amato kohl

L'AMATO RICORDO - IL DOTT.SOTTILE RICORDA (CON OMISSIS) LA SVALUTAZIONE DELLA LIRA DI 25 ANNI FA E IL PRELIEVO FORZOSO SUI CONTI CORRENTI (“IDEA DI GORIA”) – “LA BUNDESBANK SI RIFIUTO’ DI AIUTARCI. QUANDO SCHLESINGER LO DISSE A CIAMPI, IL GOVERNATORE ERA VERDE IN FACCIA”. POCHI GIORNI DOPO, LA GERMANIA SOCCORSE LA FRANCIA: “CON LO STESSO TRATTAMENTO CI SAREMMO SALVATI”

 

Federico Fubini per ‘L’Economia - Corriere della Sera

 

Una domenica di 25 anni fa, gli italiani videro al telegiornale un volto che avevano imparato a conoscere. Giuliano Amato, presidente del Consiglio di un governo nato dalle ceneri del pentapartito. Sembrava stanco e sotto stress. Quel 13 settembre 1992 il premier parlò di «tensioni», accennò a un «riallineamento». La lira dall' indomani avrebbe svalutato di un primo 7% sul marco tedesco: era l' inizio di una «sospensione» della valuta italiana nel Sistema monetario europeo (Sme), l' apice di una crisi del debito che si sarebbe rivelata la prova generale di quella del 2011-2012.

GIULIANO AMATO GIULIANO AMATO

 

Presidente, l' episodio del '92 fu intenso e concentrato nel tempo, mentre l' ultima crisi è stata più lunga. Perché?

«La crisi del '92 fu drammatica in termini finanziari. La differenza con la fase apertasi nel 2008 è che, quando si arrivò all' apice nel 2011, la Grande recessione aveva lasciato le sue tracce ovunque nel mondo. Per questo il ciclo recessivo è stato molto più lungo. Era diversa invece la situazione nei primi anni '90, quando la nostra economia si trovava frenata proprio da tassi d' interesse alti e da un cambio forte in un contesto globale positivo. Quei fattori rendevano difficile alle imprese il finanziamento e le rendevano meno competitive sul mercato internazionale».

 

Quando lei arrivò a Palazzo Chigi, giugno del '92, pensava già che si sarebbe arrivati a una forte svalutazione?

AMATO BARUCCI CIAMPIAMATO BARUCCI CIAMPI

«Le imprese la desideravano, se ne parlava sui giornali e sembrava una soluzione classica: quando la moneta è sopravvalutata del 25%, si apre la valvola della pressione e poi si vive meglio. Ma noi avevamo un debito pubblico enorme già allora e rinunciare alla forza della lira poteva mandare allo sbando la finanza pubblica. Quando nacque il mio governo, ci chiedemmo se non era il caso di svalutare subito. Carlo Azeglio Ciampi era governatore della Banca d' Italia, Piero Barucci ministro del Tesoro, Mario Draghi direttore del Tesoro».

 

Cosa decideste?

DRAGHI CIAMPIDRAGHI CIAMPI

«C' erano opinioni diverse. Ricordo ancora gli spaghetti al pomodoro di una colazione in Banca d' Italia con Ciampi e Barucci. Ciampi ci fece presente che prima era meglio aspettare l' accordo che avrebbe agganciato il costo del lavoro all' inflazione programmata - sarebbe arrivato a fine luglio - per scongiurare una spirale fra prezzi e salari. Poi si sarebbe potuto puntare a un riallineamento generale dello Sme. In sofferenza erano anche il franco, la sterlina, lo scudo e la peseta. Sarebbe stata più utile una rivalutazione del marco tedesco che un atto unilaterale sulla lira».

 

Perché questa strategia non funzionò?

«Avviammo i contatti con i partner, ma il doppio declassamento sui Btp da parte di Moody' s il 13 agosto rese tutto più difficile».

 

Contava più il peso del debito sulla lira o la politica restrittiva della Bundesbank che rafforzava il marco?

