“MISTER PRESIDENT, MY NAME IS MICHELE SINDONA” - A BABBO MORTO, SBUCA UNA LETTERA INVIATA NEL 1981 A REAGAN DAL BANCHIERE CONDANNATO PER L’OMICIDIO DI AMBROSOLI, CHE AVEVA RAPPORTI CON MAFIA, MASSONERIA, P2, NONCHÉ CARO AD ENRICO CUCCIA - SINDONA CHIEDEVA LA GRAZIA, RICORDANDO A REAGAN IL SUO APPOGGIO A NIXON: UN MLN $ DI CUI PERÒ NON POTEVA DIRE LA PROVENIENZA - POI FACEVA STRANE ALLUSIONI A UN PERSONAGGIO CHE VOLEVA ACQUISTARE I QUOTIDIANI ANTI-AMERICANI (E GELLI MISE LE ZAMPINE SUL CORRIERE)...

Paolo Biondani e Andrea Sceresini per "l'Espresso"

Mister President, my name is Michele Sindona. Comincia così uno dei documenti più sorprendenti sui misteri d'Italia, rimasto nascosto per oltre trent'anni. Una lettera firmata dal banchiere, condannato per l'omicidio dell'eroe borghese Giorgio Ambrosoli e per molto altro. Il destinatario è il presidente degli Stati Uniti, Ronald Reagan. Il contenuto è esplosivo: fatti, allusioni e mezze verità che, col senno di poi, suonano come un ricatto.

È il settembre 1981. L'uomo d'affari siciliano sta chiedendo aiuto al politico più potente del mondo. Sindona si sente ancora forte e vuole uscire subito dal carcere americano dove ha cominciato a scontare 25 anni di reclusione per il crack della Franklin National Bank. Le inchieste stanno già smascherando i suoi legami con la mafia palermitana, la P2 e la finanza nera vaticana.

Eppure Sindona è convinto di avere ancora un asso nella manica. E decide di giocarlo con Reagan. Gli scrive presentandosi come paladino dei valori occidentali "perseguitato da giudici comunisti". Confessa trame segrete. Fa nomi e cognomi. E racconta di aver raccolto "finanziamenti anonimi" anche per la destra repubblicana. Il partito di Reagan.

Il rapporto diretto tra l'uomo delle trame e la Casa Bianca era considerato una leggenda. Ora "l'Espresso" ha recuperato l'originale della lettera e altre centinaia di pagine inedite del carteggio. Le missive erano sepolte in un archivio nella casa brasiliana di Nino Sindona, il figlio del banchiere, che ha accettato di parlarne in un'intervista video. "Non la conoscevamo, ma questa lettera di Sindona a Reagan ha tutti i crismi dell'autenticità", hanno confermato due tra i più profondi conoscitori della vicenda: Gianni Simoni, il magistrato che indagò sulla morte del banchiere, e Umberto Ambrosoli, avvocato come il padre che Sindona fece ammazzare nel 1979.

L'obiettivo della lettera è chiaro sin dalle prime righe: ottenere la grazia. Sindona scrive subito: "Sono detenuto nel centro medico del carcere di Springfield, il mio numero di matricola è 00450-054". Ma perché il presidente americano dovrebbe scomodarsi per lui? In quelle 31 pagine Sindona rivendica rapporti privilegiati con i vertici della Cia, del Tesoro e delle forze armate. Citando testimoni, si dichiara amico e consigliere dell'ex presidente Richard Nixon.

E mette nero su bianco: "Quando Nixon si è candidato alla rielezione, ho personalmente raccolto fondi per la sua campagna nei circoli di business italiani". Sindona non dice quanti soldi, né chi li avesse versati. Però allude. E l'unico nome accompagnato da una cifra lo spende parlando di uno strano contributo poi rifiutato. "Ho offerto un milione di dollari a Nixon attraverso il suo tesoriere elettorale Maurice H. Stans.

Ho però puntualizzato che non potevo dichiarare le fonti, per non esporre i donatori, me compreso, a ritorsioni della sinistra italiana. Stans mi chiese cosa volevo come ricompensa. Gli risposi: "Dica a Nixon di non scordarsi dell'Italia". Poi però, con una lettera datata 9 novembre 1972, Stans ha risposto che mi ringraziava, ma era spiacente di non poter accettare a causa delle leggi sulla trasparenza dei finanziatori elettorali. Un esempio di onestà ignorato dai politici italiani".

