SETTE GIORNI PER IL CRAC DELLA GRECIA? - NON SONO POCHI I NEGOZIATORI, INCARICATI DI TRATTARE SULLA RISTRUTTURAZIONE DEL DEBITO AL 50%, CHE SPERANO CHE ATENE CROLLI (LEGGI, HEDGE FUND) – NELLE TRATTATIVE C’È LA QUESTIONE DEI TASSI DI INTERESSE SUI NUOVI TITOLI - IL 20 MARZO IL GOVERNO GRECO DOVRA’ RIFINANZIARE 14,5 MLD € DI BOND E CON IL DECLASSAMENTO COLLETTIVO DEI PAESI EUROPEI I SALVATAGGI VIA EFSF SONO ANCORA PIÙ ONEROSI - IL GOVERNO GRECO VA A WASHINGTON…

Tonia Mastrobuoni per "la Stampa"

La Grecia è a un passo dal baratro e i Governi europei farebbero bene a puntare la loro attenzione di nuovo su Atene. Soprattutto, sui negoziatori incaricati di trattare sulla ristrutturazione volontaria del debito al 50 per cento. Qualcuno, è il messaggio di Charles Dallara, rema contro. Il capo dell'Iif, l'organizzazione che raggruppa le banche e i creditori esposti verso la Grecia, ha sostenuto in un'intervista al Financial Times che c'è solo tempo fino alla fine della settimana per evitare il default di Atene.

Per finalizzare l'intesa che è parte integrante del secondo pacchetto di aiuti alla Grecia da 130 miliardi varato dalla Ue lo scorso autunno, c'è tempo solo fino al 20 marzo, quando Atene dovrà rifinanziare 14,5 miliardi di bond. Dallara è convinto che per il taglio del debito da 100 miliardi di euro serva «un'intesa entro la fine della settimana», prima dell'Eurogruppo del 23 gennaio. Ma, ha aggiunto, mentre «tutti i capi di Stato europei dicono che vogliono un accordo con un 50 per cento (di haircut) su base volontaria, alcuni dei loro collaboratori non stanno seguendo quel principio».

Il negoziato è stato interrotto venerdì scorso ma dovrebbe riprendere domani. Sul tavolo, anche, il nodo dei tassi di interesse che verrebbero offerti sui nuovi titoli. I tedeschi pare che insistano per limitarli al 2-3 per cento ma i detentori di bond chiedono il 5. Il problema, soprattutto, è che alcuni hedge fund continuano a fare muro e alcuni creditori chiedono il coinvolgimento della Bce.

Secondo loro un taglio del valore dei «sirtaki bond» spalmato anche sui titoli detenuti dalla Bce ne diluirebbe l'onere. Costerebbe meno, in sostanza, del 50 per cento. Incombe infine, sul delicato negoziato, la tentazione per il Governo greco di trasformare l'haircut da volontario in coercitivo. Sarebbe il default di fatto, ovviamente. Con conseguenze incalcolabili per l'Europa.

Tanto per buttare un po' di benzina sul fuoco il responsabile dei rating sovrani dell'Europa di Standard&Poor's, Moritz Kraemer, ha detto ieri di prevedere «un default delle Grecia in tempi molto brevi». Aggiunge l'esponente dell'agenzia di rating statunitense: «Non saprei dire se ci sarà una soluzione alla fine degli attuali negoziati. C'è molta strategia del rischio calcolato e un default disordinato avrebbe ramificazioni su altri paesi, ma credo che i politici vogliano evitarlo... I giochi sono ancora aperti». Ma intanto il titolo per affossare i listini europei, è offerto da Kraemer su un piatto d'argento.

Il premier ellenico Lucas Papademos ha ribadito ieri che l'abbandono dell'euro «non è un'opzione» per il suo Paese. E si è detto anche fiducioso che un esito positivo dell'intesa «è vicina». Per il premier ed ex banchiere centrale l'interruzione delle trattative di venerdì scorso è stata «una piccola pausa nelle discussioni ma sono fiducioso che continueranno e che raggiungeremo in tempo un accordo che sia accettabile da entrambi le parti». Parole analoghe sono giunte ieri da Bruxelles. Un portavoce della Commissione europea ha espresso «fiducia» che si troverà un accordo «presto».

Il governo greco ha mandato nel frattempo una missione a Washington capeggiata dal capo dell'agenzia del debito Petros Christodolou e dal capo degli advisor economici George Zanias per una girandola di incontri con l'Fmi. Ma è difficile che il Fondo si faccia convincere ad aumentare la sua quota di aiuti. E men che meno l'Europa, afflitta ora anche dal declassamento collettivo che renderà più onerosi anche i salvataggi via Efsf.

 

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