IL GOVERNO SARÀ PURE STANDARD MA NOI RESTIAMO SEMPRE POOR: L'AGENZIA NON CAMBIA IL RATING E MANTIENE L'OUTLOOK NEGATIVO. DELLA MANOVRA NON SI FIDA E VUOLE VEDERE CHE SUCCEDE L'ANNO PROSSIMO - IL POVERO GUALTIERI HA DOVUTO TAGLIARE 3 MILIARDI AL SUO STESSO MINISTERO PER RIENTRARE NEI PARAMETRI. TAGLI LINEARI OVUNQUE
1. STANDARD & POOR' S NON SI FIDA DI GUALTIERI IL GIUDIZIO SULLA MANOVRA RINVIATO AL 2020
GianMaria De Francesco per ''il Giornale''
A Roma, soprattutto a Via XX settembre, ieri sera tutti tenevano le dita incrociate in attesa della revisione del rating di Standard & Poor' s sull' Italia. La speranza, nemmeno troppo sottaciuta dai tecnici che lavorano con il ministro dell' Economia Roberto Gualtieri, era che l' agenzia di valutazione potesse rivedere al rialzo le prospettive sul debito italiano da «negative» a «stabili», di fatto avallando a livello internazionale le politiche economiche del governo giallorosso e di fatto rappresentando un buon viatico per la manovra di bilancio a Bruxelles.
giuseppe conte roberto gualtieri 9
E, invece, a tarda sera le attese sono state deluse. L' agenzia di valutazione ha lasciato invariato il giudizio sul debito sovrano dell' Italia a «BBB», soltanto due gradini sopra quello spazzatura, confermando l' outlook negativo.
Di fatto, gli analisti di S&P hanno confermato il quadro dello scorso aprile, rinviando di fatto una nuova revisione del rating dopo la presentazione della manovra 2020.
Questo non vuol dire che la «conversione» europeista del nuovo esecutivo non siano state apprezzate. Gli obiettivi fiscali del governo sono «ampiamente credibili, ma le proiezioni sulla crescita nominale sono in qualche modo ottimistiche»ha sottolineato S&P, aggiungendo di ritenere di fondamentale importanza l' introduzione di «riforme per aumentare l' occupazione e la produttività».
In pratica, «il progetto di bilancio per il 2020 bilancia la necessità di stimoli con lo spazio fiscale limitato dell' Italia». In buona sostanza, l' agenzia di rating ha mostrato di condividere le tesi esposte la settimana scorsa dal Fondo monetario internazionale sul nostro Paese descritto come bloccato tra bassa crescita e debito elevato (2.410 miliardi). Il Pil «debole», secondo S&P, resta il «principale rischio» per il rating dell' Italia e la tenuta dei suoi conti pubblici.
L' agenzia di valutazione per l' anno prossimo prevede un +0,4%, un decimale di Pil sotto la previsione del Documento programmatico di bilancio e quasi un terzo di quanto stimato per l' area euro (+1,1%). Standard and Poor' s ha invece sottolineato come «invece di spendere, le famiglie e le aziende italiane continuino a costruire risparmi precauzionali».
A una prima analisi, in questo tipo di lettura del quadro macroeconomico del sistema-Paese sembra mancare una più lucida definizione della problematica.
È, infatti, difficile che possa aumentare il clima di fiducia in una nazione caratterizzata da una pressione fiscale che si avvia a salire al 42% l' anno prossimo.
Proprio queste suggestioni hanno consentito al viceministro dell' Economia di promettere meravigliose sorti e progressive per il Fisco. Per il 2021, se il governo resterà l' attuale, «c' è l' intenzione di permettere le detrazioni solo sui pagamenti digitali o tracciabili», ha detto ieri Antonio Misiani a Sky Tg24. Se a questo aggiungiamo il taglio di alcune detrazioni al 19% per i redditi superiori a 120mila euro lordi annui si capisce bene come la ripresa si allontani sempre più.