Riletta oggi - alla luce delle verità giudiziarie sui rapporti tra Sindona e politici corrotti, grandi evasori, mafia italo-americana, finanza criminale, massoneria e trame golpiste - quell'allusione a sostenitori anonimi assume un'eco inquietante. La caduta di Nixon per lo scandalo Watergate (agosto 1974), come ha poi documentato la commissione Anselmi, coincide in Italia con un cambio di strategia della P2, che da loggia militare-eversiva diventa rete politico-economica capace di impadronirsi del potere dall'interno dello Stato.

Nella lettera a Reagan, il banchiere siciliano sembra quasi rivendicare la paternità di questa nuova fase della "lotta occidentale anti-comunista", citando tra l'altro "una riunione con Nixon a Venezia". Sindona ricorda di aver salvato dal fallimento, nel 1971, l'unico quotidiano americano stampato in Italia, il "Rome-Daily American", "per evitare che finisse nelle mani delle sinistre".

E questo "d'intesa con l'ambasciatore Graham Martin". Ma Sindona descrive un'operazione molto più ambiziosa: acquistare i più importanti giornali italiani per creare un nuovo polo mediatico anti-Pci. Il progetto viene illustrato nei dettagli in un dossier successivo alla lettera, indirizzato a Reagan tramite Philip Guarino, massone, responsabile della propaganda dei repubblicani americani.

Nei primi anni Settanta, racconta Sindona, "molti giornali italiani erano a corto di denaro e schierati su posizioni anti-americane. La maggior parte era praticamente in vendita. Per comprarli, sarebbero bastati pochi milioni di dollari, facili da procurare con l'aiuto di Washington". La sua idea è far arrivare "nuovi finanziamenti pubblicitari".

Il piano ruota attorno a "un nuovo proprietario ufficiale", di notoria fede "anticomunista". "L'amministrazione Nixon si mostrò seriamente interessata, ma di lì a poco, sfortunatamente, scoppiò lo scandalo Watergate, e il progetto venne accantonato". Ma chi era il misterioso "imprenditore indipendente" pronto a scalare la stampa italiana?

Michele Sindona non fa nomi. "Io stesso non lo conosco", racconta oggi suo figlio Nino, "però so che tra i giornali da acquistare c'era certamente "Il Corriere della Sera". Giulio Andreotti era tra i pochi al corrente del piano, che poi fu illustrato a Licio Gelli". Forse è una coincidenza. O forse una profezia. Fatto sta che nella seconda metà degli anni '70 , mentre la P2 cambia pelle, l'intero gruppo Rizzoli finisce sotto il controllo della loggia di Gelli. A cui dal 1973 è iscritto anche Sindona.

Resta da capire se Reagan abbia mai risposto al bancarottiere. Umberto Ambrosoli, aggrottando le ciglia, ha un'illuminazione: "Tra gli atti del processo per l'omicidio di mio padre ho visto una comunicazione dell'amministrazione americana che solo ora comincio a spiegarmi: un rifiuto alla grazia per Sindona". Anche l'ex magistrato Simoni trova riscontri: "Stile, toni, firma e contenuti della lettera sono tipici di Sindona, compresa la tesi piduista del complotto di giudici comunisti.

La stessa che oggi viene portata avanti da Silvio Berlusconi, tessera 1816". E i parallelismi non si fermano qui. "Se fosse ancora vivo, mio padre sarebbe berlusconiano", confessa Sindona junior, dalla sua casa con guardia armata. "L'ex premier ha realizzato i sogni di mio padre: meno Stato, più mercato, media privatizzati. Berlusconi è riuscito laddove mio padre è stato sconfitto. Ha avuto più fortuna, ma le idee, in fondo, sono le stesse".

E sulla morte del banchiere, avvelenato in cella con un caffè al cianuro, che dice il figlio? Per i giudici italiani fu un suicidio mascherato da omicidio. Ora anche Nino Sindona esclude la teoria del complotto: "Credo sia giunto il momento di dire le cose come stanno. Mio padre non è stato ucciso: si è suicidato. Noi in famiglia non abbiamo mai avuto dubbi. Era depresso, fiaccato, senza più speranze. Sapeva come procurarsi il veleno e dove nasconderlo. È stato metodico, fino all'ultimo".

