FRONDA ANOMALA - BERLUSCONI SI TROVA AD AFFRONTARE UNA DOPPIA OPPOSIZIONE INTERNA: DA UN LATO I FITTO BOYS, DALL’ALTRA GLI ANTI-RENZI (SE LE DUE CORRENTI SI SALDANO, SALTA IL PARTITO) - I VAFFANCULO TELEFONICI TRA FITTO E VERDINI
Tommaso Labate per “Il Corriere della Sera”
«È tutto il giorno che c’è gente che mi chiama per dire “vediamoci, riuniamoci”. Però aspettiamo un attimo, evitiamo cene...». Nel tardo pomeriggio ieri, c’è un volo proveniente da Bruxelles che atterra a Fiumicino. A bordo, tra gli altri passeggeri, c’è Raffaele Fitto. Non fa a tempo ad accenderlo dopo l’atterraggio che il telefonino di colui che viene indicato come «il capo della rivolta dentro Forza Italia» viene inondato da messaggi di chiamate perse.
Ai pochi che riescono a parlarci l’europarlamentare — commentando i litigi del giorno prima alla riunione con Berlusconi — si limita a dire che «no, ma quali probiviri, non ci sono margini perché si sollevino temi del genere e comunque nessuno di noi se ne andrà dal nostro partito». Ma, di fronte all’idea di imbastire una riunione carbonara degli «autoconvocati», Fitto intima un altolà. «Non è il caso, almeno per stasera».
Eppure, proprio mentre lui ferma sul nascere l’organizzazione estemporanea di un summit della «fronda politica», i senatori berlusconiani che si oppongono alla riforma cercano una casa per vedersi. Ci sono Cinzia Bonfrisco e Augusto Minzolini, Antonio Milo e Vincenzo D’Anna e altri ancora.
Un po’ di Forza Italia e un po’ di Gal, quella specie di gruppo misto del centrodestra in cui convivono governisti e antigovernisti, favorevoli alla riforma e contrari. «Una riunione tecnica. Stiamo cercando un posto per vederci solo per distribuire tra noi il carico delle centinaia di emendamenti alla riforma», sussurra D’Anna. «Ma siamo molti, molti di più di quelli che si pensa, noi contrari. Avrete sorprese...».
L’ala Fitto che frena, l’ala Minzolini che avanza. Perché, quando il conto alla rovescia verso la sentenza Ruby sta per arrivare all’ultimo travaso della clessidra, Forza Italia sembra un partito balcanizzato come non mai. Un partito in cui due fronde, composte da persone che hanno obiettivi diversi, possono trasformarsi in un unico grande problema per un Silvio Berlusconi, che trascorre la sua serata in compagnia di Gianni Letta e Niccolò Ghedini, chiuso a Palazzo Grazioli a fare un punto prima della sentenza.
Tra i berlusconiani della cerchia ristretta, c’è chi giura che «l’ala Fitto» sia lì lì per spaccarsi. Saverio Romano, uno di quelli che spingerebbe per abbandonare l’ex Cavaliere e fare una scissione, ammette con un amico che «dopo i vaffa... di Berlusconi dobbiamo trovare un punto mediano. Se andiamo allo scontro adesso, perdiamo qualche pezzo per strada».
E la prova vivente di questo schema sarebbe Renata Polverini, vicina alle posizioni di Fitto, che quando ieri l’altro ha sentito parlare di «autoconvocati» ha alzato il telefono e s’è messa a urlare con un compagno di corrente. «Ma quali autoconvocati. Se stiamo in questi termini, vi avverto che non ci sto...».
Difficile dire se Berlusconi, alla fine, avrà ragione dei rivoltosi. Di certo c’è che l’ex Cavaliere, che comunque sta evitando di parlare con Fitto, l’altro giorno ha fatto chiamare l’ex governatore pugliese da Denis Verdini. Una telefonata molto dura, raccontano i testimoni. «Raffaele, mi spieghi dove volete arrivare?», avrebbe detto l’uomo-macchina dei berlusconiani all’interlocutore. «Denis, voi state sbagliando. Perché questa riforma, questo rapporto con Renzi...», ha replicato l’altro. E Verdini, di rimando: «Vabbe’, ho capito. Vaff...». E poi il clic che ha certificato la fine della conversazione.
Difficile trovare un filo rosso in tutta questa storia. Com’è difficile capire se le due «fronde» riusciranno a fare fronte comune. Alla sentenza Ruby mancano ormai poche ore. «Ma è naturale che Berlusconi speri nella grazia», spiegava l’altro giorno a un collega il deputato Ignazio Abrignani a un collega.
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«E prima facciamo le riforme, prima Napolitano si dimette, prima abbiamo la speranza che arrivi un nuovo capo dello Stato con cui si possa aprire il dibattito sulla grazia». Sarebbe questo, in fondo, l’obiettivo segreto che in molti attribuiscono a Berlusconi. Fare in fretta. Fare presto. E bloccare quel dissenso che comunque, secondo le confidenze di Fitto, sarebbe «molto più vasto di quello che si vede».