MI FACCIO (LA RIFORMA DELLA) GIUSTIZIA DA SOLO - IL GOVERNO SI SPACCA SU INTERCETTAZIONI E PRESCRIZIONE MA RENZI TIRA DRITTO: “NO AL PANTANO. SENZA INTESA DECIDO TUTTO IO” - FI FRENA, IL CAV AVVERTE: NIENTE SCHERZI
1. MAGGIORANZA DIVISA SULLE INTERCETTAZIONI PRESCRIZIONE A RISCHIO
Tommaso Labate per “Il Corriere della Sera”
«Le intercettazioni, nella riforma della giustizia, il Pd non le vuole», dice Giuseppe Lumia, capogruppo pd in commissione Giustizia al Senato. «E invece, se c’è la prescrizione, per quanto ci riguarda ci devono essere anche le intercettazioni», rispondono praticamente in coro i componenti della delegazione alfaniana, che sono il viceministro della Giustizia Enrico Costa e il senatore Nico D’Ascola.
Difficile descriverli come attimi carichi di tensione. Ma è questo il momento del vertice di maggioranza, che va in scena ieri mattina al ministero di via Arenula, in cui la «distanza politica» tra Pd ed Ncd sulla riforma della giustizia si manifesta nella sua rappresentazione plastica. Ed è lo stesso momento in cui Andrea Orlando, seppur con toni pacati, suona il gong. «Non è che il Pd non vuole le intercettazioni nella riforma della giustizia», è il colpo al cerchio. «Ma questo intervento non arriverà in Consiglio dei ministri venerdì. Come ha chiarito più volte il presidente del Consiglio, prima ascolteremo gli operatori dell’informazione, poi ci muoveremo», è quello alla botte.
Quando usciranno dal vertice di maggioranza, visto che la verità è difficile da nascondere, tutti si appelleranno alle formule più soft. Lo farà il ministro Orlando, parlando di «confronto aperto» e ammettendo che «nella maggioranza ci sono differenze sulle priorità». E lo farà anche il suo vice, l’alfaniano Costa, che preferisce sottolineare «la necessità di ulteriori approfondimenti».
Soprattutto quest’ultima è una formula di rito. Che serve a prendere tempo fino a che Angelino Alfano, che ieri era a Bruxelles per il lancio di Frontex Plus, non sarà di nuovo impegnato sul dossier giustizia. Cosa che accadrà oggi, visto che sono in calendario la direzione nazionale di Ncd e la conferenza stampa che il titolare del Viminale terrà insieme al coordinatore del partito Gaetano Quagliariello.
Ma non è tutto. L’apertura del «confronto» sulle intercettazioni è stata come lo scoperchiamento del vaso di Pandora. Con quel punto escluso della riforma, anche sugli altri dossier — che saranno licenziati nel Consiglio dei ministri di venerdì — è emersa quella distanza tra Pd e Ncd rimasta per ora al di fuori dalle dichiarazioni alla stampa e dai comunicati ufficiali.
Agli alfaniani, per esempio, non va bene il modo in cui il governo vuol mettere mano alla prescrizione, congelandola dopo il processo di primo grado e quello di appello. E non va bene neanche — seppure Costa precisi che «sui principi siamo perfettamente d’accordo» — il modo in cui i tecnici del ministero hanno steso l’articolato che riguarda il disegno di legge sulla responsabilità civile dei magistrati. Perché, dicono, «ci sono delle garanzie a favore dei giudici che, di fatto, rischiano di vanificare il provvedimento».
La bussola fissata da Renzi e Orlando, per adesso, è quella — come spiega quest’ultimo — «di portare in Consiglio dei ministri tutto il lavoro elaborato». E poi decidere in quella sede. Ma il punto di caduta più concreto, lo stesso che può evitare che il «confronto» con Ncd si trasformi in «scontro», è quello di cedere qualcosa. Per esempio, è una delle soluzioni che circolano in serata, togliendo dal provvedimento anche la riforma della prescrizione che — così com’è — agli alfaniani non piace. Ed è uno scenario, questo, a cui i tweet di Renzi sulla giustizia — in cui il premier cita la riforma della giustizia civile e il dimezzamento della chiusura estiva dei tribunali — sembrano dar forza.
Succederà tutto nel giro di poche ore. E succederà oggi. L’incontro Renzi-Orlando e il pronunciamento di Alfano dopo la riunione coi suoi. E prima che gli enigmi vengano sciolti, al ministero della Giustizia si godono una delle poche belle notizie della giornata di ieri. E cioè l’ apprezzamento di Confindustria sulla riforma.
«Confindustria ritiene condivisibili gli obiettivi alla base del pacchetto di misure che il Governo intende predisporre in materia di giustizia civile e penale», si legge alla terza riga di un documento preliminare ufficiale che da viale dell’Astronomia è arrivato ieri al dicastero via Arenula. Per com’era andata la giornata, un premio di consolazione mica da poco.
2. RENZI: SENZA INTESA DECIDO IO NON MI FACCIO IMPANTANARE
Alberto Gentili per “Il Messaggero”
«Io non mi faccio impantanare. Lo dico da settimane che il governo venerdì varerà la riforma della giustizia e non torno certo indietro. Se necessario decido tutto io». Matteo Renzi sa di giocarsi la faccia e il suo futuro politico. E sa altrettanto bene che se il piano di riforme dovesse naufragare, a pagarne il prezzo sarebbe proprio lui. Così, quando il ministro della Giustizia Andrea Orlando alza bandiera bianca, annunciando che nella maggioranza ci sono «differenze nelle priorità», Renzi non trattiene un moto di fastidio.
