trump elvis

“FAT ELVIS PERIOD”, CIOÈ LA FASE CICCIONA E TOSSICA DI PRESLEY, IN CUI “GALLEGGIAVA SULLA PROPRIA LEGGENDA E CORTEGGIAVA L’AUTODISTRUZIONE” È L’ICONA DEGLI USA DI TRUMP - SIGNIFICA FARLA TORNARE A ESSERE BIANCA, UN PO’ RAZZISTA, MORALISTA, BIGOTTA, ANTICOMUNISTA E POLITICAMENTE SCORRETTA

Paolo Mastrolilli per La Stampa

 

elvis sovrappesoelvis sovrappeso

Elvis Presley avrebbe votato per Donald Trump? La domanda può sembrare oziosa, ma dalla risposta dipende forse l’ultima possibile resurrezione del King of rock’n’roll. Presley morì 40 anni fa nella sua casa di Graceland, ufficialmente per un attacco di cuore, però i suoi fan più appassionati restano convinti che sia ancora vivo da qualche parte nel mondo. Senza voler scuotere questa certezza, è interessante chiedersi quanto di lui sia rimasto davvero vivo, rilevante e attuale oggi. 

 

Tanto per cominciare, era nato in Mississippi e cresciuto in Tennessee, cioè il profondo Sud americano dove ormai alle elezioni presidenziali i democratici potrebbero anche fare a meno di presentare il candidato. Apparteneva a una famiglia povera della classe bianca lavoratrice, ossia quella maggioranza silenziosa che ha consegnato la Casa Bianca prima a Nixon, poi a Reagan, e infine a Trump. Era religioso, e nonostante lo scandalo generato dai suoi temerari movimenti d’anca, non ha mai rinnegato la propria fede. Nel 1958, a 23 anni, si era arruolato nell’esercito, salendo fino al grado di sergente prima di congedarsi nel 1960.  

elvis dipendeva da medicine e ciboelvis dipendeva da medicine e cibobanana trump al supermercatobanana trump al supermercato

 

L’escalation più sanguinosa del Vietnam era ancora lontana, ma la sua scelta stride chiaramente con quella fatta sei anni dopo da Muhammad Ali, eroe degli obiettori di coscienza e della controcultura. Anzi, nel 1970 Elvis era andato alla Casa Bianca per incontrare Richard Nixon, offrendosi come collaboratore volontario nella guerra contro la degenerazione dei valori fondanti americani, complottata dai comunisti. Raccontano che davanti a tanto zelo, persino il presidente del Watergate sia rimasto un po’ interdetto. 

 

elvis e lindaelvis e linda

Amava nutrirsi male, il suo junk food preferito nell’età matura erano i panini fritti al burro di arachidi e banane. Questa dieta lo aveva fatto visibilmente ingrassare, ma il vero vizio che aveva contratto, e che probabilmente lo ha ucciso, era l’amore per gli oppiacei. Come la classe lavoratrice bianca di oggi, sterminata da un’epidemia di overdose che lo stesso Trump ha deciso di dichiarare emergenza nazionale. Si era sposato, aveva avuto una figlia, ma poi aveva divorziato, dedicandosi alle avventure con ragazze più giovani. E in fondo anche ciò ha un senso, perché non ci sarebbe redenzione senza peccato. 

elvis ingrassatoelvis ingrassato

 

elvis presleyelvis presley

Se uno va ad analizzare tutti questi tratti della vita di Elvis, è impossibile mancare le coincidenze con quelli della crisi dell’uomo bianco americano contemporaneo. Come ha fatto Eugene Jarecki nel documentario Promised Land, che rilegge l’epopea del King proprio attraverso le lenti degli Stati Uniti di Trump. Scrivendone su Variety, Owen Gleiberman ha decretato che gli Usa sono ormai entrati nel «Fat Elvis Period», cioè la fase cicciona e tossica di Presley, in cui «galleggiava sulla propria leggenda e corteggiava l’autodistruzione».  