«La Bundesbank aveva un' economia surriscaldata e doveva gestire la riunificazione, con i marchi dell' Est cambiati uno a uno con quelli dell' Ovest sui salari. Quando chiedemmo loro di tagliare i tassi, risposero di no. Casomai, se volevamo, potevano rivalutare».

Helmut Schlesinger Helmut Schlesinger

 

Lei che fece?

«Lo proposi ai francesi. La pressione sulla lira era drammatica, faticavamo a restare nella banda di oscillazione dello Sme e contavamo su un riallineamento di tutte le valute sul marco. Sarebbe stata la moneta tedesca a rivalutarsi e non noi, da soli, a svalutare. Una domenica pomeriggio di fine agosto andai a Parigi e lo proposi a Pierre Bérégovoy».

 

Era premier, socialista come lei. Cosa le disse?

«Disse: 'Giuliano, non lo faccio'. Mi fece vedere i dati. Il 20 settembre in Francia si sarebbe tenuto il referendum per la ratifica del Trattato di Maastricht e il Sì era sotto. Se avessero perso la parità con il marco, l' orgoglio francese avrebbe reso il No invincibile e il progetto dell' unione monetaria sarebbe saltato».

 

Lei come rispose a Bérégovoy?

Pierre BeregovoyPierre Beregovoy

«Molto desolatamente gli dissi che avrei fatto il possibile, ma dubitavo che avremmo resistito fino al 20 settembre. La pressione sul mercato dei cambi era troppo forte. Capii che non ci sarebbe stato il riallineamento all' Ecofin di Bath del 5 settembre. Gli inglesi si presentarono avendo preso un maxi-prestito a tasso variabile. Non vedevano il rischio, erano convinti di cavarsela così!>

 

A quel punto lei dovette premunirsi. Come si mosse?

«Mercoledì 9 settembre riunii il Consiglio dei ministri. Non avevamo ancora pronti i decreti delegati sulle pensioni e gli enti locali, ma privatizzammo il Credito italiano e il Nuovo Pignone».

 

Misure storiche...

BUNDESBANKBUNDESBANK

«Ma simboliche per l' impatto sul debito. Però congelammo tutta la spesa pubblica ai valori nominali del '92, niente più aggiustamenti all' inflazione o al Pil. Pensavo potesse servire, dico la verità. Non per sempre, ma almeno per arrivare al referendum francese del 20 settembre».

 

Invece?

«Invece successe esattamente due giorni dopo. Secondo me loro ce l' avevano già in mente e ignorarono le mie misure del 9 settembre».

 

Loro chi?

«La Bundesbank!

 

» Che fece?

«Era il primo pomeriggio di venerdì 11 settembre, ero nel mio ufficio con Ciampi e Barucci. Si affaccia Francesco Alfonso, allora suo collaboratore, e ci disse che il presidente della Bundesbank Helmut Schlesinger aspettava in linea. Ciampi andò a parlargli al tavolo della mia segretaria e quando tornò era verde in volto. Schlesinger gli aveva detto che la Bundesbank da lunedì non sarebbe più intervenuta per difendere la lira».

John MajorJohn Major

 

Anche la sterlina faticava a tenere l' accordo di cambio. Lei provò a consultarsi con Londra?

«Chiamai John Major (il premier, ndr ) la domenica mattina del 13 per consigliargli un riallineamento. Downing Street ci mise una vita a trovarmelo, era in non so quale castello di campagna. Gli feci la mia proposta».

 

E lui?

«Mi disse che a loro non serviva: ' We don' t need it, Giuliano. Good luck! '. Pochi giorni dopo il loro ministro del Tesoro, Norman Lamont, chiamò Barucci. Era nel panico. Sarebbero stati brutalmente espulsi anche loro, il Black Wednesday del 16 settembre».

