1- “I MIEI UOMINI MI VOGLIONO!”. BENVENUTI ALLA VENTESIMA “QUASI-RIDISCESA” DEL BANANA 2- DELUSO E ACCOLTELLATO DAI SUOI SGHERRI, DICE CHE “IL PAESE È NEL BARATRO E SERVONO FACCE NUOVE”, E DÀ 24 ORE PER TROVARE UN NUOVO NOME CHE NON SIA ALFANO 3- LA VERA NOTIZIA È CHE RUBY NON SI PRESENTERÀ AL PROCESSO LUNEDì: “SONO ALL’ESTERO”. QUESTO TRUCCO DI GHEDINI Può RITARDARE LA SENTENZA FINO A DUE MESI, FORSE OLTRE LE ELEZIONI: SENZA UNA CONDANNA PER CONCUSSIONE E PROSTITUZIONE, BERLUSCONI PRENDEREBBE Più VOTI DEI PEONES CHE VOGLIONO IL SUO POSTO 4- DE BORTOLI, CHE GLI DEVE LA DIREZIONE DEL “CORRIERE”, MOLLA IL CAV: “IL CENTRODESTRA È UNA ZATTERA IN CUI I NAUFRAGHI SI AMMAZZANO L’UN L’ALTRO. ESCA DI SCENA” 5- PASSERA: "IL MONDO CI GUARDA, NON TORNIAMO INDIETRO". SARà "IL MONDO" A CANDIDARE CORRADINO?

1 - RUBY: 'SALTA' TESTIMONIANZA MAROCCHINA, NON CI SARA' LUNEDI'
(ANSA) - E' 'saltata' la testimonianza di Ruby al processo a carico di Silvio Berlusconi che era fissata per lunedì prossimo, 10 dicembre. Ed è rinviata a una data ancora da definire. La giovane marocchina, infatti, ha fatto sapere, attraverso il suo legale, alla difesa dell'ex premier che quel giorno non potrà essere presente in Tribunale a Milano perché all'estero per altri impegni.

I difensori di Berlusconi, gli avvocati Niccolò Ghedini e Piero Longo, hanno dato dunque comunicazione dell'assenza della testimone al collegio della quarta sezione penale, presieduto da Giulia Turri. In sostanza, quindi, l'udienza di lunedì che sarebbe stata dedicata solo all'esame della ragazza, citata come teste dalla difesa, è stata 'annullata'. Come ha chiarito il legale della marocchina, l'avvocato Paola Boccardi, nei prossimi giorni Ruby farà sapere alle parti se potrà essere in Tribunale per testimoniare il 17 dicembre (altra udienza già fissata per il suo esame) o in una data a gennaio.

2 - PDL: PASSERA, TORNARE INDIETRO NON E' BENE PER L'ITALIA
(ANSA) - "Tutto ciò che può solo fare immaginare al resto del mondo, ai nostri partner, che si torna indietro, non è un bene per l'Italia. Dobbiamo dare la sensazione che il Paese va avanti". Lo afferma il ministro dello sviluppo economico Corrado Passera in merito all'eventuale ritorno in campo di Silvio Berlusconi ad Agorà, su Rai Tre.

3 - BERLUSCONI IN CAMPO: PAESE NEL BARATRO NON POSSO CONSENTIRLO
- «SONO ASSEDIATO DA CHI VUOLE CHE MI CANDIDI»
Virginia Piccolillo per il "Corriere della Sera"

Dopo il vertice a Palazzo Grazioli con i big del Pdl lascia passare lunghe ore prima di parlare, ma poi di fronte a versioni di quell'incontro in cui non si riconosceva neanche un po', Silvio Berlusconi decide di dire la sua: «Leggo su un'agenzia una frase a me attribuita, del tutto inventata e addirittura surreale: "Io non mi candido perché non mi volete", frase che avrei rivolto ai miei colleghi del Popolo della libertà. La realtà è l'opposto: sono assediato dalle richieste dei miei perché annunci al più presto la mia ridiscesa in campo alla guida del Pdl».