L’ex rottamatore, il segretario «del Pd al 40,8%» - fanno notare i suoi - non è al governo per sottostare ai veti di Angelino Alfano o di qualche altro cespuglio della maggioranza. Così, molto probabilmente, domani Renzi in Consiglio dei ministri se ne infischierà delle «differenze nelle priorità» e andrà avanti come un rullo compressore.
La prova? Un’ora dopo l’annuncio di Orlando, il premier sforna due tweet come se nulla fosse, in cui parla del dimezzamento delle vacanze nei Tribunali e dell’«arretrato del civile» entro i famosi “Mille Giorni”. «Stanno tentando il solito giochino per provare a fermare il cambiamento», confida ai suoi, «ma stavolta gli va male».
IL DECISIONISMO
Un approccio decisionista e «anti-palude», quello di Renzi, con cui ha già dovuto fare i conti la ministra dell’Istruzione, Stefania Giannini, tagliata fuori dal premier nella trattativa per le linee guida delle riforma scolastica. E che ha provocato qualche scintilla con il responsabile dell’Economia. E se per ora Pier Carlo Padoan l’ha spuntata sulla questione delle coperture al decreto “Sblocca-Italia”, è solo perché il ministro tecnico gode della tutela del Quirinale e su di lui è puntato l’occhio vigile dei mercati finanziari, pronti a cogliere (e a punire) qualunque scostamento dalla linea di tenuta dei conti pubblici.
LA ZAMPATA TEDESCA
Su questo fronte, a rendere ancora più agitata la giornata di palazzo Chigi, ci ha pensato Wolfgang Schaeuble. Il potente ministro dell’Economia tedesco ha fatto piovere una doccia gelata sulle aspettative dei mercati finanziari, che da lunedì corrono nell’attesa delle mosse del presidente della Banca centrale europea Mario Draghi. In primis l’utilizzo del quantitative easing (l’acquisto massiccio di titoli pubblici e privati) per spingere la ripresa in Europa e combattere il demone della deflazione. E una spinta per l’utilizzo nell’Eurozona di «una maggiore flessibilità in cambio di riforme strutturali». La linea, guarda caso, su cui è attestata l’Italia.
«Conosco molto bene Draghi e credo sia stato frainteso. Le sue parole sono state interpretate troppo in una direzione», ha dichiarato Schaeuble. Poi, quasi a voler negare l’evidenza di una zona euro in recessione, il ministro di Berlino ha espresso un giudizio positivo sullo stato di salute dell’Europa. Due segnali sufficienti a far drizzare i capelli: «I tedeschi dimostrano di non aver capito nulla o di non aver imparato la lezione», dice uno stretto collaboratore di Renzi, «con le attuali politiche impostate solo sul rigore, l’economia europea è stata portata al collasso come dimostra la recessione della Germania. In più è del tutto inopportuno che Schaeuble si eserciti in una interpretazione del presidente della Bce. Al massimo le parole di Draghi si commentano...».
La reazione di Renzi è molto più contenuta. Sabato vola a Bruxelles per incassare la nomina di Federica Mogherini ad Alto rappresentante della politica estera dell’Unione e non ha intenzione di andare preventivamente allo scontro con Berlino. I conti con Schauble e gli altri falchi del rigore il premier italiano proverà a regolarli in autunno. Così Renzi, parlando con i suoi, si limita a una battuta: «Schaeuble? Io parlo con la Merkel». Spiegazione di uno stretto collaboratore: «Per ottenere qualche cambiamento non bisogna rivolgersi a generali o colonnelli, bisogna lavorare al più alto livello politico. E’ qui che si può sperare che si affermi una linea illuminata».
Che la partita sia delicata è dimostrato anche da un’altra confidenza di Renzi. A chi gli faceva notare che è già scattato il totoministri per la sostituzione in autunno della Mogherini agli Esteri, il premier ha risposto con una punta di fastidio: «A pochi giorni dal vertice di Bruxelles ci vuole serietà e low profile».
3. GIUSTIZIA: FI FRENA SU RIFORMA, BERLUSCONI NON VUOLE SCHERZI
Da “AdnKronos”
Forza Italia è pronta a collaborare con il governo sulla riforma della giustizia, ma niente scherzi su responsabilità civile delle toghe, intercettazioni, falso in bilancio e prescrizione. Tutti nodi che vanno risolti, senza colpi di testa. Silvio Berlusconi, oggi ancora ad Arcore, sta valutando con i suoi la bozza Orlando in attesa del Consiglio dei ministri del 29 agosto.
Gli occhi sono tutti puntati sulla seduta di venerdì. Il Cav, che sta esaminando i punti più caldi con Denis Verdini (ieri a Villa San Martino, oggi rientrato a Roma e concentrato su questa pratica), Gianni Letta e Niccolò Ghedini. E vuole vedere le carte prima di un giudizio nel merito.
L'ex premier, raccontano, aspetta Matteo Renzi alla prova dei fatti, quando ci saranno proposte concrete, non fumose. Il vertice di oggi tra il ministro Andrea Orlando e gli azzurri Giacomo Caliendo e Gianfranco Chiarelli non avrebbe sciolto i dubbi di Forza Italia.