 

S' iniziò allargando la fascia di fluttuazione del 7% e presto la svalutazione fu del 25%. Lei la chiamò una «sospensione» degli accordi.

piero baruccipiero barucci

«Tale per noi era. Ingiusto fu quanto accadde al franco. Il Sì passò al referendum francese per un soffio e il giorno dopo durante un vertice del Fondo monetario a Washington Jean-Claude Trichet (all' epoca direttore del Tesoro di Parigi, ndr ) chiese una riunione all' ambasciata d' Italia. Presiedeva Ciampi. I francesi erano allo stremo. Ma Kohl e Mitterrand si erano già messi d' accordo: la Francia non doveva essere messa in difficoltà e decisero un allargamento delle oscillazioni dello Sme del 15% verso l' alto o il basso. L' avessimo avuta noi, ci avrebbe salvato».

 

I timori per la tenuta del debito in caso di crollo della lira si confermarono fondati?

«Furono settimane durissime. Le imprese erano contente per la moneta più debole. Ma noi avevamo bloccato anche i pagamenti essenziali dello Stato per contenere le emissioni di titoli del Tesoro. A settembre la Banca d' Italia era dovuta intervenire. C' erano code agli sportelli, fra cui la più lunga all' agenzia del Senato! La Guardia di Finanza mi faceva rapporto ogni giorno sugli spalloni che portavano soldi in Svizzera. Poi a ottobre avevamo una maxi-emissione da 47 mila miliardi, tremavamo all' idea»

mille lire1mille lire1

 

Come andò?

«Benissimo. Fu la fine dell' incubo. L' economia stava già uscendo dalla recessione».

 

Dunque la svalutazione aiutò?

«Nell' immediato, sì. Ma non consiglio di tornare alle monete nazionali con lo spazio che aprono alla speculazione!».

 

Passo indietro: lei a inizio luglio aveva varato il prelievo del 6 per mille dai conti. Come andò?

MARCO TEDESCO MONETAMARCO TEDESCO MONETA

«Fu un male necessario. Serviva una prima manovra correttiva da 30 mila miliardi di lire e avevo passato la notte a discutere con i tecnici del Tesoro e delle Finanze come trovare gli ultimi otto. Mi offrivano di alzare l' Iva, ma avrebbe fatto salire ancora l' inflazione; o di agire sull' Irpef, ma avrei alzato le tasse sui ceti più deboli. Fu allora, alle 4 del mattino, che Giovanni Goria (ministro delle Finanze, ndr ) mi prese da parte e mi chiese se poteva studiare il prelievo».

 

Lei che rispose?

«E studialo! Ma, aggiunsi, prima senti cosa ne pensa Ciampi».

 

Ciampi fu d' accordo?

giovanni goriagiovanni goria

«Il mattino dopo c' era Consiglio dei ministri. Goria arrivò verso mezzogiorno e sedette all' altra estremità del tavolo. Allora feci un errore di avventatezza, perché gli sillabai sottovoce: ' Hai par-la-to con Ciam-pi? '. Speravo leggesse le mie labbra. Lui fece cenno di sì, chissà che aveva capito. Gli detti la parola e la misura passò. Ciampi probabilmente avrebbe sconsigliato, ma non sapeva niente!».

 

La crisi del '92 fu lo sbocco di vent' anni di eccessi. Gli italiani lo hanno capito o si sono convinti che lo stellone li proteggerà per sempre?

«Vorrei fosse vera la prima ipotesi, tendo a credere di più alla seconda».

 