Certo, non è ancora l'annuncio ufficiale e mediatico della sua «ridiscesa» in campo, ma ieri, a tarda sera, il Cavaliere ne ha gettato le premesse. E lo fa con una lunga nota: «La situazione oggi è ben più grave di un anno fa, quando lasciai il governo per senso di responsabilità e per amore del mio Paese. Oggi l'Italia è sull'orlo del baratro. L'economia - denuncia - è allo stremo, un milione di disoccupati in più, il debito che aumenta, il potere d'acquisto che crolla, la pressione fiscale a livelli insopportabili.

Le famiglie italiane angosciate perché non riescono a pagare l'Imu. Le imprese che chiudono, l'edilizia crollata, il mercato dell'auto distrutto. Non posso consentire che il mio Paese precipiti in una spirale recessiva senza fine. Non è più possibile andare avanti così. Sono queste le dolorose constatazioni che determineranno le scelte che tutti insieme assumeremo nei prossimi giorni». Cioè quelle che dovrebbero portare a una sua nuova candidatura, sciogliendo il dilemma in cui era sprofondato il Pdl nelle ultime settimane.

E Alfano? A tarda sera fa sapere che si trovava con Berlusconi quando lo stesso Cavaliere ha scelto di andare al contrattacco «in un asse rinsaldato». E che bisogna leggere le parole dell'ex premier, oltre che come l'annuncio di una sua ridiscesa in campo, anche come «una tendenziale sfiducia al governo Monti». Dagli esiti imprevedibili, dato che già nelle prossime ore in Parlamento si assisterà a importanti voti di fiducia.

A metà pomeriggio era arrivata invece un'altra nota del segretario pdl, con toni molto diversi. Dal vertice di Palazzo Grazioli, con Berlusconi, i big del partito, i colonnelli ex An, restavano senza risposta tutti gli interrogativi più importanti, dall'unità del partito ai rapporti con il governo Monti, dall'election day alla legge elettorale. Con decisioni rinviate al giorno dopo, se non a successive riunioni.

Anche se il comunicato finale, diffuso da Alfano, aveva accenti ottimisti: «Il vertice ha avviato una discussione proficua, in un clima costruttivo, su come rilanciare unitariamente il Pdl in prossimità delle impegnative scadenze elettorali». E ancora: «Il progetto di rilancio, che coinvolge il partito nella sua interezza, mira a rafforzare un centrodestra moderno e competitivo, alternativo alla sinistra, per tornare alla guida del Paese. Unità e rilancio, quindi, nella convinzione che le diversità, opportunamente convogliate, costituiscono un arricchimento».

Nota soft e volutamente attendista, perché le decisioni del Consiglio dei ministri di oggi, soprattutto quelle sulla data delle Regionali non saranno indolori per il Pdl. Ma ormai non c'è più solo quel tema al centro del dibattito. C'è il rapporto tra i vertici del partito e Berlusconi e, soprattutto, quello col governo Monti.

4 - DURO SCONTRO TRA L'EX PREMIER E ALFANO NEL CORSO DEL SUMMIT A PALAZZO GRAZIOLI
Carmelo Lopapa per "la Repubblica"

«Deluso», ripete il Cavaliere alzando la voce e guardando tutti: «Appena ho voltato le spalle mi avete accoltellato, adesso congiurate pure contro di me, ma soprattutto mi avete lasciato solo contro i magistrati» dice alludendo a quei miseri sette o otto comunicati di solidarietà seguiti alla sentenza di condanna di fine ottobre. Trame o cospirazioni, il candidato premier sarà lui.

Doveva essere un «gabinetto di guerra» - quello convocato dall'ex premier al suo ritorno a Roma dopo quasi due settimane - e lo è stato certamente nei toni. Alza la voce lui, ma prova ad alzarla anche Angelino Alfano, come capita ormai di frequente a Palazzo Grazioli. Lo incalzano: «Presidente, si deve decidere, non possiamo stare a guardare il Pd che ha un leader ed è già in campagna elettorale: sarai tu a guidare il partito o no?»

