NELLA GUERRA IN VIA ARENULA HA STRAVINTO LA “ZARINA” GIUSI BARTOLOZZI – LE DIMISSIONI DI ALBERTO RIZZO DA CAPO DI GABINETTO DI NORDIO SONO DOVUTE ALLO STRAPOTERE NEL MINISTERO DELLA SUA VICE, CHE IL GUARDASIGILLI CHIAMA “LA MIA MINISTRA” – AL CSM SONO CERTI CHE LA NUOVA “CAPA” DI GABINETTO SARÀ DI SICURO BARTOLOZZI, “PERCHÉ GIÀ ORA SI COMPORTA DA PADRONA E DETTA LEGGE NELLE RIUNIONI”
Estratto dell’articolo di Liana Milella per “la Repubblica”
La “zarina” di via Arenula, al secolo Giusi Bartolozzi, ha stravinto. Perché ha gettato la spugna il magistrato che Carlo Nordio aveva scelto come capo di gabinetto. Incarico di pura facciata il suo. Il fantasmatico Alberto Rizzo, ex presidente del tribunale di Vicenza, ha chiesto al Csm di rientrare in servizio.
[…] Rizzo s’è reso conto che nella stanza di Nordio era un’altra la magistrata con assoluto potere, Giusi Bartolozzi. Quella che Nordio chiama “la mia ministra”. Amica strettissima del Guardasigilli, sempre seduta a un’incollatura da lui nei momenti strategici, consigliera pure per i rapporti con la stampa, tant’è che controlla domande e risposte.
Loquace assai la “zarina”, come sanno bene alla Camera, perché era deputata di Forza Italia nella scorsa legislatura, poi passata al gruppo misto dopo una lite su un emendamento che non voleva firmare. Potente. Tant’è che ieri al Csm dicevano di lei che sarà di sicuro la nuova “capa” di gabinetto «perché già ora si comporta da padrona e detta legge nelle riunioni». […]
Il “povero” Rizzo s’è accorto presto di non contare granché.
Finito per giunta nella rissa tra la “zarina”, frequentatrice dei salotti di Palermo con il marito ed ex vice presidente della Regione Gaetano Armao, e la “capa” della segreteria di Nordio, quella Gippy Rubinetti che era con Michele Vietti al Csm, anche lei collaboratrice fidata del ministro della Giustizia. Nordio strattonato tra le due e il capo di gabinetto in secondo piano.
Rizzo voleva andar via da tempo, tant’è che ha presentato ben tre domande al Csm, per la presidenza dei tribunali di Modena e Firenze, nonché per la Corte d’Appello di Brescia. E qui eccolo protagonista pure di una norma ad personam, come maligna Enrico Costa di Azione.
Se la legge Cartabia stabiliva infatti che le toghe ministeriali potessero ottenere incarichi solo se restavano un anno fuori ruolo, ecco la normetta che consente a un magistrato con incarico di governo che si dimette entro due anni dall’insediamento, di concorrere a incarichi direttivi.
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