Ultimi Dagoreport

fedez chiara ferragni game over matrimonio x

“CHIARA, TI RICORDI QUANDO HAI AMMESSO A FEDEZ CHE TI SEI SCOPATA ACHILLE LAURO?” - IL “PUPARO” DEL RAPPER, FABRIZIO CORONA, BUTTA BENZINA SUL FUOCO: “RACCONTERÒ LA MOGLIETTINA PERFETTA CHE SEI, QUANTE STRONZATE RACCONTI DA 15 ANNI, I TUOI AFFARI SPORCHI E L'AMORE CHE PERÒ HAI VISSUTO TRADENDOLO COSTANTEMENTE" - L’IRRESISTIBILE SCENEGGIATA, RICCA DI MIRATISSIMI COLPI ALL'INGUINE MESSA IN SCENA DALL’EX DUO FERRAGNEZ, CONFERMA LA PIÙ CLASSICA CONVINZIONE FILOSOFICA-EUCLIDEA: L'IDIOZIA È LA PIÙ GRAZIOSA DISTANZA FRA DUE PERSONE (SALVO POI SCOPRIRE CHE, AL LORO CONFRONTO, I COSIDDETTI MEDIA TRASH SCANDALISTICI SONO INNOCENTI COME TUBI) - AMORALE DELLA FAVA: IL LORO MATRIMONIO CELEBRATO NEL 2018 IN UNA LOCATION DI LUSSO DI NOTO, TRASFORMATO IN LUNA PARK VERSIONE FLOWER POWER, CON RUOTE PANORAMICHE E CONSOLLE DI DEEJAY, ERA UNA PROMESSA DI FUTURO: PAGLIACCIATA ERA, PAGLIACCIATA È STATA - VIDEO

luigi lovaglio - francesco gaetano caltagirone - giancarlo giorgetti - milleri - alberto nagel - philippe donnet mediobanca mps

DAGOREPORT - NEL GRAN RISIKO BANCARIO, L’UNICA COSA CERTA È CHE MONTE DEI PASCHI DI SIENA È ORA NELLE MANI DI DUE IMPRENDITORI PRIVATI: MILLERI E CALTAGIRONE. ALTRO CHE BANCA LEGHISTA COME CIANCIA SALVINI - ALTRA CERTEZZA: L’OPS SU MEDIOBANCA SARÀ COMPLETATA DOPO L’ASSALTO A GENERALI - SE L’IMMOBILIARISTA CALTARICCONE SOGNA LA CONQUISTA DELLA SECONDA COMPAGNIA EUROPEA CHE GESTISCE 32 MILIARDI DI EURO DI BENI IMMOBILI, ALCUNI EREDI DEL VECCHIO ACCUSANO MILLERI DI ESSERE SUBALTERNO AL DECISIONISMO DI CALTA - SULLA PIAZZA DI MILANO SI VOCIFERA ANCHE DI UNA POSSIBILE DISCESA IN CAMPO DI UN CAVALIERE BIANCO CHE LANCI UN’OPA SU MEDIOBANCA PIÙ RICCA DELL’OPS DI CALTA-MILLERI-LOVAGLIO...

giorgia meloni nordio mantovano almasri francesco franco lo voi

DAGOREPORT - QUANDO LA MELONI DICE "NON SONO RICATTABILE", DICE UNA CAZZATA: LA SCARCERAZIONE DEL TORTURATOR ALMASRI È LA PROVA CHE LA LIBIA USA I MIGRANTI A MO' DI PISTOLA PUNTATA SULL'ITALIA - CHE POI PALAZZO CHIGI NON SAPPIA GESTIRE LE SITUAZIONI DI CRISI E' LAMPANTE: SAREBBE BASTATO METTERE IL SEGRETO DI STATO, INVECE CHE MANDARE PIANTEDOSI A CIANCIARE DI " ALMASRI, PERICOLO PER LA SICUREZZA", E NESSUNO SI SAREBBE FATTO MALE - L'ATTO GIUDIZIARIO DELLA PROCURA DI ROMA NON C'ENTRA NIENTE CON IL CASO SANTANCHÈ - LO STRETTO RAPPORTO DI LI GOTTI CON I MAGISTRATI - LE VOCI DI VOTO ANTICIPATO PER CAPITALIZZARE ''GIORGIA MARTIRE DELLA MAGISTRATURA''. CHE NON È SUL TAVOLO: SOLO MATTARELLA DECIDE QUANDO SCIOGLIERE LE CAMERE (E SERVIREBBE CHE O LEGA O FORZA ITALIA STACCASSERO LA SPINA AL GOVERNO...)

friedrich merz donald tusk giorgia meloni trump emmanuel macron olaf scholz mario draghi