Lui non lascia molti spiragli a un'alternativa. Di certo si riprende in mano il partito. «Serve rinnovamento, servono facce nuove anche in tv: sono sempre le stesse ». E il rinnovamento passerà attraverso il cambio di nome imminente. Forza Italia o, come sussurra adesso qualcuno, Piazza Italia? Ad ogni modo si svolta. «Vi faccio un'unica concessione. Resto convinto che con lo spacchettamento raccoglieremmo più voti, ma teniamoci pure un partito unico, come volete. Ma alle mie condizioni, decido io».

E decide lui soprattutto le candidature, nessun margine di manovra. E detta le condizioni. «Vi do ventiquattro ore di tempo, io sono pure disposto a fare un passo indietro, ma indicatemi un nome credibile, che possa prendere il mio posto». Come dire, se siete davvero convinti che possa essere Alfano, ditemelo, ma ve ne assumete la responsabilità.

Il fatto è che gli uomini del segretario tornano a sperare, in serata le agenzie di stampa rilanciano le voci di un passo indietro imminente che dopo le 22 scatena la sfuriata del Cavaliere. Il candidato premier è lui e lancerà a breve la sua campagna tutta in chiave anti Monti. Chi non ci sta, può pure farsi da parte. I filo governativi alla Frattini o alla Mauro o alla Lupi sono avvertiti.

Che Berlusconi non fosse affatto convinto di cedere lo scettro, lo aveva capito il dirigente vicino al segretario che pochi giorni fa era stato ospite ad Arcore. «Ma Angelino lo capisce o no che se non ho fatto le primarie è stato solo per il suo bene? Lo capisce o no che lui le avrebbe perfino perse?» lo ha gelato il padrone di casa. Figurarsi lanciare il segretario per Palazzo Chigi alla guida di un partito che già è precipitato al 16 per cento nei sondaggi consegnati in settimana. Oggi pomeriggio nuovo appuntamento a Palazzo Grazioli, dopo il Consiglio dei ministri che dovrà pronunciarsi sulla data del voto per le regionali.

Una cosa è certa. Tramonta ogni ipotesi di crisi legata al mancato election day con le politiche. È Berlusconi stesso, col conforto di Letta al suo fianco, a comunicare a tutti come il Quirinale abbia chiuso le porte a qualsiasi ipotesi di scioglimento anticipato delle Camere sotto il «ricatto» del Pdl. Tanto più che ci sono sette decreti in ballo e la legge di stabilità da approvare prima di Natale. Arma spuntata, dunque. Detto questo, al Colle non dormono affatto sugli allori.

C'è preoccupazione per le insidie pidielline che rischiano di paralizzare ormai ogni azione dell'esecutivo. Per il governo è iniziata la parabola discendente, difficile possa aggiungere pagine al libro già scritto, alla ripresa di gennaio. E in queste condizioni, ragionano alla Presidenza della Repubblica, potrebbe non avere senso attendere la scadenza naturale e far votare dunque ad aprile, anche se la legge elettorale non dovesse essere riformata.

Così, con le regionali in Lazio e Molise a febbraio, si fa sempre più probabile la scadenza del 10 marzo per le politiche, magari da accorpare alla Lombardia. Berlusconi resta convinto, e lo ha ripetuto ai suoi, che con la Lega occorra ricucire e che Storace sia «il migliore candidato per il Lazio», sul quale il Pdl non nutre grosse aspettative.

Nelle tre ore e passa a Palazzo Grazioli, Alfano e La Russa e Gasparri rialzano il tiro sulla legge elettorale, chiedono il via libera per l'intesa col Pd sulla riforma. Ma anche su questo il leader ha opposto un muro. Lo dice, lo urla: il Porcellum resta l'unica via di fuga per evitare la disfatta e tentare il colpaccio di un pareggio al Senato. Sandro Bondi lascia anzitempo il vertice, «indignato» per la linea dei dirigenti. E si sfoga: «Inutili riunioni, Berlusconi farebbe bene ad ascoltare piuttosto il mondo che è fuori».

