IL MAGICO RENZI: SE VINCE, IL MERITO E’ TUTTO SUO. SE PERDE, E’ COLPA DEGLI ALTRI - I BUROSAURI PIDDINI NON CI STANNO - BERSANI: “CHI DICE CHE HA VINTO IL NUOVO E PERSO IL VECCHIO, LO DIMOSTRI” - D’ALEMA: “NON SI UNISCE COSÌ IL PARTITO” - E IL TWEET DI LETTA FA ARRABBIARE IL NAZARENO

Goffredo De Marchis per ‘La Repubblica

 

La “ditta” si ribella. Non ci sta al gioco del vecchio e del nuovo, a leggere i risultati delle amministrative con questa logica: lì dove è arrivato il cambiamento si vince, là dove le candidature erano legate al passato, cioè al precedente segretario, si perde. Eccolo qui il segretario prima di Matteo Renzi. Ecco l’ex Ds al quale oggi i fedelissimi del premier vogliono intestare le sconfitte in alcune città simbolo: Livorno, Perugia, Padova e Potenza. Pier Luigi Bersani sorride in un corridoio della Camera.

 

BERSANI LETTA RENZI BERSANI LETTA RENZI

Con una certa malizia usa subito il termine che il renzismo gli rinfaccia come se fosse una parolaccia: «Io lavoro per la ditta, tifo per la ditta. Quindi non mi metto a battibeccare con i miei colleghi di partito». Si vede che quel tipo di accusa lo infastidisce molto. Lo irrita. «Ma sono in posizione off per le dichiarazioni. Non faccio polemiche. Loro dicono che ha vinto il nuovo e ha perso il vecchio? Se lo dicono, lo dimostrino. Non voglio farlo io ma persino un giornalista può andare a leggere i dati comune per comune e vedere se la loro analisi ha qualche fondamento ». Come dire: è una balla, una solenne fesseria. Alimentarla è un errore.
 

LORENZO GUERINILORENZO GUERINI

Massimo D’Alema lo ha spiegato a Lorenzo Guerini la mattina successiva ai ballottaggi, dopo la nota del vicesegretario, che è sembrata finalmente mettere un punto allo scontro. Con una buona dose di equilibrio. «Non si fa così, non si offendono i candidati che ce l’hanno messa tutta e che adesso vivono anche il dolore di non avercela fatta. Se volete un Pd unito, non è questo il modo», è stato il senso della telefonata del presidente della Fondazione Italianieuropei. Gianni Cuperlo dice che si sta smarrendo «una grammatica del partito, che il linguaggio sbagliato trasforma le persone e i loro rapporti», che così il Pd si chiude invece di allargarsi.
 

Gianni Cuperlo Gianni Cuperlo

Il tentativo di trasformare il Partito democratico pre Renzi in una bad company va respinto. Questo è l’impegno della minoranza, questo hanno fatto capire a Renzi e ai suoi collaboratori in un momento di tensione che però non è esploso. Il 40,8 per cento di due settimane fa non lo ha dimenticato nessuno. Sarebbe davvero impossibile immaginare una scissione da sinistra. Nemmeno i pasdaran ci pensano. Ma quell’area va rispettata, deve avere cittadinanza anche nel Pd renziano. Per fortuna, dicono alcuni dirigenti, sono arrivate le parole di Matteo Renzi e soprattutto del vice Guerini a calmare gli animi. «Parole equilibrate — dice il bersaniano Alfredo D’Attore — . Hanno perso e vinto sia i renziani sia i candidati più di sinistra. In base alle dinamiche delle realtà locali.
 

Il resto appartiene a una polemica ridicola, che dimostra l’inadeguatezza di una parte del gruppo dirigente, la sua debolezza, la sua impotenza». C’è una cenere che è ancora brace nel Pd. Una guerra sotterranea, alla vigilia di un’assemblea che dovrà al contrario sancire l’unità definitiva, la fine delle ostilità. È vero, come dice D’Attore, che non si governa un partito del 41 per cento dividendolo. Non si può rappresentare un popolo tanto trasversale con le fratture tra vecchio e nuovo. «In quel risultato c’è anche il Pd», disse D’Alema all’indomani del 25 maggio. Vale a dire anche gli ex Ds, anche gli ex comunisti, anche gli amministratori locali legati di più a quel mondo.
 

 Alfredo DAttorre Alfredo DAttorre

La verità è che i veleni del congresso e del passaggio traumatico da Letta a Renzi tornano a galla. L’ex premier, per smentire qualsiasi vena polemica, fa un tweet in cui dice «non partecipo a polemiche. Esprimo solo dispiacere per Livorno ». Al Nazareno non prendono bene questa precisazione.

 

«Un’ovvietà», commenta Guerini. Che contiene un sottotesto, però. Il sindaco uscente della città è Alessandro Cosimi e sarebbe renziano secondo la versione della minoranza. Quindi Letta vuole sottolineare che il vecchio e il nuovo, almeno lì, non c’entrano niente. Anzi. L’analisi di Guerini è opposta: «Alle Europee il Pd ha preso il 53 per cento a Livorno e il 40 alle amministrative. Sono problemi locali». Ma l’effetto Renzi colma il divario, semina consenso. Questo è il succo del ragionamento che si fa al Nazareno.
 

D Alema regala a Renzi la maglietta di Totti D Alema regala a Renzi la maglietta di Totti

Non si capisce come i non detti del Pd possano partorire un presidente unitario o di garanzia sabato all’assemblea nazionale. Eppure sarà così perché il giocattolo del 41 per cento, nessuno se la sente di romperlo. E la minoranza non è compatta, è divisa in tre aree, ognuna propone un candidato diverso. Finirà per decidere il premier al suo ritorno dall’Asia. Dimostrando ancora una volta che oggi comanda lui, che le primarie e il risultato del 25 maggio sono pietre miliari. Almeno per ora.

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