2. MAXI-TAGLI AI MINISTERI S&P CONFERMA IL RATING
Andrea Bassi per ''Il Messaggero''
L'agenzia di rating Standard & Poor's ha confermato il rating dell'Italia a BBB con outlook negativo. Il giudizio resta due gradini sopra il livello spazzatura. Ma Standard & Poor's «considera credibili» i target della manovra, prevedendo un deficit/Pil al 2,0% per quest'anno e del 2,2% nel 2020. Intanto arrivano tre miliardi di euro di tagli ai bilanci dei ministeri. O meglio, al bilancio del ministero del Tesoro, che da solo dovrà sostenere in pratica i nove decimi della sforbiciata, 2,9 miliardi di euro in tutto.
È l'ultima novità emersa dall'ormai infinito cantiere del decreto fiscale che, per l'ennesima volta, ha visto slittare la sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. La vera sorpresa in realtà, è anche un altra. I tagli sono effettuati sui fondi dell'anno in corso, del 2019, non su quelli del 2020. Lo scopo è evidente. Dopo aver spostato i versamenti fiscali delle Partite Iva previsti per quest'anno al prossimo anno, il governo si è probabilmente trovato nella condizione di dover rattoppare anche il 2019.
La domanda a questo punto è quale sarà il reale effetto di questi tre miliardi di tagli ai bilanci dei ministeri, che arrivano a soli due mesi dalla chiusura dei conti annuali? Fonti tecniche fanno notare che i tagli riguardano fondi su cui il tiraggio è stato minore del previsto. Significa che a 60 giorni dalla fine dell'anno, si ha la ragionevole certezza che una parte dei soldi che si trovano su quei capitoli di spesa non verranno utilizzati. Una spiegazione ovviamente del tutto plausibile, anche se alcuni dei fondi che saranno tagliati sono particolarmente rilevanti. Ci sono, per esempio, 420 milioni di euro del capitolo «Regolazioni contabili, restituzioni e rimborsi d'imposte».
Sono i soldi che l'Agenzia delle Entrate versa alle imprese per i rimborsi Iva o ai contribuenti per i rimborsi dell'Irpef. Sbagliare i conti su questo capitolo tagliando più grasso di quello che c'è, potrebbe per esempio ritardare questi rimborsi. Ci sono poi 660 milioni di euro in meno di oneri finanziari per il pagamento del servizio di tesoreria dello Stato. Un risparmio spiegabile dai bassi tassi d'interesse, al pari dei 355 milioni di euro che la tabella indica come minori oneri sul debito pubblico. Ma ci sono anche 550 milioni di tagli degli incentivi per le imprese. Soldi stanziati per aiutare il sistema produttivo che, secondo le stime fatte dal Tesoro, non verranno utilizzati da qui a fine anno.
IL RAPPORTO
Ci sono poi 15 milioni di tagli ai fondi per il terzo settore e il volontariato fatti dal ministero del lavoro, e altrettanti alla giustizia penale e amministrativa decisi dal Guardasigilli. Intanto arriva una spinta al piano per l'Italia cashless, con una mano tesa ai commercianti che avranno uno sconto sulle commissioni per i Pos e un ampliamento naturale dei pagamenti elettronici visto che dal 2020, per ottenere le detrazioni in dichiarazione dei redditi l'anno successivo, si dovrà presentare traccia delle spese con bonifici, carte o bancomat. Da luglio il tetto all'uso del contante scenderà a 2000 euro (per poi arrivare, nel 2022, a 1000) e scatteranno le multe per chi non accetta il Pos.
Per venire incontro a commercianti, il governo mette in campo anche un credito d'imposta, sul modello dei benzinai. Si tratta di un credito del 30% delle spese per le commissioni sulle transazioni con carte e bancomat, che potrà essere usato esclusivamente in compensazione, e che sarà concesso a chi ha una attività con ricavi e compensi entro i 400mila euro l'anno.
Una manovra che piace a Standard & Poor's che ieri sera, pur confermando il rating dell'Italia a BBB con outlook negativo, ha affermato di considerare «credibili» i target previsti. Prevedendo un deficit/Pil al 2,0% quest'anno e del 2,2% nel 2020, S&P ricorda che «un nuovo governo è al potere dagli inizi di settembre, e ha fatto progressi su vari fronti».