“LA TEORIA SECONDO CUI NAPOLITANO FOSSE IL REGISTA DI UN COMPLOTTO PER FAR CADERE BERLUSCONI CON LA MIA COMPLICITÀ È INFONDATA E OFFENSIVA” – GIANFRANCO FINI DEFINISCE “SPAZZATURA” I “FALSI RACCONTI” CHE CONTINUANO A CIRCOLARE (COME LA TELEFONATA IN CUI L’EX PRESIDENTE SI COMPIACEVA DELLE DIFFICOLTÀ CHE LE SUE SCELTE AVEVANO CREATO AL GOVERNO BERLUSCONI) – "I TEMPI LUNGHI SULLA SFIDUCIA A BERLUSCONI? “AVREI POTUTO FISSARE IMMEDIATAMENTE LA VOTAZIONE. NON LO FECI PERCHÉ...”
Tommaso Labate per il Corriere della Sera - Estratti
Gianfranco Fini, che ricordo ha del presidente Napolitano?
«Quello di un uomo molto rigoroso. Che diventava puntiglioso tutte le volte che si trattava di rispettare o di difendere l'equilibrio tra poteri dello Stato. Vede, Giorgio Napolitano ha avuto un rispetto sacrale della Costituzione.
A differenza di alcuni predecessori, che hanno inciso nella dialettica tra partiti e in certi casi l'hanno determinata, come Scalfaro o prima ancora Cossiga, mai, neanche una volta ho sentito fare al presidente Napolitano considerazioni o anche solo accenni al dibattito politico-partitico in corso allora».
Per cinque dei nove anni di Napolitano al Colle, lei fu presidente della Camera. E anche il leader di partito che staccò un pezzo importante dalla maggioranza di Berlusconi.
«Furono anni turbolenti. E lo furono anche per alcune mie scelte politiche, certo. Ma la teoria secondo cui l'allora capo dello Stato fosse il regista di un complotto per far cadere Berlusconi con la mia complicità non solo è infondata ma anche offensiva. Con falsi racconti degni della spazzatura che continuano a circolare».
Si riferisce alle testimonianze di chi sostenne che lei avrebbe fatto ascoltare in viva voce una telefonata in cui il presidente si compiaceva delle difficoltà che le sue scelte avevano creato al governo?
«È una cosa totalmente falsa. Napolitano non si occupava delle vicende politiche in presenza, figurarsi se l'avrebbe fatto per telefono. Le voglio raccontare alcuni episodi del mio rapporto con lui».
(...)
Complotto o non complotto, come risponde a chi pensa che il Quirinale abbia avuto un ruolo nella sua decisione di presentare una mozione di sfiducia contro il governo Berlusconi?
«Nella primavera del 2010 venni estromesso dal Popolo delle Libertà...».
Il giorno del famoso «che fai, mi cacci?» con cui lei rispose a Berlusconi.
«Esattamente. Né in quel giorno, né nei giorni o nelle settimane o nei mesi successivi, il presidente Napolitano parlò con me delle dinamiche in corso nella maggioranza, del mio rapporto con Berlusconi, dell'oggettivo indebolimento dell'esecutivo».
Molti finiani denunciarono i tempi lunghi che vennero riservati al voto sulla mozione di sfiducia, sottolineando l'ampio margine che ebbero i berlusconiani per cercare i famosi «responsabili».
«La preoccupazione principale del Quirinale era mettere in sicurezza l'approvazione della legge di bilancio, in discussione al Senato. Il giorno in cui alcuni ministri si dimisero dal governo esprimendomi la loro solidarietà, a metà novembre 2010, io e Schifani venimmo convocati da Napolitano. Il capo dello Stato chiese al presidente del Senato in che tempi, ragionevolmente, l'Aula avrebbe approvato la manovra. “Venti giorni”, fu la risposta.
I tempi della mozione di sfiducia furono dettati da questo timing. Se avessi voluto, data l'assenza di un accordo nella conferenza dei capigruppo, avrei potuto fissare immediatamente la votazione sulla sfiducia. Non lo feci perché sarebbe stato irresponsabile dal punto di vista istituzionale. Solo molto tempo dopo, Napolitano mi disse di aver apprezzato la mia decisione...».
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