GLIELO METTIAMO IN GULEN - ERDOGAN VUOLE LA TESTA DEL SUO NEMICO NUMERO UNO: EMESSO UN MANDATO D’ARRESTO PER GULEN, IN ESILIO NEGLI USA, ACCUSATO DI ESSERE IL MANDANTE DEL FALLITO GOLPE - NEL MIRINO GLI INTROITI FINANZIARI DI TUTTE LE ORGANIZZAZIONI LEGATE A “HIZMET” IN TURCHIA
Monica Ricci Sargentini per il “Corriere della Sera”
La Turchia stringe in una morsa Hizmet, l'organizzazione del predicatore islamico Fethullah Gülen, accusata di essere dietro il fallito colpo di Stato del 15 luglio. E lo fa su due fronti. Il primo è quello giudiziario: ieri una corte di Istanbul ha emesso un mandato d'arresto per Gülen che è in esilio volontario in Pennsylvania dal 1999 e di cui Ankara chiede l'estradizione.
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Il provvedimento elenca una serie di accuse gravissime nei confronti del predicatore: dal «tentativo di rovesciare il governo turco o di impedire lo svolgimento delle sue funzioni» al «tentato omicidio del presidente della Repubblica».
Washington ha fatto sapere che sta valutando i documenti consegnati dalla Turchia ma il portavoce del Dipartimento di Stato, Mark Toner, ha sottolineato che è «assurdo» dire che gli Stati Uniti hanno avuto un ruolo nel golpe. Non è la prima volta che una procura turca emette un mandato d' arresto nei confronti del leader di Hizmet (servizio, in turco), era già successo nel 2014, un anno dopo la rottura con Recep Tayyip Erdogan.
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Il secondo fronte nella strategia del governo turco è di carattere economico. Ieri il presidente turco ha annunciato che presto saranno colpiti gli introiti finanziari di tutte le organizzazioni legate a Hizmet in Turchia e ha invitato i Paesi vicini a smantellare le scuole guleniste.
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L'allerta in Turchia resta alta. Il governo ha dichiarato di aver ricevuto notizie di un altro golpe pianificato per il 14 agosto. Dal 15 luglio scorso ad oggi, oltre 70 mila persone sono state rimosse dai loro incarichi nelle forze armate, nella magistratura e in altre istituzioni statali per i loro presunti legami con la Feto, come le autorità turche definiscono il movimento fondato da Gülen. E sono 18 mila le persone finite in carcere, tra cui anche decine di giornalisti. Sul piano internazionale la situazione non è meno tesa.
Ieri il cancelliere austriaco Christian Kern aveva suggerito di chiudere i negoziati per l'ingresso di Ankara nella Ue ma il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker ha giudicato la proposta un grave errore. Vienna, però, può contare sulle perplessità della Germania: «La reintroduzione della pena di morte in Turchia ne bloccherebbe l'adesione alla Ue», ha detto ieri il ministro degli esteri tedesco Frank-Walter Steinmeier.
La Ue ha ribadito la condanna del tentato colpo di Stato per voce dell'Alta rappresentante Federica Mogherini e del segretario generale del Consiglio d' Europa (CdE) Thorbjorn Jagland ma ha ricordato che «le reazioni a quanto avvenuto devono essere nel pieno rispetto della democrazia, stato di diritto e libertà fondamentali».