DAGOREPORT - AL PROSSIMO CONSIGLIO EUROPEO SARANNO DOLORI PER LA MELONI INEBRIATA DAL TRUMPISMO - IL PRIMO NODO DA SCIOGLIERE SARÀ LA RATIFICA, UNICA MANCANTE DEI 27 PAESI, ALLA RIFORMA DEL MECCANISMO EUROPEO DI STABILITÀ (MES), A GARANZIA DI UNA CRISI BANCARIA SISTEMICA. LA DUCETTA AVEVA GIA' PROMESSO DI RATIFICARLO DOPO LA FIRMA DEL PATTO DI STABILITÀ. MA ORA NON POTRÀ INVENTARSI SUPERCAZZOLE DAVANTI A MACRON, SCHOLZ, TUSK, SANCHEZ, LEADER CHE NON NASCONDONO DIFFIDENZA E OSTILITÀ NEI CONFRONTI DELL'UNDERDOG CHE SI È MESSA IN TESTA DI ESSERE IL CAVALLO DI TROIA DELLA TECNODESTRA AMERICANA IN EUROPA - MA IL ROSPO PIÙ GROSSO DA INGOIARE ARRIVERÀ DALL’ESTABLISHMENT DI BRUXELLES CHE LE FARÀ PRESENTE: CARA GIORGIA, QUANDO VAI A BACIARE LA PANTOFOLA DI TRUMP NON RAPPRESENTI LE ISTANZE EUROPEE. ANZI, PER DIRLA TUTTA, NON RAPPRESENTI NEMMENO L’ITALIA, MEMBRO DELLA UE QUINDI SOGGETTA ALLE REGOLE COMUNITARIE (CHE HANNO TENUTO A GALLA IL PIL ITALIANO CON I 209 MILIARDI DI PNRR), MA RAPPRESENTI UNICAMENTE TE STESSA…

donald trump elon musk

DAGOREPORT – SIC TRANSIT GLORIA MUSK: A TRUMP SONO BASTATI MENO DI DIECI GIORNI DA PRESIDENTE PER SCAZZARE CON IL MILIARDARIO KETAMINICO – LA VENDITA DI TIKTOK A MICROSOFT È UN CAZZOTTO IN UN OCCHIO PER MR. TESLA (BILL GATES È UN SUO ACERRIMO NEMICO). POI C’È LA DIVERSITÀ DI VEDUTE SUL REGNO UNITO: MUSK VUOLE ABBATTERE IL GOVERNO DI STARMER, CHE VUOLE REGOLAMENTARE “X”. E TRUMPONE CHE FA? DICE CHE IL LABURISTA STA FACENDO UN “GOOD JOB” – L’INSOFFERENZA DEL VECCHIO MONDO “MAGA”, L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE E I DAZI ALL’EUROPA: IL TYCOON ASPETTA PERCHÉ VUOLE DISCUTERE CON LONDRA…

stefano boeri cino zucchi beppe sala

DAGOREPORT! LA "POLITECNICO CONNECTION" MILANESE, CHE HA PORTATO AI DOMICILIARI STEFANO BOERI E CINO ZUCCHI ERA STATA RACCONTATA SUL “FATTO” DA EMILIO BATTISTI NELL’AGOSTO DEL 2022 – L’ARCHITETTO SQUADERNAVA LA RETE DI RELAZIONI PROFESSIONALI TRA I VINCITORI DEL CONCORSO E I COMMISSARI BOERI E ZUCCHI LA “RIGENERAZIONE URBANA” A COLPI DI GRATTACIELI, SULLA QUALE IL SINDACO SALA TRABALLA, NASCE SEMPRE NELLA SCUOLA DI ARCHITETTURA DEL POLITECNICO, DOVE IMPAZZA DA DECENNI UNA LOTTA INTESTINA TRA DOCENTI, QUASI TUTTI DI SINISTRA - L’INUTILITÀ DEI CONCORSI, OBBLIGATORI, PERÒ, PER LEGGE, QUANDO SAREBBE PIÙ ONESTO CHE...