“IL MODELLO ECONOMICO DEI SALARI BASSI NON È PIÙ SOSTENIBILE” – MARIO DRAGHI A PARIGI SUONA LA SVEGLIA A IMPRENDITORI E LEADER DELL’UNIONE EUROPEA: IL VECCHIO CONTINENTE RISCHIA DI FINIRE STRITOLATO TRA LA PRODUZIONE A BASSO COSTO CINESE E L’ISOLAZIONISMO DI TRUMP NEGLI USA. ERGO: BISOGNA CAMBIARE IL MODELLO ECONOMICO BASATO SULL’EXPORT – “SERVE UN APPROCCIO COMBINATO DI ‘RIFORME STRUTTURALI E POLITICHE MACROECONOMICHE’ PER RILANCIARE LA CRESCITA” – IL DEBITO COMUNE E IL NUOVO PATTO DI STABILITÀ…
1. DRAGHI AVVISA L’EUROPA “SALARI TROPPO BASSI SERVE INVESTIRE DI PIÙ”
Estratto dell’articolo di Filippo Santelli per “la Repubblica”
Mario Draghi - Centre for Economic Policy Research
[…] Draghi è tornato a parlare di debito comune, la proposta più controversa del suo rapporto, ribadendo però che dovrebbe essere discussa dopo che il mercato sarà davvero unito. E siccome ci vorrà tempo, nell’attesa si tratta di ridefinire il modo in cui ragioniamo di politiche fiscali, uscendo dalla dicotomia tra espansione e restrizione e migliorando invece la composizione, con «più investimenti pubblici», e il coordinamento tra Paesi.
Il nuovo Patto di Stabilità, ha detto, offre dei margini da sfruttare al massimo: «Se tutti i Paesi facessero pieno uso degli spazi concessi dal periodo di aggiustamento di sette anni, sarebbero disponibili 700 miliardi extra per investimenti». Si tratta di una bella fetta delle (enormi) risorse di cui l’Europa ha bisogno per competere con Stati Uniti e Cina nelle transizioni verde e digitale. L’alternativa, ha ribadito Draghi, non è un declino «comodo e gestibile », ma una crisi che metterebbe a rischio i suoi stessi valori.
2. «IL MODELLO ECONOMICO DEI SALARI BASSI NON È PIÙ SOSTENIBILE»
Estratto dell’articolo di Giuliana Ferraino per il “Corriere della Sera”
«Tutti i Paesi europei dovrebbero fare pieno uso dell’aggiustamento di 7 anni per rendere disponibili ulteriori 700 miliardi per gli investimenti».
Mario Draghi ha rilanciato le nuove regole del Patto di Stabilità parlando nella serata di ieri a Parigi al Simposio annuale del Centre for Economic Policy Research (Cepr), spiegando che sarebbe «una quota significativa delle necessità di investimenti pubblici» per le riforme strutturali di cui l’Europa ha bisogno, in assenza di debito comune.
Davanti a una Cina meno favorevole ai produttori europei e alla minaccia di protezionismo dell’America di Trump, Draghi è tornato ad ammonire l’Europa affinché cambi il suo modello economico, oggi basato soprattutto sull’export.
«Le politiche europee hanno tollerato una bassa crescita salariale per aumentare la competitività esterna, aggravando il debole ciclo reddito-consumo, e rinunciato a usare lo spazio fiscale per contrastare la debole domanda interna», ha ricordato Draghi. Ma oggi questo modello economico basato sulla domanda esterna e su livelli salariali bassi «non è più sostenibile».
MARIO DRAGHI - GIORGIA MELONI - MEME BY EDOARDO BARALDI
Serve un approccio combinato di «riforme strutturali e politiche macroeconomiche» per rilanciare la crescita, ha sottolineato l’ex presidente Bce. Precisando che il concetto di «riforma strutturale» è cambiato. «Dieci anni fa, il termine si riferiva principalmente all’aumento della flessibilità del mercato del lavoro e alla compressione dei salari. Oggi significa aumentare la crescita della produttività senza dislocare il lavoro, ma piuttosto riqualificando le persone».
Di tante misure, «il mercato unico europeo e il mercato dei capitali sono fondamentali, in quanto sostengono i meccanismi di base che guidano la crescita della produttività», ha sottolineato Draghi […]
meme sulle dimissioni di draghi
Se l’Europa continua con il suo tasso di crescita della produttività media dal 2015, «in 25 anni l’economia continentale avrà le stesse dimensioni di oggi», mentre le spese per pensioni, energia, difesa e digitalizzazione aumentano. Ecco le cifre: passività pensionistiche non finanziate nei Paesi dell’Ue che vanno dal 150% al 500% del Pil, i 750-800 miliardi all’anno stimati dalla Commissione e dalla Bce necessari per investire in energia, difesa, digitalizzazione e R&S, senza considerare l’emergenza ambientale.