IN SPAGNA SI SPARAGNA - ''SETTIMANA LAVORATIVA DI QUATTRO GIORNI''. IL GOVERNO SANCHEZ-IGLESIAS ESPLORA UN MODELLO A CUI GUARDANO LA FINLANDIA E AZIENDE COME UNILEVER: RIDURRE A 32 ORE (4 GIORNI) LA SETTIMANA LAVORATIVA. L'IMPENNATA DI DISOCCUPAZIONE CREATA DALLA PANDEMIA HA RISPOLVERATO IL VECCHIO MOTTO ''LAVORARE MENO, LAVORARE TUTTI'', CRITICATO DA MOLTI ESPERTI
Michele Pignatelli per ''Il Sole 24 Ore''
Il governo di minoranza di Pedro Sanchez ha ricevuto il via libera del Congresso dei deputati, la camera bassa spagnola, alla Finanziaria 2021. Forte di questo successo – che se sarà confermato dal Senato, come sembra probabile, mette fine a un esercizio provvisorio di oltre due anni – l’esecutivo annuncia che sta prendendo in considerazione la possibilità di ridurre a 32 ore (4 giorni) la settimana lavorativa. Ravvivando così un dibattito che, dall’inizio dell’anno, ha visto allungarsi la lista di Paesi o aziende che discutono o sperimentano un modello suggestivo ma controverso, dalla Finlandia di Sanna Marin alla multinazionale Unilever.
L’approvazione del budget 2021 (prima Finanziaria spagnola a coprire un intero anno fiscale dal 2016 a oggi) è un successo politico importante per Sanchez, mai centrato dal giugno 2018, quando fu nominato per la prima volta premier. I voti favorevoli sono stati 188 su 350, ben oltre i 155 su cui il Partito socialista del primo ministro e gli alleati di Unidas Podemos potevano contare, grazie soprattutto al sostegno dei partiti separatisti baschi e catalani. Il che ha suscitato immediate polemiche e critiche da parte dell’opposizione di centrodestra.
Nella Finanziaria - largamente incentrata su misure di sostegno all’economia, tra le più penalizzate in Europa dal coronavirus - sono previsti forti incrementi di spesa per sanità e servizi socio-assistenziali e un aumento delle tasse per grandi imprese e redditi più elevati. Oltre a investimenti in ambito digitale e ambientale che fanno leva sui 27 miliardi che la Spagna dovrebbe ricevere dal Recovery Fund, ammesso e non ancora concesso che l’impasse a livello europeo venga superata.
Tra i partiti che hanno sostenuto la coalizione di governo c’è anche la piccola formazione di sinistra Más País che, durante le trattative con l’esecutivo, aveva presentato in forma di emendamento alla legge di bilancio un progetto pilota da 50 milioni a sostegno delle imprese che riducano a 32 ore la settimana lavorativa senza tagliare i salari. E il governo sembra effettivamente intenzionato a esplorare questo modello.
In un’intervista all’emittente televisiva Rtve, il vicepremer Pablo Iglesias, leader di Unidas Podemos , ha confermato che l’esecutivo sta «esplorando» la riduzione dell’orario di lavoro nel quadro del «dialogo sociale»; una misura che, a suo parere, favorirebbe «indubbiamente» la creazione di posti di lavoro, con la prospettiva di un numero maggiore di contratti per coprire le ore lasciate scoperte dai dipendenti a tempo pieno. Quanto alla proposta di Más País - ha aggiunto Iglesias - «è interessante e so che il Ministero del Lavoro di Yolanda Díaz la sta studiando».
L’equazione di Iglesias - lavorare meno per lavorare tutti - è in realtà controversa e viene criticata da un certo numero di esperti, che invitano piuttosto a mettere l’accento sui benefici che la settimana corta potrebbe apportare alla produttività. Quel che è certo è che l’impennata della disoccupazione prodotta dalla pandemia ha riportato d’attualità il dibattito.
Ad agosto Jörg Hofmann, presidente del sindacato tedesco IG Metall, che rappresenta 2,3 milioni di lavoratori del settore metalmeccanico ed elettrico, aveva preannunciato che avrebbe proposto l’introduzione della settimana di quattro giorni nel quadro dei negoziati per il rinnovo dei contratti collettivi, con una parziale compensazione salariale. Il tema della riduzione dell’orario di lavoro, con un accento più marcato sulla produttività, era stato poi rilanciato, sempre ad agosto, dalla premier finlandese Sanna Marin. È appena di martedì scorso, poi, l’annuncio della multinazionale anglo-olandese Unilever di un anno di sperimentazione della settimana lavorativa di quattro giorni per i suoi 81 dipendenti in Nuova Zelanda. Una sorta di progetto pilota per un gruppo che dà lavoro a 150mila persone.
Ma non si tratta certo del primo test aziendale di questo tipo. Il precedente più famoso, dettato proprio dalla tutela dell’occupazione, è di quasi 30 anni fa: il taglio del 20% dell’orario, da 36 a 28,8 ore settimanali, attuato da Volkswagen in accordo con IG Metall nel 1993, in cambio di una riduzione salariale più limitata. Come per Unilever, tuttavia, si trattava di un caso aziendale. Più complesso può essere regolare la questione attraverso la legislazione nazionale. Le 35 ore francesi insegnano.