 

DONALD TRUMPDONALD TRUMP

Elvis dunque era stato l’icona dell’America che gli elettori di Trump, minacciati nel profondo della loro identità dal multiculturalismo e dal relativismo morale, vorrebbero disperatamente resuscitare rendendola di nuovo grande. Un concetto che tradotto dal loro linguaggio in quello dei liberal, significa farla tornare a essere bianca, un po’ razzista, moralista, bigotta, anticomunista e politicamente scorretta.  

elvis insceno la sua morteelvis insceno la sua morte

 

Liquidare così il King sarebbe ingiusto, perché vorrebbe dire dimenticare la sua anima ribelle. Quella che aveva spinto Leonard Bernstein a confidare a Richard Clurman di Time che secondo lui Presley era stato la più grande forza culturale del ventesimo secolo. «Senza di lui non ci sarebbero stati gli Anni Sessanta», intendendo con questo la rivoluzione dei costumi che aveva cambiato faccia all’America.

 

Tanto che lo stesso Bill Clinton, insospettabile campione delle cause liberal, si è sempre considerato un appassionato seguace di Elvis, fra quelli che sognano sempre di scoprire che è stato tutto uno scherzo, e il King sta ancora nel suo bagno al secondo piano di Graceland.  

 

ELVIS PRESLEYELVIS PRESLEY

Dunque non possiamo dire con certezza se Presley avrebbe votato per Trump, ma è ragionevole supporre che molti dei suoi fan di oggi lo abbiano fatto. E questo lo aiuta a risorgere ancora, anche se fosse per l’ultima, disperata volta.  

DONALD TRUMPDONALD TRUMPscotty moore chitarrista di elvisscotty moore chitarrista di elviselvis presley 2elvis presley 2ELVIS FRANK SINATRAELVIS FRANK SINATRAELVIS GRACELANDELVIS GRACELANDELVIS NIXONELVIS NIXONscotty moore e elvis presleyscotty moore e elvis presley

Ultimi Dagoreport

terzo mandato vincenzo de luca luca zaia giorgia meloni matteo salvini antonio tajani

DAGOREPORT – REGIONALI DELLE MIE BRAME! BOCCIATO IL TERZO MANDATO, SALVINI SI GIOCA IL TUTTO PER TUTTO CON LA DUCETTA CHE INSISTE PER UN CANDIDATO IN VENETO DI FRATELLI D'ITALIA - PER SALVARE IL CULO, A SALVINI NON RESTA CHE BATTERSI FINO ALL'ULTIMO PER IMPORRE UN CANDIDATO LEGHISTA DESIGNATO DA LUCA ZAIA, VISTO IL CONSENSO SU CUI IL DOGE PUÒ ANCORA CONTARE (4 ANNI FA LA SUA LISTA TOCCO' IL 44,57%, POTEVA VINCERE ANCHE DA SOLO) - ANCHE PER ELLY SCHLEIN SONO DOLORI: SE IL PD VUOLE MANTENERE IL GOVERNO DELLA REGIONE CAMPANA DEVE CONCEDERE A DE LUCA LA SCELTA DEL SUO SUCCESSORE (LA SOLUZIONE POTREBBE ESSERE CANDIDARE IL FIGLIO DI DON VINCENZO, PIERO, DEPUTATO PD)

elisabetta belloni giorgia meloni giovanni caravelli alfredo mantovano

DAGOREPORT – CHI È STATO A FAR TRAPELARE LA NOTIZIA DELLE DIMISSIONI DI ELISABETTA BELLONI? LE IMPRONTE PORTANO A “FONTI DI INTELLIGENCE A LEI OSTILI” - L'ADDIO DELLA CAPA DEGLI SPIONI NON HA NULLA A CHE FARE COL CASO SALA. LEI AVREBBE PREFERITO ATTENDERE LA SOLUZIONE DELLE TRATTATIVE CON TRUMP E L'IRAN PER RENDERLO PUBBLICO, EVITANDO DI APPARIRE COME UNA FUNZIONARIA IN FUGA - IL CONFLITTO CON MANTOVANO E IL DIRETTORE DELL'AISE, GIANNI CARAVELLI, VIENE DA LONTANO. ALLA FINE, SENTENDOSI MESSA AI MARGINI, HA GIRATO I TACCHI   L'ULTIMO SCHIAFFO L'HA RICEVUTO QUANDO IL FEDELISSIMO NICOLA BOERI, CHE LEI AVEVA PIAZZATO COME VICE ALLE SPALLE DELL'"INGOVERNABILE" CARAVELLI, È STATO FATTO FUORI - I BUONI RAPPORTI CON L’AISI DI PARENTE FINO A QUANDO IL SUO VICE GIUSEPPE DEL DEO, GRAZIE A GIANMARCO CHIOCCI, E' ENTRATO NELL'INNER CIRCLE DELLA STATISTA DELLA GARBATELLA

