IL FALSO C’E’, MA NON SI VEDE: ERRANI ASSOLTO, ESPLODE LA POLEMICA - IL GUP DI BOLOGNA GIANGIACOMO, LEADER DI “MD”, TRAVOLTO DALLE CRITICHE: ACCETTANDO DI “STACCARE” IL PROCESSO AL GOVERNATORE EMILIANO DA QUELLO DEL FRATELLO HA DI FATTO RISOLTO I GUAI DEL BRACCIO DESTRO DI BERSANI - ANCHE IL MITE FAVIA LO AZZANNA: “MI DOMANDO SE LA DIVISIONE DEI PROCESSI NON SIA STATA FRUTTO DI UN CALCOLO GIURIDICO RAFFINATO…”

1- "QUEL DOCUMENTO È FALSO" MA IL GUP ASSOLVE ERRANI
Stefano Filippi per "il Giornale"

Il falso c'è, non il colpevole. Il dossier Terremerse sottoposto dalla Regione alla Procura contiene irregolarità, ma poiché nell'errore non c'è stato dolo né istigazione a commetterlo, gli autori vanno assolti. Sarebbe questa l'argomentazione con cui il Gup di Bologna ha assolto ieri il governatore democratico Vasco Errani e due funzionari della regione Emilia Romagna. È lo stesso dottor Bruno Giangiacomo a lasciarlo intendere incontrando nel suo studio alcuni giornalisti dopo aver reso noto il verdetto.

Il condizionale, come si dice in questi casi, è d'obbligo in attesa delle motivazioni della sentenza. Al termine del rito abbreviato Errani è stato assolto «perché il fatto non sussiste», mentre i due funzionari, Filomena Terzini e Valtiero Mazzotti «perché il fatto non costituisce reato». È in queste posizioni distinte la chiave per interpretare la sentenza che ha strappato a Errani «un sospiro di sollievo», come ha fatto sapere il suo legale, avvocato Alessandro Gamberini. Ieri il governatore non si è presentato nel palazzo di via Farini, alle spalle di Piazza Maggiore, per ascoltare la sentenza.

Ricapitoliamo. Ottobre 2009. Un'inchiesta del Giornale denuncia presunti abusi e irregolarità nel milione di euro concesso nel 2005 dalla Regione Emilia Romagna alla cooperativa agricola Terremerse presieduta da Giovanni Errani, fratello maggiore di Vasco, per costruire una cantina vinicola a Imola. Scoppiata la bagarre, il governatore commissiona a due collaboratori una memoria difensiva per la procura di Bologna. Per il procuratore capo Roberto Alfonso, che in quei mesi stava indagando sull'allora sindaco felsineo Flavio Delbono, il dossier costituisce una notizia di reato.

Le verifiche portano a galla incongruenze e omissioni nei documenti prodotti dagli uffici di Errani. Si sospetta che il governatore voglia coprire gli illeciti del fratello (che si era dimesso, travolto dalle polemiche) e i lacunosi controlli della Regione. Il governatore viene così iscritto nel registro degli indagati con l'accusa di falso ideologico in atto pubblico cui si aggiunge, per gli autori della relazione, l'ipotesi di favoreggiamento. L'avviso di garanzia per truffa aggravata era già arrivato al fratello Giovanni e ad altre cinque persone per le irregolarità nella gestione e nei controlli del ricco finanziamento regionale.

Martedì, all'udienza preliminare per decidere se andare a processo o archiviare, Giovanni Errani chiede (e ottiene) un rinvio mentre Vasco chiede (e ottiene anch'egli) un giudizio abbreviato. La procura si oppone per non dividere il processo, ma il gup Giangiacomo, tra i leader di Magistratura democratica, ascolta gli imputati. L'avvocato Gamberini ne era certo da giorni.

Errani va immediatamente a giudizio ed è una prima vittoria: scansa altri mesi di polemiche, viene giudicato da una toga rossa di provata fede ed evita un processo alla vigilia delle elezioni politiche. Ottenuto lo stralcio, l'assoluzione era a un passo ma non scontata. Le irregolarità c'erano, la Procura aveva chiesto per Errani una condanna a 16 mesi (ridotti di un terzo per il rito abbreviato). Il governatore, dopo nove ore di udienza a porte chiuse, era nervosissimo.

