TONINELLI E DI MAIO, I CAVALIERI DELLA TAV ROTONDA - FACCI: “FERMARE L'OPERA SIGNIFICHEREBBE, POI, SPENDERE DI PIÙ DI QUANTO L'ITALIA SPENDEREBBE PER TERMINARLA E GETTARE AL VENTO UNA QUANTITÀ SPAVENTOSA DI EURO GIÀ SPESI - NON SI CAPISCE SU CHE BASE DOCUMENTALE IL MINISTRO TONINELLI STIA ELABORANDO UN SUO PERSONALE RAPPORTO COSTI/BENEFICI SULL'OPERA…”
Filippo Facci per “Libero quotidiano”
C'è sempre il problema di spiegare ai grillini che adesso sono al governo: non sono nel ruolo di opposizione che può permettersi anche di essere sgangherata e anarcoide. C' è il problema di spiegare che stare al governo comporta una responsabilità e persino una cultura, qualcosa che implica una serietà che - quella no - non ha bisogno di rivoluzioni, anzi, la vera rivoluzione sarebbe se il governo apparisse più compatto e meno dedito a improvvisazioni pasticciate.
Prendiamo l' esempio del Tav (che si scrive al maschile: significa Treno ad Alta Velocità) ed ecco il teatrino: il ministro delle infrastrutture Danilo Toninelli, martedì, dichiara che «La Tav (sic) va migliorata, ma si farà»; più tardi i grillini della Regione Piemonte rimangono di sale e ribadiscono che per l' opera «i costi sono superiori ai benefici»; più tardi ancora, il ministro Toninelli spara su Facebook che «nessuno deve azzardarsi a firmare nulla ai fini dell' avanzamento dell' opera», dopodiché ne dice peste e corna e fornisce cifre che risultano inesatte; poi, il mattino dopo, il vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini dice invece che «dal mio punto di vista, sulla Tav occorre andare avanti, non tornare indietro... C' è da fare l' analisi costi-benefici».
LUIGI DI MAIO GIOVANNI TRIA GIUSEPPE CONTE
Poco più tardi, l' altro vicepresidente del Consiglio Luigi Di Maio glissa sulla questione e la rimbalza ancora al ministro: «Ora non è sul tavolo del governo, deciderà Toninelli». Infine, siccome mancava, interviene Beppe Grillo che rilancia un suo vecchio post del 13 dicembre 2005 e finge d'ignorare che, da allora, nel progetto della linea ferroviaria Torino-Lione è cambiato semplicemente tutto. Mentre gli altri, che hanno straparlato di analisi costi/benefici, ignorano o fingono d' ignorare che di analisi costi/benefici ne sono già state fatte sette, sinora: tutte commissionate da committenti esterni più una commissionata direttamente dall' Unione Europea.
E tutte hanno giudicato positivo l'impatto dell' opera nel suo complesso. Tutte. Inoltre: il 14 per cento delle gallerie totali è già stato realizzato e il 21 per cento è stato appaltato. Fermare l' opera significherebbe, poi, spendere di più di quanto l'Italia spenderebbe per terminarla (senza contare probabili ritorsioni della Francia contro l' Italia) e comunque gettare al vento una quantità spaventosa di euro già spesi dal nostro Paese.
Per quanto riguarda sprechi ed extracosti - i grillini ne fanno spesso genericamente cenno - l' unico a essere certo risulta quello per difendere il cantiere dall' esercito No Tav: negli anni sono stati spesi 60 milioni di euro (avete letto bene) per autentiche strutture da guerra che Libero ebbe anche l'occasione di visitare e raccontare. Citiamo questi dati perché siamo certi della loro correttezza: i numeri e le cifre in mano al ministro, invece, provengono da un dossier elaborato dall' associazione «Presidiare la democrazia - Controsservatorio Valsusa» (insomma, i No Tav) che la sindaca di Torino Chiara Appendino ha consegnato a Toninelli. Se vi pare serio.
QUALI DOCUMENTI?
Nel complesso, quindi, non si capisce su che base documentale il ministro Toninelli stia elaborando un suo personale rapporto costi/benefici sull' opera, mentre si capisce bene la «confusione italiana» in cui annaspano i vertici del comitato francese che promuove la Lione-Torino. Tantomeno è chiaro su che base documentale Toninelli elaborerà un parere che poi passerà al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte: giudicherà anche lui con dati forniti dai No Tav?
Nell' attesa, Conte potrebbe procurarsi i dati veri (in sede comunitaria, se ritiene) e magari apprendere che, se il governo volesse davvero chiudere i cantieri, beh, per una complessiva messa in sicurezza sarebbero necessari 7 anni: 2 di gare e autorizzazioni, e 5 di lavori. Basterebbe questo per comprendere l' assurdità di uno stop: non sarebbe neppure necessario verificare se siano esatti i «due miliardi di euro di penali, il blocco di finanziamenti europei e i 4mila posti di lavoro a rischio» di cui ha parlato il segretario del Pd Maurizio Martina.
Nell' insieme, come diceva qualcuno, la situazione pare grave ma non seria. Non stupisce che uno come Matteo Salvini appaia come un gigante se circondato da nani che non sanno letteralmente di che parlano, e neppure le fonti a cui attingere. Mentre anche altri grillini, intanto, fanno autentiche sparate a caso (il ministro della Famiglia contro la maternità surrogata, la ministra per il Sud contro il gasdotto Tap) e l' indecisione a tutto seguita a regnare sovrana. Hanno voluto la bicicletta, non sanno pedalare.