cecilia sala abedini donald trump

DAGOREPORT – LO “SCAMBIO” SALA-ABEDINI VA INCASTONATO NEL CAMBIAMENTO DELLE FORZE IN CAMPO NEL MEDIO ORIENTE - CON IL POPOLO IRANIANO INCAZZATO NERO PER LA CRISI ECONOMICA A CAUSA DELLE SANZIONI USA E L’''ASSE DELLA RESISTENZA" (HAMAS, HEZBOLLAH, ASSAD) DISTRUTTO DA NETANYAHU, MENTRE L'ALLEATO PUTIN E' INFOGNATO IN UCRAINA, IL PRESIDENTE “MODERATO” PEZESHKIAN TEME LA CADUTA DEL REGIME DI TEHERAN. E IL CASO CECILIA SALA SI È TRASFORMATO IN UN'OCCASIONE PER FAR ALLENTARE LA MORSA DELL'OCCIDENTE SUGLI AYATOLLAH - CON TRUMP E ISRAELE CHE MINACCIANO DI “OCCUPARSI” DEI SITI NUCLEARI IRANIANI, L’UNICA SPERANZA È L’EUROPA. E MELONI PUÒ DIVENTARE UNA SPONDA NELLA MORAL SUASION PRO-TEHERAN...

elon musk donald trump alice weidel

DAGOREPORT - GRAZIE ANCHE ALL’ENDORSEMENT DI ELON MUSK, I NEONAZISTI TEDESCHI DI AFD SONO ARRIVATI AL 21%, SECONDO PARTITO DEL PAESE DIETRO I POPOLARI DELLA CDU-CSU (29%) - SECONDO GLI ANALISTI LA “SPINTA” DI MR. TESLA VALE ALMENO L’1,5% - TRUMP STA ALLA FINESTRA: PRIMA DI FAR FUORI IL "PRESIDENTE VIRTUALE" DEGLI STATI UNITI VUOLE VEDERE L'EFFETTO ''X'' DI MUSK ALLE ELEZIONI POLITICHE IN GERMANIA (OGGI SU "X" L'INTERVISTA ALLA CAPA DI AFD, ALICE WEIDEL) - IL TYCOON NON VEDE L’ORA DI VEDERE L’UNIONE EUROPEA PRIVATA DEL SUO PRINCIPALE PILASTRO ECONOMICO…

cecilia sala giorgia meloni alfredo mantovano giovanni caravelli elisabetta belloni antonio tajani

LA LIBERAZIONE DI CECILIA SALA È INDUBBIAMENTE UN GRANDE SUCCESSO DELLA TRIADE MELONI- MANTOVANO- CARAVELLI. IL DIRETTORE DELL’AISE È IL STATO VERO ARTEFICE DELL’OPERAZIONE, TANTO DA VOLARE IN PERSONA A TEHERAN PER PRELEVARE LA GIORNALISTA - COSA ABBIAMO PROMESSO ALL’IRAN? È PROBABILE CHE SUL PIATTO SIA STATA MESSA LA GARANZIA CHE MOHAMMAD ABEDINI NON SARÀ ESTRADATO NEGLI STATI UNITI – ESCE SCONFITTO ANTONIO TAJANI: L’IMPALPABILE MINISTRO DEGLI ESTERI AL SEMOLINO È STATO ACCANTONATO NELLA GESTIONE DEL DOSSIER (ESCLUSO PURE DAL VIAGGIO A MAR-A-LAGO) - RIDIMENSIONATA ANCHE ELISABETTA BELLONI: NEL GIORNO IN CUI IL “CORRIERE DELLA SERA” PUBBLICA IL SUO COLLOQUIO PIENO DI FRECCIATONE, IL SUO “NEMICO” CARAVELLI SI APPUNTA AL PETTO LA MEDAGLIA DI “SALVATORE”…