Tuttavia, con motivazioni che il gup depositerà entro 60 giorni, Errani è stato assolto come i suoi funzionari. Costoro non avevano intento doloso nel redigere il dossier, né Errani ha sollecitato l'illecito: questa, in sostanza, la tesi del giudice.

Tutti assolti, tutti felici per una sentenza «politicamente correttissima». Contento Errani, che ora (non prima) fa sapere che si sarebbe «inevitabilmente» dimesso se condannato; esultano l'avvocato, che sgrida la procura («l'azione penale non doveva nemmeno essere promossa, valutazioni sbagliate hanno condotto a scelte sbagliate»), la Regione, il Pd, Bersani (di cui Vasco è il braccio destro) e perfino le zone terremotate di cui il governatore è commissario straordinario. Soddisfatto anche il dottor Giangiacomo. Ai giornalisti che gli chiedono dell'appartenenza a Md, la corrente di sinistra delle toghe, risponde: «E allora?».

2- LA CONDANNA ARRIVA DAI GRILLINI: NON POTEVA NON SAPERE
Mariateresa Conti per "il Giornale"

Sarà che con Di Pietro, Beppe Grillo dixit , non si fanno accordi, ma comunque è un amico. Sarà che ha un blog su Il Fatto quotidiano, e dunque, per osmosi, un po' di giustizialismo lo respira in rete. O sarà anche che questa storia non l'ha mai convinto fino in fondo, vedi l'intervento in Aula di tre mesi fa, postato ieri su Facebook .

Fatto sta, comunque, che i grillini, o meglio il grillino «ribelle» Giovanni Favia, competente per territorio in quanto consigliere regionale dell'Emilia Romagna, indossa virtualmente la toga e rifà il processo a Vasco Errani, il suo governatore fresco di assoluzione. Lui, a un Errani ignaro dei contenuti falsi della relazione sul finanziamento regionale al fratello, non crede. E non crede nemmeno che si sarebbe dimesso in caso di condanna, come ha fatto sapere, neanche a dirsi, rassicurato dal verdetto di assoluzione.

La requisitoria di Favia è contenuta in una nota. «Errani - accusa - ha portato una relazione falsa in Procura, che qualcuno deve aver scritto. E non mi interessa che ne fosse cosciente o meno (bizzarro questo secondo caso) in merito ad un procedimento, ancora da chiarire, riguardante un finanziamento regionale di un milione all'azienda del fratello. Punto. Questi sono i fatti che politicamente rimangono e non sono cancellabili ».

Favia avanza perplessità anche sul rito alternativo. Il giudizio abbreviato, infatti, ha consentito al governatore un processo limitato allo stato degli atti. E ha separato la sua posizione da quella del fratello, Giovanni, che sarà processato tra qualche mese visto che il suo legale ha ottenuto un rinvio per i danni subiti dal suo studio, a Ferrara, a causa del terremoto.

«Mi domando - tuona il grillino - se la divisione dei processi non sia stata frutto di un calcolo giuridico raffinato. Davvero l'avvocato del fratello Giovanni Errani aveva lo studio danneggiato dal terremoto? O si è avvalso di quella norma, fatta per tutelare chi davvero ha avuto conseguenze gravi, per consentire al presidente di subire un processo "al buio", privato dei suoi aspetti più torbidi?».

Insinuazioni, dubbi. Lo stile da pm si confà al giovane consigliere grillino. Che dice di«rispettare in toto» la sentenza, e di non avere problemi per il fatto che il Gup sia di Magistratura democratica. Ma lancia l'affondo sul piano politico: «Fatico a credere che Errani non abbia letto quelle poche righe, essenziali, della relazione che consegnò, in cui c'era un falso». Insomma, la grillino­sentenza è emessa: il caso Terremerse resta una vicenda «poco chiara».

 

PIERLUIGI BERSANI E VASCO ERRANI VASCO ERRANIVINCENZO VISCO E VASCO ERRANI VASCO ERRANI ALLE NOZZE DI ANNA MARIA ARTONI FOTO ANTONIO LECCI jpegPIERLUIGI BERSANIDel bono FlavioGIOVANNI FAVIA

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