COMPAGNI CHE INCASSANO – NELLA REQUISITORIA AL PROCESSO SUL “SISTEMA SESTO” I PM RACCONTANO L’ASCESA DI PENATI, DA ASSESSORE A PRESIDENTE DELLA PROVINCIA – LA SUA CAPACITÀ DI RASTRELLARE FINANZIAMENTI ILLECITI GLI AVREBBE GARANTITO LA CARRIERA NEL PD

Sandro De Riccardis per “la Repubblica

 

GIORGIO NAPOLITANO E FILIPPO PENATIGIORGIO NAPOLITANO E FILIPPO PENATI

Non è soltanto una storia di presunte tangenti e appalti truccati. L’inchiesta sul “Sistema Sesto”, arrivata alla requisitoria del pm che ha chiesto la condanna a quattro anni per Filippo Penati, racconta anche la metamorfosi di un sistema politico. Che passa - come ha detto il pm di Monza Franca Macchia- da un «finanziamento di matrice personalistica a un finanziamento di sistema».

 

BENEDETTA TOBAGI E FILIPPO PENATI ALLE ELEZIONI PROVINCIALI DEL 2009 BENEDETTA TOBAGI E FILIPPO PENATI ALLE ELEZIONI PROVINCIALI DEL 2009

A tenere insieme «le buste di soldi » che la segretaria del grande accusatore, Piero Di Caterina, ha raccontato di preparare già negli anni ‘90, con i più raffinati sistemi di pagamento di fine anni 2000, come i soldi alla fondazione “Fare metropoli” o nelle società off-shore dell’architetto Sarno, è la stessa storia di Filippo Penati, per come è ricostruita nell’indagine.

 

Dopo anni da assessore al comune di Sesto San Giovanni, la ex Stalingrado d’Italia, nel 1994 Penati diventa sindaco e nel 2001 segretario metropolitano dei Ds. Nel 2004 sconfigge Ombretta Colli alle elezioni alla provincia di Milano e diventa l’unico rappresentante del centrosinistra in un territorio dominato dal berlusconismo.

Filippo Penati Filippo Penati

 

All’ascesa nelle istituzioni corrisponde quella nel partito, negli organi nazionali di Ds, Ulivo, Pd. E in questa scalata, sostengono ora i magistrati, si distingue per una capacità già allora fondamentale in politica: intercettare finanziamenti. «Penati è lanciato nel partito, spicca la sua qualità di uomo di finanza - dice in aula il pm - . Gli viene dato l’incarico di risanatore finanziario. Il partito aveva bisogno di lui». In un’indagine lunga quasi cinque anni, di cosa si sono convinti gli inquirenti?

 

«La storia di Penati dimostra che la sua capacità di finanziamento è crescente: passa da Di Caterina, dai quei finanziamenti di natura personalistica, e la consolida nelle altre campagne, quando da politico più importante allarga il suo finanziamento illecito. Finché non troviamo tra i finanziatori di “Fare metropoli” anche le banche. Il suo è diventato un “finanziamento di sistema” ».

 

I soldi nelle buste

GIORDANO VIMERCATI E FILIPPO PENATI GIORDANO VIMERCATI E FILIPPO PENATI

In origine c’è dunque Di Caterina, l’imprenditore del trasporto locale di Sesto che con le sue accuse dà il via all’indagine, seguito poi dal costruttore Giuseppe Pasini. Dice di aver finanziato Penati con 3,5 milioni di euro. Ed è la sua più stretta collaboratrice, Giulia Limonta, a confermare in udienza i pagamenti.

 

«Di Caterina mi dava i contanti e mi diceva di preparare le buste coi soldi - ha svelato la donna - . Erano a volte da duemila euro, a volte da cinque o diecimila. Una volta, da cinquantamila. Sulle buste erano indicati i nomi di battesimo del destinatario. Le ho preparate tantissime volte. E per tre, quattro o cinque volte le ho portate nella sala riunioni della nostra azienda, quando Di Caterina era con Penati».

 

Piero Di Caterina Piero Di Caterina

Negli stessi anni, Pasini è alle prese con la riqualificazione delle aree Falck, le industrie siderurgiche di Sesto. Racconta di aver pagato, nel 2000, tre miliardi di lire all’estero perché «quando ho chiesto a Penati se, nel caso avessi comprato le Falck, era possibile arrivare a una licenza, mi disse che avrei dovuto dare qualcosa al partito». E i pm, trovano le tracce del denaro in Lussemburgo, dove Pasini si autobonifica il denaro sul conto “Pinocchio”. Soldi poi rientrati, anche in contanti, in Italia. «Ci è stato impedito ogni accertamento sulle vicende Falck – ha sempre ricordato il pm – l’imputato si è avvalso della prescrizione ».

 

“Patto corruttivo gavio-penati”

Quando Di Caterina è ormai spremuto e minaccia di parlare, Penati chiede l’intervento di Bruno Binasco, gruppo Gavio, per far arrivare all’imprenditore due milioni attraverso la caparra di una finta compravendita. Ma perche Binasco si presta a pagare, attraverso Codelfa, quei soldi? la procura parla di un «patto corruttivo » e ricollegano la dazione agli extracosti garantiti poco prima da Serravalle, società della Provincia, a Gavio nell’appalto della terza corsia A7: 14 milioni in più (di cui hanno chiesto confisca) al privato, rispetto ai 4,4 indicati da Anas.

BRUNO BINASCO BRACCIO DESTRO DI GAVIO BRUNO BINASCO BRACCIO DESTRO DI GAVIO

 

Sarno sostituisce di caterina

Ma, dice la procura, il sistema di finanziamento si perfeziona quando, al posto di Di Caterina, compare l’architetto Renato Sarno, considerato il «collettore delle tangenti» per Penati. I pm scoprono nel suo pc il file coi versamenti alla fondazione culturale di Penati “Fare metropoli”. Un «mero schermo per occultare la destinazione di illeciti finanziamenti elettorali a Penati», candidato alle Provinciali 2009 e alle Regionali 2010.

 

arch. Renato Sarnoarch. Renato Sarno

La lista dei finanziatori rivela la nuova rete di relazioni: Lega delle cooperative, società che lavorano per Serravalle, come Tubosider e Gavio; banche come la Popolare di Milano di Massimo Ponzellini e la Banca di Legnano; gli imprenditori Enrico Intini e Roberto De Santis, vicini al Pd pugliese e a Massimo D’Alema. Per i pm Sarno gestisce «la contabilità occulta di tangenti e finanziamenti illeciti per circa 5,3 milioni tra Svizzera, Londra e strutture off shore».

 

Di questi, solo la metà rientrano sui conti dell’architetto. «Se Penati - accusa il pm - ha soldi all’estero o li ha dati tutti ai Ds, noi non lo sappiamo. Ma sappiamo che Sarno è l’uomo dell’ operatività finanziaria di Penati e solo l’architetto avrebbe potuto dirci dove sono andati quei soldi. Ma non l’ha fatto».

 

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