 

Michele Sindona Michele Sindona sindona michele pz002sindona michele pz001enrico cuccia02 lapRonald ReaganGiorgio Ambrosoli RICHARD NIXON andreotti giulio

Ultimi Dagoreport

patrizia scurti giorgia meloni giuseppe napoli emilio scalfarotto giovanbattista fazzolari

QUANDO C’È LA FIAMMA, LA COMPETENZA NON SERVE NÉ APPARECCHIA. ET VOILÀ!, CHI SBUCA CONSIGLIERE NEL CDA DI FINCANTIERI? EMILIO SCALFAROTTO! L’EX “GABBIANO” DI COLLE OPPIO VOLATO NEL 2018 A FIUMICINO COME ASSESSORE ALLA GIOVENTÙ, NON VI DIRÀ NULLA. MA DAL 2022 SCALFAROTTO HA FATTO IL BOTTO, DIVENTANDO CAPO SEGRETERIA DI FAZZOLARI. “È L’UNICO DI CUI SI FIDA” NELLA GESTIONE DI DOSSIER E NOMINE IL DOMINUS DI PALAZZO CHIGI CHE RISOLVE (“ME LA VEDO IO!”) PROBLEMI E INSIDIE DELLA DUCETTA - IL POTERE ALLA FIAMMA SI TIENE TUTTO IN FAMIGLIA: OLTRE A SCALFAROTTO, LAVORA PER FAZZO COME SEGRETARIA PARTICOLARE, LA NIPOTE DI PATRIZIA SCURTI, MENTRE IL MARITO DELLA POTENTISSIMA SEGRETARIA-OMBRA, GIUSEPPE NAPOLI, È UN AGENTE AISI CHE PRESIEDE ALLA SCORTA DELLA PREMIER…

francesco milleri andrea orcel carlo messina nagel donnet generali caltagirone

DAGOREPORT - A CHE PUNTO È LA NOTTE DEL PIÙ GRANDE RISIKO BANCARIO D’ITALIA? L’ASSEMBLEA DI GENERALI DEL 24 APRILE È SOLO LA PRIMA BATTAGLIA. LA GUERRA AVRÀ INIZIO DA MAGGIO, QUANDO SCENDERANNO IN CAMPO I CAVALIERI BIANCHI MENEGHINI - RIUSCIRANNO UNICREDIT E BANCA INTESA A SBARRARE IL PASSO ALLA SCALATA DI MEDIOBANCA-GENERALI DA PARTE DELL’”USURPATORE ROMANO” CALTAGIRONE IN SELLA AL CAVALLO DI TROIA DEI PASCHI DI SIENA (SCUDERIA PALAZZO CHIGI)? - QUALI MOSSE FARÀ INTESA PER ARGINARE IL DINAMISMO ACCHIAPPATUTTO DI UNICREDIT? LA “BANCA DI SISTEMA” SI METTERÀ DI TRAVERSO A UN’OPERAZIONE BENEDETTA DAL GOVERNO MELONI? O, MAGARI, MESSINA TROVERÀ UN ACCORDO CON CALTARICCONE? (INTESA HA PRIMA SPINTO ASSOGESTIONI A PRESENTARE UNA LISTA PER IL CDA GENERALI, POI HA PRESTATO 500 MILIONI A CALTAGIRONE…)

donald trump giorgia meloni

DAGOREPORT - LA DUCETTA IN VERSIONE COMBAT, DIMENTICATELA: LA GIORGIA CHE VOLERA' DOMANI A WASHINGTON E' UNA PREMIER IMPAURITA, INTENTA A PARARSI IL SEDERINO PIGOLANDO DI ''INSIDIE'' E "MOMENTI DIFFICILI" - IL SOGNO DI FAR IL SUO INGRESSO ALLA CASA BIANCA COME PONTIERE TRA USA-UE SI E' TRASFORMATO IN UN INCUBO IL 2 APRILE QUANDO IL CALIGOLA AMERICANO HA MOSTRATO IL TABELLONE DEI DAZI GLOBALI - PRIMA DELLE TARIFFE, IL VIAGGIO AVEVA UN SENSO, MA ORA CHE PUÒ OTTENERE DA UN MEGALOMANE IN PIENO DECLINO COGNITIVO? DALL’UCRAINA ALLE SPESE PER LA DIFESA DELLA NATO, DA PUTIN ALLA CINA, I CONFLITTI TRA EUROPA E STATI UNITI SONO TALMENTE ENORMI CHE IL CAMALEONTISMO DI MELONI E' DIVENTATO OGGI INSOSTENIBILE (ANCHE PERCHE' IL DAZISMO VA A SVUOTARE LE TASCHE ANCHE DEI SUOI ELETTORI) - L'INCONTRO CON TRUMP E' UN'INCOGNITA 1-2-X, DOVE PUO' SUCCEDERE TUTTO: PUO' TORNARE CON UN PUGNO DI MOSCHE IN MANO, OPPURE LEGNATA COME ZELENSKY O MAGARI  RICOPERTA DI BACI E LODI...

