadute le certezze neoliberiste: lasciare i mercati a sé stessi, senza regole, aveva scatenato una micidiale instabilità. Negli anni seguenti tutti i rimedi, vecchi o nuovi, hanno mostrato limiti. La politica democratica ne è messa in difficoltà: in America polarizzata come non mai tra destra e sinistra, in Europa erosa da xenofobie e qualunquismi.
Fin dall’inizio è stata una crisi globale. Il crollo del castello di carte finanziarie costruito sui mutui casa in America sparse paura nella City di Londra, a Singapore, a Tokyo, a Shanghai; alle difficoltà di una banca parigina rispose da Francoforte la Bce con interventi disposti da un suo dirigente italiano.
Poche settimane dopo, file di correntisti impauriti si affollavano agli sportelli di una azienda di credito inglese; il panico aizzava invece le banche dell’Islanda a moltiplicare gli azzardi. Richiederebbe ora soluzioni condivise un mondo con troppi disoccupati in molte parti, abbondanza di capitali in altre (governo cinese, Paesi del petrolio, imprese americane e tedesche).
Al contrario ha aggravato le difficoltà l’egoismo delle classi dirigenti nazionali a tutela dei propri poteri; e in un circolo vizioso i cittadini sconfortati spesso tendono a chiudersi ancora di più nelle nazioni. Se non altro, oggi alcuni errori commessi stanno diventando evidenti. Tornare indietro non si può, ma è utile ragionare su chi ha sbagliato e perché.
cambio della guardia bruni sarkozy hollande trierweiler
1. gennaio 2008
I governi del mondo insistono a credere che la crisi riguardi soltanto la finanza. Non è vero: decine di migliaia di famiglie americane che non riescono a pagare le rate dei mutui frenano consumi, credito, edilizia. Il Fondo monetario internazionale se ne è accorto, e con una svolta di 180 gradi invece di predicare l’austerità invita i governi a stimolare l’economia.
Ma non viene ascoltato; dietro le quinte, è perfino accusato di allarmismo. E’ vero peraltro che il direttore generale Fmi Dominique Strauss-Kahn (poi travolto da uno scandalo sessuale) ambiva soprattutto a diventare presidente della Francia.
2. luglio 2008
In Europa la Bce addirittura alza i tassi di interesse per contrastare l’inflazione, dato che il prezzo del greggio e di altre materie prime è in forte salita.
Ma la crisi finanziaria non è affatto finita; le banche continuano ad aver paura una dell’altra, il denaro non circola. Lo sanno bene le famiglie con mutui casa a tasso indicizzato, le cui rate si sono molto appesantite; o le imprese che già stanno pagando il credito molto caro.
3. ottobre 2008
Dopo il crac della Lehman Brothers, si avviano quasi ovunque le misure di rilancio rifiutate all’inizio dell’anno. Ma in Europa i governi non vogliono riconoscere che le banche sono infette di «titoli tossici» americani; ognuno tenta di proteggere le proprie. Oggi Mario Draghi lo definisce un errore cruciale. L’Irlanda compie la mossa tra donchisciottesca (in sé) e piratesca (verso gli altri Stati) di garantire tutti i depositi nelle proprie aziende di credito, per evitare una colossale fuga di capitali. Autorevoli economisti chiedono un intervento comune europeo che sostenga le banche se necessario esautorandone i gruppi dirigenti; non vengono ascoltati.
DOMINIQUE STRAUSS KAHN INTERVISTATO DALLA CNN
4. giugno 2010
Il vertice del G-20 di Toronto stabilisce che la recessione è finita, dunque niente più stimoli all’economia, occorre tornare al rigore di bilancio. La Germania ne è convintissima, anche data la crisi europea del debito partita dalla Grecia, gli Usa meno. Piercarlo Padoan sostiene ora che fu uno sbaglio; ammette di esserne stato, come capo economista dell’Ocse, corresponsabile.
5. ottobre 2010
A Deauville Nicolas Sarkozy e Angela Merkel annunciano che nelle future crisi debitorie di Stati anche i creditori privati saranno chiamati a pagare. A porte chiuse, il presidente della Bce Jean-Claude Trichet la definisce una follia.
In linea di principio sarebbe giusto, in pratica darne annuncio scatena definitivamente il contagio dalla Grecia agli altri Paesi deboli dell’euro. La cancelliera voleva soprattutto rassicurare i propri elettori che non sarebbero stati loro a sopportare il costo del salvataggio greco. Il risultato fu invece che di interventi di soccorso se ne dovettero presto decidere altri, un mese dopo l’Irlanda, in capo a sei mesi il Portogallo.
6. agosto 2011
I mercati si scatenano contro l’Italia dopo aver constatato che il governo di Roma non è capace di intervenire con coerenza sul deficit. La Bce chiede garanzie pesanti per continuare interventi di sostegno che la Bundesbank accetta a fatica; non le ottiene, anzi la sua lettera riservata viene resa pubblica come strumento di lotta politica tra Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti.
Se un Paese grosso come l’Italia può cadere, può disgregarsi l’intera unione monetaria europea. E’ in questa fase che la speculazione finanziaria sulla frattura dell’euro raggiunge il suo picco. Poi tre cambi di governo la fermano: in Italia dal centro-destra a un governo tecnico, in Grecia dal centro-sinistra a un governo tecnico, in Spagna, con elezioni, dai socialisti ai popolari. Agire troppo tardi, però, costa: per ritrovare equilibrio occorrono sacrifici più pesanti.
7. gennaio 2013
Il Fondo monetario internazionale, dopo approfondite analisi, trova infondata la dottrina prima sostenuta degli effetti positivi dell’austerità (meno deficit uguale più fiducia, ovvero più investimenti privati). In pratica significa che le misure di risanamento dei bilanci decise in Europa, pur inevitabili, avrebbero dovuto essere più distribuite nel tempo; attuarle tutte in un colpo ha causato una seconda recessione. La Commissione europea non accetta la critica.