Ed è quello che ormai farà. Dalla residenza dell'ex premier capigruppo e dirigenti escono scuri in volto quando è già calata la sera. Tutti dicono: «Ci sarà un comunicato di Alfano ». E invece un primo comunicato sarà diffuso da «Palazzo Grazioli », del segretario nessuna traccia. E quello che chiude ogni partita e preannuncia la ri-discesa in campo viene stilato alla presenza di Verdini in tarda serata dallo stesso Berlusconi. Game
over.


5 - LA ZATTERA DELLA MEDUSA
Ferruccio de Bortoli per il "Corriere della Sera"

Il centrodestra assomiglia sempre di più alla zattera della Medusa di Gericault. Alla deriva. I naufraghi s'ammazzano l'un con l'altro. Gli elettori, e sono ancora tanti, guardano sgomenti, e non meritano un tale spettacolo. Alle elezioni mancano al massimo quattro mesi. Berlusconi sembra deciso a sfidare il vincitore delle primarie del Pd. Il Cavaliere fu abilissimo nel '94 a riempire il vuoto della politica dopo Mani Pulite. Oggi quel vuoto lo crea lui con le sue goffaggini e le sue indecisioni.

Fu straordinario nell'usare, e controllare, i mezzi di comunicazione. Oggi ne è vittima, anche di chi lo sostiene. Eccezionale nel trasformare le contese elettorali in plebisciti su se stesso. Oggi il plebiscito lo vedrebbe perdente. E Bersani giustamente gongola all'idea di averlo come avversario. A ciò si aggiunge che quel che resta del Pdl fa di fatto, con i propri litigi, campagna elettorale per gli avversari. Incredibile.

Il destino del centrodestra riguarda tutti. Anche quelli che non lo votano. Una domanda di rappresentanza politica, fino a ieri maggioritaria, rischia di non incontrare alle prossime politiche un'offerta adeguata e sufficiente. Chi ha a cuore la solidità di una democrazia non può essere indifferente di fronte al disagio di una parte di elettorato tentata dall'astensione o dal voto di protesta.

Anche a sinistra i più avveduti temono un bipolarismo Bersani-Grillo. I moderati di quello schieramento, cattolici per primi, guardano con preoccupazione allo sfaldamento del polo avversario e al suo arroccamento in difesa di Berlusconi, perché ciò finirebbe per spostare ulteriormente verso Vendola e la Cgil il baricentro di un futuro e assai probabile governo a guida Pd.

Berlusconi sembra deciso a non consentire una riforma della legge elettorale per portare in Parlamento fedelissimi, amazzoni e pretoriani. La saggezza dovrebbe indurlo a fare un passo indietro. A garantire un'evoluzione dell'intero movimento - che a lui si richiama e continuerà a richiamarsi - verso il Partito popolare europeo, lasciando perdere tentazioni lepeniste e antieuropee. Monti in Europa, sarà bene ricordarlo, ci andò grazie a lui. Solo così quella che appare, in base ai sondaggi, la prossima opposizione potrà candidarsi autorevolmente a essere alternativa di governo.

Ma qui si affaccia nel centrodestra il discorso più delicato. Se c'è, come crediamo, un gruppo dirigente liberale e democratico all'altezza del compito, ma soprattutto responsabile, deve avere la forza di separare il proprio destino politico dalla deriva solitaria e resistenziale del proprio capo. Appoggiando subito la riforma della legge elettorale. E mostrando coraggio nel non candidare chi è stato condannato in modo definitivo. Un gesto dettato forse più dalla disperazione che dal coraggio, ma assolutamente necessario e non più rinviabile.

Un taglio netto riapre i giochi nell'arco politico che si oppone a Bersani e ai suoi alleati. Riduce la forza di attrazione che la sinistra esercita nei confronti del centro moderato. Rende possibili future collaborazioni su alcuni aspetti dell'agenda Monti e nell'indicazione di candidati, non solo alla premiership, nuovi e più credibili. L'incerta democrazia italiana dell'alternanza ne avrebbe un sicuro beneficio. Così la zattera della Medusa troverebbe finalmente un approdo. E il ventennio berlusconiano passerebbe al vaglio degli storici. Con un'uscita di scena più dignitosa, il giudizio non potrà che essere più articolato e imparziale.

 

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