agostino scornajenchi stefano venier giovanbattista fazzolari snam

SNAM! SNAM! LA COMPETENZA NON SERVE - ALLA GUIDA DELLA SOCIETÀ DI CDP, CHE SI OCCUPA DI STOCCAGGIO E RIGASSIFICAZIONE DEL GAS NATURALE, SARÀ UN MANAGER CHE HA SEMPRE RICOPERTO IL RUOLO DI DIRETTORE FINANZIARIO, AGOSTINO SCORNAJENCHI – MA DAL GAS ALLA FIAMMA, SI SA, IL PASSO È BREVE: A PROMUOVERE LA NOMINA È INTERVENUTO QUELLO ZOCCOLO DURO E PURO DI FRATELLI D’ITALIA, GIÀ MSI E AN, CHE FA RIFERIMENTO A FAZZOLARI. E A NULLA È VALSO IL NO DELLA LEGA - LA MANCATA RICONFERMA DI STEFANO VENIER, NOMINATO 3 ANNI FA DAL GOVERNO DRAGHI, È ARRIVATA PROPRIO NEL GIORNO IN CUI STANDARD & POOR HA PROMOSSO IL RATING DELLA SNAM…

veneto luca zaia matteo salvini giorgia meloni elly schlein giuseppe conte

DAGOREPORT – SCAZZO DOPO SCAZZO, IL BIG BANG PER IL CENTRODESTRA SARÀ IN AUTUNNO, CON LE REGIONALI IN VENETO, CAMPANIA, TOSCANA, PUGLIA E MARCHE – SE ZAIA E LA SUA LIGA VENETA SI PRESENTASSERO DA SOLI, SPACCHETTEREBBERO IL VOTO DI DESTRA RENDENDO LA REGIONE CONTENDIBILE: BASTEREBBE SOLO CHE PD E M5S SMETTESSERO DI FARE GLI EGO-STRONZI E CONVERGESSERO SU UN CANDIDATO “CIVICO” (COME DAMIANO TOMMASI A VERONA NEL 2022) – LA PROPOSTA DI MELONI AL "TRUCE" MATTEO: FDI È DISPOSTA A LASCIARE IL VENETO ALLA LEGA, MA A QUEL PUNTO LA REGIONE LOMBARDIA TOCCA A NOI (A FORZA ITALIA, IL SINDACO DI MILANO) - SE SALVINI SI IMPUNTA? S'ATTACCA! E FRATELLI D'ITALIA SI PRENDE TUTTO (MA LE CONSEGUENZE SULLA MAGGIORANZA POTREBBERO ESSERE FATALI PER IL PRIMO GOVERNO MELONI…)

donald trump dazi tadazi

DAGOREPORT – LO STOP DI TRE MESI AI DAZI NON SALVERA' IL CULONE DI TRUMP: PER I MERCATI FINANZIARI L’INSTABILITÀ ECONOMICA È PEGGIO DELLA PESTE, E DONALD HA ORMAI ADDOSSO IL MARCHIO DELL’AGENTE DEL CAOS – I FONDI ISTITUZIONALI EUROPEI ABBANDONANO GLI INVESTIMENTI IN SOCIETA' AMERICANE, IL DOLLARO SCENDE, IL RENDIMENTO DEI BOND USA SI IMPENNA, LE AZIENDE CHE PRODUCONO TRA CINA E VIETNAM RISCHIANO DI SALTARE (TRUMP HA SALVATO APPLE MA NON NIKE) - PER QUESTO IL CALIGOLA COL CIUFFO HA RINCULATO SUI DAZI (CINA ESCLUSA) - MA LO STOP DI TRE MESI NON È SERVITO A TRANQUILLIZZARE I POTERI FORTI GLOBALI, CON IL DRAGONE DI XI JINPING CHE RISPONDE DURO ALLE TARIFFE USA A COLPI DI "DUMPING": ABBASSANDO IL COSTO DEI PRODOTTI CHE NON ESPORTA PIU' IN USA (COMPRESO L'EXPORT DELLE RISORSE DELLE TERRE RARE, STRATEGICO PER LE MULTINAZIONALI HI-TECH) – SONDAGGI IN PICCHIATA PER TRUMP: IL 60% DEGLI AMERICANI POSSIEDE AZIONI TRAMITE I FONDI PENSIONE...