PAPELLI E TRANELLI - LE VERSIONI FORNITE DAI PENTITI SULLA “TRATTATIVA” STATO-MAFIA CAMBIANO COME I FIDANZATI DI PARIS HILTON - CORREGGENDO UNA VECCHIA DEPOSIZIONE, ADESSO BRUSCA DICE DI AVERNE APPRESO L’ESISTENZA DIRETTAMENTE DA TOTÒ RIINA - IL ‘PAPELLO’ VENNE INOLTRATO A RIDOSSO DELLA STRAGE DI VIA D’AMELIO - E BORSELLINO SAREBBE STATO ELIMINATO PERCHÉ SI OPPOSE ALL’INCIUCIO CON I BOSS - LO ‘SCANNACRISTIANI’ TIRA IN BALLO ANCHE SPATUZZA (MAI CITATO IN PASSATO) INDICANDOLO COME SUA ‘FONTE’…
Lucio Galluzzo per "il Messaggero"
Giovanni Brusca apprese direttamente da Totò Riina che c'era una «trattativa» in corso con spezzoni dello Stato a ridosso della strage di Via D'Amelio (19 luglio 1992) nella quale furono uccisi Paolo Borsellino e cinque agenti di polizia che lo proteggevano. Il pentito è stato riascoltato, su sua richiesta e in videoconferenza per due ore e mezzo, dalla quarta sezione del Tribunale, presieduta da Mario Fontana che processa l'ex generale dei Carabinieri Mario Mori e il colonnello Mauro Obinu, a giudizio per favoreggiamento a Cosa Nostra in relazione ad una presunta mancata cattura dell'allora latitante Bernardo Provenzano.
La datazione prospettata da Brusca appare in linea con la tesi d'accusa, secondo cui il Procuratore aggiunto Borsellino venne eliminato proprio perché a quella presunta trattativa si sarebbe opposto. Ad informarlo invece della fallita strage all'Olimpico di Roma sarebbe stato invece un altro mafioso oggi pentito, Gaspare Spatuzza, ma non è riuscito a datare con precisione l'incontro con la sua fonte. La difesa degli imputati e lo stesso Tribunale ha più volte contestato alcuni passaggi della deposizione di Brusca, ritenendoli contradditori rispetto a versioni precedenti.
Brusca ha esordito sostenendo che Totò Riina gli «parlò del papello e della trattativa, per la prima volta, certamente prima della strage di via D'Amelio». Con il «papello», una cui presunta copia è stata recentemente consegnata ai magistrati di Palermo da Massimo Ciancimino, si intende una serie di richieste dei boss tendenti ad ottenere un affievolimento della repressione dello Stato e soprattutto dei rigori del regime carcerario previsto dal 41 bis.
Brusca, che, correggendo una sua prima deposizione, aveva già fissato la conoscenza da parte sua della «trattativa» tra le stragi di Capaci (maggio) e via D'Amelio (luglio), con la deposizione di ieri ha voluto scalettare nel tempo i fatti dei quali sostiene di essere direttamente informato. Ha così sostenuto che Riina, tra fine giugno e inizi luglio del 1992, a margine di un summit di mafia a casa del mafioso Girolamo Guddo gli avrebbe detto che «lo Stato finalmente si era fatto sotto e che lui gli aveva dato un papello con una serie di richieste scritte».
Un nuovo incontro avvenne tra i due per mettere a punto le intese in vista di un duplice omicidio da compiere, ma in quell'occasione il tema del «papello» non venne ripreso. Invece il 16 luglio '92 (dunque tre giorni prima della strage) Brusca apprese da Salvatore Biondino, il boss che faceva da autista a Riina, che si profilava «un lavoro da compiere». Ne dedusse successivamente che si trattava proprio del progetto di colpire Borsellino.
Sempre in quella occasione, Biondino riferì a Brusca un ordine di Riina con il quale si sospendevano alcuni attentati, già progettati, ad esponenti politici, tra i quali figurava Calogero Mannino. Infine un ultimo incontro con Riina avvenne a metà agosto del â92, presenti anche i boss Vincenzo Sinacori e Leoluca Bagarella (quest'ultimo cognato di Riina) nel corso del quale il capo corleonese avrebbe accennato al progetto «di dare un altro colpetto per far tornare qualcuno a trattare».
Per ciò che concerne il fallito attentato ai carabinieri in servizio allo stadio Olimpico di Roma, Brusca ha sostenuto di avene ignorato il progetto sino a quando non ne venne informato dopo il 1994 da Gaspare Spatuzza che accennandogliene lo inquadrò come «una vendetta» contro l'Arma. Ha tuttavia aggiunto di non conoscere i motivi della vendetta ed ha concluso: «Non so altro».
In precedenti deposizioni Brusca aveva già accennato ai fatti dell'Olimpico, ma solo ieri ha indicato in Spatuzza la sua fonte. Il teste ha infine specificato che anche il boss Matteo Messina Denaro gli parlò di un progetto di vendetta contro i carabinieri, ma senza citare l'Olimpico. Per colpire allo stadio romano i boss avevano trasformato una Lancia Thema in bomba, ma l'esplosine non avvenne per un difetto del telecomando.
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