I SOGNI SON DEMOCRATICI - CULATELLO ANCORA CI SPERA, E IN CUOR SUO È CONVINTO CHE SE NON GLI RIUSCIRÀ LA DIFFICILE MANOVRA DEL GOVERNO DI MINORANZA, SI TORNERÀ ALLE ELEZIONI A GIUGNO E LUI SARÀ ANCORA CANDIDATO - PECCATO CHE NEL SUO PARTITO NEMMENO I GRANDI VECCHI SONO D’ACCORDO CON QUESTA LINEA - JENA LO SBRANA: “CARO BERSANI, NON CHIEDERE MAI PER CHI SUONA LA CAMPANA. ESSA SUONA PER TE”...
1 - CAMPANE
Jena per "La Stampa" - E allora, caro Bersani, non chiedere mai per chi suona la campana. Essa suona per te.
2 - E BERSANI ADESSO TIENE PRONTO UN PIANO B
Fabio Martini per "La Stampa"
Pier Luigi Bersani sapeva. Il Capo dello Stato lo aveva preavvertito già da qualche giorno: un governo, come quello immaginato dal leader Pd, senza maggioranza e che andrebbe a cercarsi i voti in Parlamento, è fuori dai vincoli costituzionali fin qui seguiti. E, in ogni caso, potrebbe essere immaginato soltanto come eventuale extrema ratio in prossimità di uno scioglimento delle Camere. Giorgio Napolitano, tra l'altro, ne aveva parlato in un colloquio informale con Massimo D'Alema e dunque il comunicato del Quirinale di ieri, nel quale si invita ad evitare «premature categoriche determinazioni di parte» non è giunto come un fulmine a ciel sereno.
Nelle ore che hanno seguito il comunicato del Quirinale, da casa Pd non è uscito neanche un commento né favorevole né sfavorevole - da parte del gruppo raccolto attorno a Bersani, l'unità di crisi formata dal vicesegretario Enrico Letta, dal presidente dei deputati Dario Franceschini, da Maurizio Migliavacca e Vasco Errani, oltreché da Massimo D'Alema. Un silenzio collettivo eloquente.
A questo punto il combinato disposto dell'altolà presidenziale, delle ripetute insolenze di Grillo e di una certa fronda interna al Pd potrebbe indurre Bersani (ma nel suo entourage nicchiano) a presentarsi mercoledì all'importante riunione della Direzione, mantenendo intatta la proposta della maggioranza aperta al Cinque Stelle, ma senza il tono ultimativo sin qui tenuto ed evitando di esplicitare che le elezioni anticipate sono, per il Pd, l'unica alternativa al governo di minoranza.
Certo, in caso di fallimento del suo piano, per Bersani il piano B preferito resta quello di un nuovo scioglimento anticipato, da affrontare, tra giugno e luglio, con lo stesso schieramento e lo stesso candidato premier: lui stesso. Un piano hard che lui stesso fatica ad esplicitare. Ieri, in una intervista rilasciata a «Presa diretta», Bersani si è rivolto a Grillo con queste parole: «Adesso o dicono "Tutti a casa" - ma compresi loro - o dicono come vogliono ristrutturare la casa». Più esplicito (in linea con quanto ripete da giorni la sinistra dei "giovani turchi"), il direttore dell'Unità Claudio Sardo, che dice al Tg1: «Se il Cinque Stelle non ci starà , meglio tornare al più presto alle elezioni».
Ma nel Pd la prospettiva di correre verso un nuovo appuntamento elettorale è avversata da uno schieramento che sembra destinato ad allargarsi. L'ex segretario Walter Veltroni, con piglio meno continuista del solito, boccia senza appello la linea di Bersani e propone uno scenario del tutto diverso: «L'unica strada è un governo nato dall'iniziativa del presidente della Repubblica, che senza una maggioranza precostituita vada in Parlamento a cercare il consenso su un programma di riforme».
In movimento anche gli ex popolari (Bindi, Letta) anche se per ora l'unico ad uscire allo scoperto è l'ex ministro Beppe Fioroni contro la prospettiva delle elezioni anticipate, che si preannuncia il vero snodo attorno al quale ruoterà la decisiva Direzione del Pd di mercoledì. Dice l'ex ministro Paolo Gentiloni: «Assolutamente d'accordo col Capo dello Stato, il cui campo d'azione non dovrà essere limitato dal Pd, che dovrà indicare le sue soluzioni preferite e le sue indisponibilità : una coalizione con Berlusconi e le elezioni anticipate».
Ma alla Direzione del Pd mancano ancora tre giorni, pieni di incognite, alcune delle quali potrebbero giocare a favore di Bersani. Il primo appuntamento è l'assemblea dei parlamentari del Cinque Stelle, fissata per domani e dopodomani in un albergo romano. Evento a suo modo straordinario per un partito che finora è esistito quasi unicamente "dentro" un sito e che dunque è atteso alla prima riunione nazionale della sua storia. Due prime volte che potrebbero determinare qualche sorpresa: è quanto confidano nell'entourage di Bersani.
Tanto è vero che il leader del Pd lascia cadere gli insulti che gli lancia Grillo: «Mi insulteranno tutti i giorni non faccio una piega. Quel che han da dirmi lo dicono davanti al Paese, si prendono la responsabilità ». Ma c'è una richiesta di Grillo ai partiti, l'azzeramento dei rimborsi elettorali, che il Pd (per la imponente macchina "tipo-Pci" rimessa in piedi proprio da Bersani) non può permettersi e infatti la risposta del segretario è ambivalente: «Io voglio fare una legge sui partiti e sono pronto a discutere del finanziamento ai partiti però Grillo spieghi, quando facciamo la legge sui partiti, com'è la trasparenza e la partecipazione, come si eleggono gli organismi dirigenti, com'è il codice etico per le candidature».









