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“LA RISPOSTA DI PUTIN SARÀ VELOCE E SPIETATA” - EDWARD TURZANSKI: “LA MORTE DELL’AMBASCIATORE RUSSO NON CAMBIA GLI OBIETTIVI DI MOSCA SULLA SIRIA. ORA TUTTO DIPENDE DA COSA FARA’ ERDOGAN. SICURAMENTE DARA’ LA COLPA AI CURDI. MA PUTIN HA DIMOSTRATO DI NON TOLLERARE AFFRONTI AL POTERE DEL CREMLINO”
Arturo Zampaglione per “la Repubblica”
«La vendetta di Vladimir Putin sarà veloce e spietata», dice Edward Turzanski. E spiega: «Sin dai tempi della Cecenia, quando soffocò la ribellione nel sangue, il leader russo ha dimostrato di non tollerare affronti al potere del Cremlino e soprattutto di non farsi troppi scrupoli. E ora, non appena si sarà capito meglio l’origine dell’attentato contro l’ambasciatore di Mosca ad Ankara, Putin vorrà punire con analoga brutalità i responsabili del gesto».
Copresidente del Centro studi sul terrorismo del Foreign Policy Research Institute, il celebre think-tank di Filadelfia, e professore di scienze politiche all’Università La Salle, Turzanski ha lavorato per decenni nell’intelligence americana con ruoli di primo piano. A lui Repubblica ha chiesto una valutazione dell’impatto geopolitico che potrà avere l’uccisione di Andrey Karlov.
Turzanski, era prevedibile che, proprio durante la fase di riavvicinamento tra Russia e Turchia, ci fosse un omicidio del genere? E come influenzerà le relazioni tra i due paesi?
«L’episodio è inevitabilmente legato al ruolo più attivo della Russia nella regione: nel passato erano i diplomatici americani nel mirino di terroristi e attentatori, adesso questo “privilegio” viene condiviso con altri. Per quanto riguarda il futuro dei rapporti tra i due paesi, molto dipenderà dalle posizioni che assumerà nelle prossime ore Tayyip Erdogan.
Magari il presidente turco spera di poter dare le colpe ai suoi arcinemici, cioè i curdi, ma la matrice potrebbe essere ben diversa, vista la crescente insofferenza dei turchi per i rifugiati siriani. Comunque Erdogan dovrà dimostrare a Putin di essere indignato come lui e pronto a reagire».
C’è qualche possibilità che la morte dell’ambasciatore porti Mosca a rivedere alcune strategie sulla Siria?
«No, assolutamente no. A questo punto gli obiettivi di Putin in Siria sono molto chiari e non cambieranno. Mosca vuole mantenere le sue basi militari in Medio Oriente, tenere al potere Bashar al Assad, usare l’Iran per tenere a bada l’estremismo sunnita e soprattutto rafforzare l’influenza russa in una zona ormai vastissima, che va dalle coste iraniane sul Golfo Persico a quelle mediterranee della Siria».
E gli Stati Uniti rimarranno a guardare?
«Putin si è convinto che, con l’arrivo di Donald Trump, Washington finirà per accordarsi: lo stesso presidente eletto ha fatto capire di voler combattere l’Isis al fianco dei russi. E non penso che ci saranno troppe obiezioni da parte dei collaboratori del futuro presidente: sì, forse il prossimo consigliere per la sicurezza nazionale, l’ex generale Mike Flynn, non sarà entusiasta, ma nel complesso gli uomini che Trump sta scegliendo sono dei realisti, non degli ideologi, a cominciare dall’ex presidente della Exxon-Mobil e futuro segretario di stato Rex Tillerson. Risultato: la nuova Casa Bianca si convincerà, a mio avviso, che è troppo costoso, anche in termini di vite umane, continuare a chiedere l’uscita di scena del presidente siriano Bashar al Assad».